Mafia

Mafia, arrestato il superlatitante Matteo Messina Denaro

Arrestato Matteo Messina Denaro dopo 30 anni

Pubblicato 1 anno fa

Il blitz e’ scattato questa mattina: la struttura era gia’ circondata e intorno alle 8 il dispositivo dei carabinieri era pronto: I Gis, gli investigatori del Ros erano tutti appostati e “invisibili” attorno alla clinica La Maddalena di Palermo. La “certezza” che Andrea Bonafede – l’alias usato dal latitante Matteo Messina Denaro – era dentro la clinica si e’ avuta telematicamente all’accettazione: oggi infatti era fissata una seduta di cure oncologiche, dopo l’accettazione il boss avrebbe dovuto fare i prelievi ed infine la chemioterapia. Ma, ad accettazione avvenuta e’ scattato il dispositivo predisposto dai carabinieri – coordinati dal procuratore Maurizio De Lucia e dall’aggiunto Paolo Guido che ha la delega sul latitante dal 2007: militari all’esterno e dentro la struttura hanno bloccato entrate ed uscite. Il boss ha provato ad allontanarsi ma non ne ha avuto il tempo e poi ha ammesso a un carabiniere: “Matteo Messina Denaro, l’ho detto. Sono Matteo Messina Denaro”. Intorno alle 9.30 viene portato via e finisce la sua trentennale latitanza.

Quello di oggi e’ un blitz coordinato e pensato in pochissimo tempo: solo venerdi e’ infatti avvenuta la conferma della presenza alla seduta di chemio fissata da tempo. I pm a quel punto hanno atteso gli uomini del Gruppo intervento speciale e del Ros, provenienti da Roma. Ieri, fino a sera tardi, l’ultimo briefing nella struttura di Boccadifalco, per ripetete ancora una volta ogni passaggio “operativo”. Alla fine, dopo l’arresto, Matteo Messina Denaro e’ stato portato, per essere trasferito in una localita’ sicura, a Boccadifalco. Andrea Bonafede, nato il 23 ottobre del 1963 a Campobello di Mazara: era questa la falsa identita’ di Matteo Messina Denaro. Sulla carta d’identita’ risultava come geometra, alto un metro e 78, calvo e con gli occhi castani. 

E’ stato arrestato con il suo autista, Giovanni Luppino, incensurato, nativo di Campobello di Mazara, vicino alla Castelvetrano di Messina Denaro, agricoltore che commercia olive anche fuori dalla Sicilia. Messina Denaro soffrirebbe del morbo di Chron oltre ad una patologia tumorale. E da qui che parte l’indagine investigativa, “senza pentiti o soffiate anonime”, precisa il procuratore della Repubblica di Palermo, Maurizio de Lucia. Le informazioni vengono captate monitorando i parenti del boss. I pm a quel punto incrociano i dati: cercano un uomo di 60 anni, siciliano, malato oncologico. Si scopre che esiste un soggetto corrispondente – Andrea Bonafede – sottoposto a due interventi chirurgici: uno in piena emergenza Covid in Sicilia e l’ultimo a maggio scorso, alla clinica La Maddalena. Nel proseguo delle indagini del Ros viene fuori l’appuntamento fissato per oggi dove erano in programma prelievi e seduta di chemioterapia. “Abbiamo avuto solo il tempo di allertare il Gis – ha detto De Lucia – e non appena si e’ avuta conferma dell’accettazione e’ partito il blitz”. 

 

Figlio del vecchio capomafia di Castelvetrano (Tp) Ciccio, storico alleato dei corleonesi di Totò Riina, era latitante dall’estate del 1993, quando in una lettera scritta alla fidanzata dell’epoca, Angela, dopo le stragi mafiose di Roma, Milano e Firenze, preannunciò l’inizio della sua vita da Primula Rossa. “Sentirai parlare di me – le scrisse, facendo intendere di essere a conoscenza che di lì a poco il suo nome sarebbe stato associato a gravi fatti di sangue – mi dipingeranno come un diavolo, ma sono tutte falsità”. Il capomafia trapanese è stato condannato all’ergastolo per decine di omicidi, tra i quali quello del piccolo Giuseppe Di Matteo, il figlio del pentito strangolato e sciolto nell’acido dopo quasi due anni di prigionia, per le stragi del ’92, costate la vita ai giudici Falcone e Borsellino, e per gli attentati del ’93 a Milano, Firenze e Roma. Messina Denaro era l’ultimo boss mafioso di “prima grandezza” ancora ricercato. Per il suo arresto, negli anni, sono stati impegnati centinaia di uomini delle forze dell’ordine. Oggi la cattura, che ha messo fine alla sua fuga decennale. Una latitanza record come quella dei suoi fedeli alleati Totò Riina, sfuggito alle manette per 23 anni, e Bernando Provenzano, riuscito a evitare la galera per 38 anni.

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