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Matteo Messina Denaro ed il progetto di uccidere agenti penitenziari agrigentini

Significativo appare altresì il coinvolgimento operato da Matteo Messina Denaro degli uomini d’onore dell’agrigentino nel progetto di eliminazione di alcuni agenti della polizia penitenziaria

Pubblicato 3 anni fa

Le tensioni tra la famiglia mafiosa di Sciacca e quella di Ribera. I progetti di uccisione di alcuni agenti penitenziari agrigentini in servizio a Pianosa. Il ruolo primario e di egemonia di Matteo Messina Denaro anche nelle dinamiche interne alle famiglie mafiose agrigentine. Le intercettazioni emerse all’interno del consorzio “Sciacca Terme” e molto altro. Sono tutti elementi che spiccano nelle oltre mille pagine di motivazioni depositate negli scorsi giorni dai giudici della Corte di Assise di Caltanissetta alla base della condanna all’ergastolo inflitta al superlatitante, riconosciuto tra i mandanti delle stragi del 1992. Ed è proprio nel ripercorrere la storia di Messina Denaro che emerge un rapporto “speciale” con il territorio agrigentino con particolare riferimento a Sciacca, Ribera, Montevago, Sambuca di Sicilia e i territori del belice.

Il progetto di uccidere agenti della polizia penitenziaria agrigentina 

Significativo appare altresì il coinvolgimento operato da Matteo Messina Denaro degli uomini d’onore dell’agrigentino nel progetto di eliminazione di alcuni agenti della polizia penitenziaria di origine siciliana nel carcere di Pianosa. L’episodio in questione era stato riferito, nel corso del processo Avana, dal collaboratore La Barbera il quale aveva raccontato di un summit, svoltosi nella prima settimana del marzo 1993, in cui diversi uomini d’ore tra cui Matteo Messina Denaro, Sinacori, Ferro e Gioè avevano discusso della necessità di eliminare alcuni agenti in servizio a Pianosa, accusati di sevizie nei confronti dei detenuti. In detta riunione venne stabilita una ripartizione dei compiti per zone di competenza. Delle guardie carcerarie che stavano nella provincia di Trapani si sarebbe occupato Messina Denaro; di quelle che stavano in provincia di Palermo si sarebbero occupati i palermitani. Il progetto, risultante anche da una conversazione intercettata nel covo di via Ughetti, è stato esaminato nella sentenza “Avana” in rapporto all’intercettazione del 25 febbraio 1993 tra Ambla e Dimino, dalla quale si evinceva che Matteo Messina Denaro aveva fatto recapitare un biglietto con il quale chiedeva agli agrigentini di acquisire informazione su quattro agenti originari di Agrigento e Sciacca. Dalla successiva intercettazione del 26 ottobre 1992 si ricavava che la richiesta di Messina Denaro era limitata ad acquisire, tramite la mafia di Agrigento, solo delle informazioni in quanto il piano di azione avrebbe dovuto poi esser concordato dallo stesso Messina Denaro con le famiglie palermitane. 

Le dichiarazioni del pentito La Barbera e le intercettazioni a Sciacca Terme

Dalla sentenza Avana: “Si è in precedenza visto come il collaboratore di giustizia Gioacchino La Barbera abbia riferito che, dopo le stragi, appresosi che presso l’istituto penitenziario di Pianosa venivano commessi eccessi nei confronti dei detenuti per mafia, Giovanni Brusca, Leoluca Bagattella ed altri fedelissimi di Totò Riina, al fine di porre in essere una esemplare azione ritrosia e di dare allo Stato un preciso segnale, avevano elaborato un progetto di eliminazione a catena di agenti di custodia originari delle città della Sicilia occidentale che prestassero o avessero prestato servizio in quell’istituto […] Si è pure visto come, sempre a dire del La Barbera, nel corso di un summit al quale avevano partecipato Matteo Messina Denaro, Angelo Gioè, Vincenzo Sinacori e Giuseppe Ferro, si era deciso di porre in esecuzione il piano e la stessa decisione era stata comunicata ai diversi mandamenti interessati.” 

La prova in parola è ancora una volta costituita dai colloqui intercettati presso l’ufficio del Consorzio Sciacca Terme. 

Dimino: “Dice che ha visto il biglietto. Gli stava spiegando il biglietto, il coso.. Ha visto a “Caliddu” gli stava spiegando un biglietto. No, no – dice – niente. non lo capiva va che cosa era. Minchia – dice – che è complicato”.
Ambla: “Che c’era scritto?”
Dimino: “Una minchiata, che glielo ha passato Matteo
Ambla: “Eh allora? Che ti hanno detto, stasera?
Dimino: “E quello si è dovuto spostare, Gino, appositamente per questo biglietto. Poi mi ha detto stasera.. Perché gli deve dare un appuntamento.. di nuovo alla carica vengono quelli. Per le guardie carcerarie.. Quattro dice.. E a Sciacca abbiamo due nominativi.. in provincia di Agrigento ce ne sono quattro ..”

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