Mafia

“La mafia di Licata e le scommesse online”, chiesti 10 rinvii a giudizio 

L'indagine "Breaking Bet" sugli interessi della mafia di Licata nel settore delle scommesse online

Pubblicato 2 settimane fa

La Direzione Distrettuale Antimafia di Palermo – con i sostituti Gianluca De Leo e Ludovica D’Alessio – ha avanzato la richiesta di rinvio a giudizio a carico di dieci persone coinvolte nell’inchiesta “Breaking Bet”, l’indagine della Dia di Agrigento guidata dal tenente colonnello Antonino Caldarella che ha fatto luce sugli interessi della mafia sul settore delle scommesse online. La prima udienza preliminare è in programma il prossimo 21 maggio davanti il gup di Palermo, Lorenzo Chiaramonte.

Il personaggio chiave dell’intera inchiesta, coordinata è Vincenzo Corvitto, 51 anni, di Licata, imprenditore operante nel settore del betting. L’uomo è accusato di concorso esterno in associazione mafiosa, associazione a delinquere finalizzata all’esercizio abusivo di attività di intermediazione nella raccolta di gioco e anche estorsione. Insieme a lui rischiano il processo altre nove persone: si tratta di Antonio Cardella, 34 anni, di Licata; Antonino Damanti, 41 anni, di Licata; Angelo Di Marco, 47 anni, di Licata; Salvatore Morello, 40 anni, di Licata; Sergio Cantavenera, 47 anni, di Licata; Salvatore Maria Giglia, 62 anni, di Campobello di Licata; Salvatore Pira, 53 anni, di Licata; Angelica Gentile, 53 anni, di Licata e Carmelo Savarino, 56 anni, di Campobello di Licata. Come detto, la figura principale dell’intera inchiesta è Vincenzo Corvitto. Per gli inquirenti è la tipica figura dell’imprenditore colluso, contiguo agli interessi economici delle famiglie mafiose di Licata e Campobello di Licata.

Corvitto, uscito indenne dall’inchiesta Totem da cui è stato assolto dal tribunale di Agrigento, avrebbe stretto un patto con Cosa nostra mettendo a disposizione le sue strutture societarie, assumendo persone vicine alle cosche e contribuendo al sostentamento dei detenuti in carcere in cambio di protezione mafiosa sul territorio che gli avrebbe garantito  un ruolo di monopolio nel settore. A Corvitto, inoltre, viene anche contestata una estorsione ai danni di un imprenditore del posto. Dello stesso reato sono accusati anche Angelo Occhipinti, boss della famiglia mafiosa di Licata; Giuseppe Puleri, ritenuto membro della famiglia mafiosa di Campobello di Licata, e Vincenzo Spiteri, ritenuto membro del clan di Licata.

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