Soldi della mafia riciclati in Toscana: 12 arresti e 60 indagati (vd)
Maxi operazione antimafia della Guardia di Finanza di Prato coordinata dalla Dda di Firenze. Dalle prime luci dell’alba di oggi, 6 febbraio, su tutto il territorio nazionale, 300 militari hanno proceduto all’arresto di 12 persone accusate di associazione a delinquere e riciclaggio di molti milioni di euro a favore di Cosa nostra. L’operazione, chiamata Golden […]
Maxi
operazione antimafia della Guardia di Finanza di Prato coordinata dalla Dda di
Firenze.
Dalle
prime luci dell’alba di oggi, 6 febbraio, su tutto il territorio nazionale, 300
militari hanno proceduto all’arresto di 12 persone accusate di associazione a
delinquere e riciclaggio di molti milioni di euro a favore di Cosa nostra. L’operazione,
chiamata Golden Wood, è stata spiegata ai giornalisti dal procuratore di Firenze Giuseppe Creazzo e
dal procuratore nazionale Antimafia, Federico Cafiero De Raho.
Dei 12
arresti sei sono in carcere e sei ai domiciliari. Complessivamente gli indagati
sono 60. I reati contestati sono associazione a delinquere finalizzata a
riciclaggio, autoriciclaggio, emissione di fatture per operazioni inesistenti,
nonché reati di intestazione fittizia di beni, contraffazione di documenti di
identità e sostituzione di persona.
Il
sodalizio riciclava proventi degli affari criminali della “famiglia
mafiosa di Corso dei Mille” di Palermo, capeggiata da Pietro Tagliavia,
condannato con sentenza irrevocabile per il reato di associazione mafiosa,
figlio di Francesco Tagliavia, condannato all’ergastolo per le stragi di via
d’Amelio a Palermo e via dei Georgofili a Firenze.
I
destinatari degli arresti sono originari della Sicilia (10) e della Puglia
(due). Risultano residenti a Palermo (sette), Prato (due), Campi Bisenzio (due)
e Sesto Fiorentino (uno). Negli stessi territori gravitano le altre decine di
indagati dell’inchiesta. Questi i nomi: (in carcere) i palermitani
Francesco Paolo Clemente, Gaetano Lo Coco, Francesco Paolo Mandalà, Giacomo
Clemente, Francesco Paolo Saladino e i pugliesi Alfonso Domenico Interiale di
Lesina (Fg).
Ai
domiciliari i palermitani Leonardo Clemente, Pietro Clemente, Giulia, Filippo e
Vincenzo Rotol e il madonita di Gangi Santo Bracco.
Gli altri
indagati sono: Salvatore Amorello, Filippo Bertozzi, Elisa Biguzzi, Santo
Bracco, Claudio Brasco, Vincenzo Capacchione, Massimo Cappelli, Porfilio
Castigliola, Consuelo Cecchi, Giovanni Cirino, Simone Cirino, Francesco Paolo
Clemente, Giacomo Clemente, Leonardo Clemente, Piero Clemente, Ivana Di Pofi,
Antonino Filippone, Claudio Filippone, Angelo Geloso, Alfonso Imperiale,
Gaetano Lo Coco, Francesco Paolo Mandalà, Gaetano Mangano, Giuseppe Mistretta,
Giacomo Mulè, Rosalia Orlando, Claudio Petrone, Elio Petrone, Paolo Petrone,
Luciano Presa, Antonino Riina, Filippo Rotolo, Giovanni Rotolo, Giulia, Rotolo,
Vincenzo Rotolo, Francesco Paolo Saladino, Salvatore Saladino, Emmanuel Thomas
Nonis, Jute Thomas Nonis, Giovanna Zaccaria.
Le
indagini hanno ricostruito un flusso illecito di denaro per circa 150 milioni
di euro, di cui 39 mln provenienti direttamente da soggetti di Palermo legati
alla mafia. Sono denari riciclati principalmente nell’economia toscana.
L’associazione a delinquere avrebbe immesso nel circuito economico denaro di
provenienza illecita attraverso le creazione di una galassia di 33 imprese con
sedi in tutta Italia, in particolare in Toscana, Sicilia e Lazio, tutte aventi
per oggetto sociale il commercio dei pallets, le pedane in legno usate per il
trasporto e la movimentazione di materiale.
Le fatture inesistenti venivano emesse sia tra aziende interne al gruppo
criminale, sia a favore di aziende ad esso estranee, che usufruendo del
servizio illegale si garantivano vantaggi fiscali. Le imprese ‘sane’ versavano
tramite bonifico alle cartiere facenti capo al gruppo criminale il
corrispettivo degli importi falsamente fatturati (per consegne di pallets mai
avvenute), che poi veniva restituito in contanti, decurtato del 10%.
Lo scopo
del sodalizio illecito era, dunque, riciclare, ostacolando l’identificazione
della provenienza delittuosa, i proventi criminali della ‘famiglia mafiosa di
Corso dei Mille’ di Palermo, capeggiata da Pietro Tagliavia.
In
particolare, secondo gli inquirenti, gli indagati si erano messi a completa
disposizione di Pietro Tagliavia nel periodo in cui egli era detenuto presso la
casa circondariale di Prato, tanto da reperirgli nel 2017 un’abitazione in
Campi Bisenzio (Firenze) dove aveva scontato gli arresti domiciliari e
fornirgli, clandestinamente ed in violazione delle prescrizioni imposte
dall’Autorità Giudiziaria, un telefono con cui mantenere contatti anche con i
propri sodali in Sicilia. Sulla presenza di Tagliavia e dei suoi possibili
fiancheggiatori a Campi Bisenzio proseguono gli accertamenti. Emergono in
particolare due gruppi familiari di origine siciliana, imparentati tra loro,
trasferitisi nel Lazio e in Toscana. Sono state 120 le perquisizioni eseguite
questa mattina dalla Gdf, nel corso delle quali sono stati sequestrati anche
denaro e armi. Sequestrate, inoltre, 15 aziende e 86 conti correnti.