Mafia

Omicidio Passafiume, slitta partenza del processo a Sciara

Si torna in aula il 23 aprile

Pubblicato 3 anni fa

Slitta al prossimo 23 aprile l’inizio del processo a carico di Filippo Sciara, ergastolano ritenuto affiliato alla famiglia mafiosa di Siculiana, per l’omicidio dell’imprenditore edile Diego Passafiume, 41 anni, ucciso il 22 agosto 1993, a Cianciana. Alcuni problemi tecnici, come il mancato collegamento con l’imputato, hanno di fatto slittare la partenza del processo.

Diego Passafiume non si era piegato alle regole che le cosche volevano imporre nella gestione degli appalti e dei sub-appalti. Si occupava di movimento terra e negli ultimi anni della sua vita stava cercando di espandersi. Nel periodo tra la fine degli anni ’80 e gli inizi del ’90, il territorio della bassa Quisquina, grazie all’incremento dei lavori edili – gli appalti per le case popolari, il rifacimento di strade provinciali, la diga Castello – e’ stato oggetto di pressioni da parte degli esponenti di Cosa nostra.

Il giorno del suo anniversario di matrimonio, il 22 agosto 1993, Diego Passafiume e la moglie avevano deciso di festeggiarlo insieme trascorrendo la giornata presso la casa di compagna del cognato a Cianciana, dove l’imprenditore aveva da poco acquistato un terreno da adibire al deposito dei mezzi (camion e pala escavatrice). Mentre era a bordo della sua vettura insieme alla moglie, alla suocera, alla nipote e ai suoi due piccoli bambini, Passafiume decise di fermarsi un attimo per far vedere il terreno alla suocera, quando fu affiancato da una macchina con a bordo quattro uomini: uno di questi imbraccio’ un fucile da caccia, esplodendogli contro i primi due colpi al petto, per poi finirlo con una fucilata al volto. 

Nell’agguato restarono ferite lievemente la suocera e la nipote. Per quell’omicidio, vennero individuati Sciara, gia’ condannato per associazione a delinquere di stampo mafioso e ad altri omicidi di mafia, Giovanni Pollari (successivamente deceduto) ed altri due non identificati. “Diego Passafiume – dice Giuseppe Ciminnisi, coordinatore nazionale dei familiari vittime di mafia dell’associazione Cittadini contro le mafie e la corruzione – non era un ‘amico’ dei mafiosi locali. Era un uomo che amava la sua famiglia, il suo lavoro, e che con coraggio non ha accettato le imposizioni di uomini arroganti e spregiudicati. Il suo sacrificio non deve essere dimenticato e, insieme a quello di tanti altri imprenditori, deve diventare un simbolo di una Sicilia che si ribella all’arroganza e alla vigliaccheria del potere mafioso”.

0 commenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *