Mafia, confiscati 400 mila euro all’imprenditore Collura
L'imprenditore agricolo è stato coinvolto nelle operazioni antimafia "Cobra" e "Kamarat"
La Direzione Investigativa Antimafia di Agrigento guidata dal vicequestore Roberto Cilona, su disposizione del Tribunale Misure di Prevenzione di Palermo ha eseguito la confisca di parte dei beni a carico dell’imprenditore agricolo Salvatore Vitale Collura, 70enne di Castronovo di Sicilia. Si tratta di 15 immobili tra terreni e fabbricati.
Nel 2002, Salvatore Vitale Collura, indagato per associazione di tipo mafioso, è stato arrestato da personale della D.I.A., in esecuzione di ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa dal Tribunale di Roma – G.I.P. Simonetta D’Alessandro, nell’ambito dell’operazione “Cobra”.
Da quella attività investigativa era emerso l’elevato grado di partecipazione raggiunto dal Collura nell’ambito della criminalità organizzata di tipo mafioso, in quanto lo stesso aveva avuto cointeressenze non solo con i sodalizi criminosi operanti nelle province di Agrigento, Palermo, Catania e Roma, ma anche con quelli del nisseno, come il clan Madonia di Gela (CL).
Nel 2011, il Collura è stato anche indagato nell’ambito dell’indagine antimafia denominata “Kamarat”, in ordine alla quale veniva emesso provvedimento restrittivo dal Tribunale di Palermo. In tale contesto, il Giudice per le Indagini Preliminari rigettava la richiesta di emissione del provvedimento in capo a Salvatore Vitale Collura, per insussistenza di gravi indizi di colpevolezza.
Pur tuttavia, per i suddetti fatti, il Collura con sentenza del 22 maggio 2014 della Corte di Assise d’Appello di Palermo, è stato condannato ad 8 anni di reclusione per il reato di associazione mafiosa.
L’attività di indagine economico-finanziaria espletata dagli investigatori della DIA ha consentito di appurare come il soggetto sia riuscito nel tempo ad incrementare il suo patrimonio attraverso il reimpiego di profitti illeciti provenienti dai fatti di reato di matrice mafiosa, per i quali lo stesso è stato condannato. L’attività è culminata dapprima in un provvedimento di sequestro e poi nel successivo provvedimento di confisca.
L’attuale provvedimento scaturisce dal decreto della Corte di Appello di Palermo, Sezione per le Misure di Prevenzione, che in parte ha riformulato il precedente decreto, e dalla sentenza della Corte di Cassazione che ha dichiarato inammissibili i ricorsi proposti disponendo nei confronti dello stesso la confisca definitiva.