Canicattì

Inchiesta antimafia Xydi, rigettati ricorsi: restano in libertà 4 indagati

Il Riesame ha rigettato i ricorsi della Dda di Palermo

Pubblicato 3 anni fa

Il Tribunale del Riesame di Palermo ha rigettato i ricorsi avanzati dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Palermo con cui chiedeva l’arresto nei confronti di quattro indagati nell’ambito della maxi inchiesta antimafia Xydi che, nel febbraio scorso, ha di fatto decapitato il mandamento mafiosi di Canicattì. Si tratta di Giuseppe Pirrera, 61 anni, di Favara; Gianfranco Roberto Gaetani, 53 anni, di Naro; Antonino Oliveri, 36 anni, di Canicatti’e Luigi Carmina, 56 anni di Ravanusa. 

I quattro, difesi dagli avvocati Giuseppe Barba, Maria Antonia Gennaro e Filippo Gallina, erano stati fermati dai carabinieri del Ros e del Comando Provinciale di Agrigento lo scorso 2 febbraio insieme ad altre 19 persone accusate, a vario titolo, di associazione per delinquere di tipo mafioso (cosa nostra e stidda), concorso esterno in associazione mafiosa, favoreggiamento personale, tentata estorsione ed altri reati aggravati poiché commessi al fine di agevolare l’attività dell’associazione di tipo mafioso. I fermi – però – non erano stati convalidati dai giudici del Tribunale di Agrigento, Alessandra Vella e Stefano Zammuto, che li avevano rimessi in libertà non disponendo nei loro confronti alcuna misura cautelare. Per tale motivo la Procura Antimafia aveva avanzato ricorso al Tribunale della Libertà chiedendone invece l’arresto. Oggi arriva la decisione che conferma quanto già stabilità dai magistrati di Agrigento. 

Le indagini 

Le indagini, avviate nel 2018, si sono sviluppate nella parte centro orientale della provincia di Agrigento ove risulta attivo il mandamento mafioso di Canicattì che costituisce tuttora l’epicentro del potere mafioso dell’ergastolano campobellese Giuseppe Falsone, pure destinatario del provvedimento precautelare in esame in quanto risultato a capo della provincia mafiosa di Agrigento. Le attività investigative, nel fare luce sugli assetti di cosa nostra agrigentina ed in particolare del suddetto mandamento, hanno consentito di documentare, l’attuale operatività delle sue articolazioni territoriali, rappresentate dalle famiglie di Canicattì, Campobello di Licata, Ravanusa e Licata, nonché individuarne gli esponenti di maggior rilievo. Sono emersi, tra gli altri, Calogero Di Caro, capo del mandamento, Giancarlo Buggea, rappresentante del citato Falsone e organizzatore del mandamento, nonchèLuigi Boncori, capo della famiglia di Ravanusa.In tale cornice, nell’ambito delle dinamiche associative delle articolazioni mafiose oggetto di indagine, ruolo di rilievo avrebbe ricoperto Angela Porcello, compagna di Giancarlo Buggea, che, in qualità di difensore di numerosi affiliati del Mandamento, tra cui lo stesso Falsone, sfruttando le garanzie del mandato difensivo, ha messo a disposizione degli stessi il proprio studio legale per l’esecuzione di summit mafiosi, ritenendolo luogo non soggetto ad investigazioni.

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