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Cattolica Eraclea, omicidio marmista, la difesa: “Una delle armi del delitto mai analizzata”

Udienza fiume durata oltre quattro ore questa mattina in Corte d’Assise nell’ambito del processo scaturito dal brutale omicidio del marmista di Cattolica Eraclea Giuseppe Miceli, ucciso all’interno del suo laboratorio il 6 dicembre 2015. Sul banco degli imputati siede Gaetano Sciortino, operaio del paese, finito in manette mesi dopo il massacro grazie ad una svolta […]

Pubblicato 5 anni fa

Udienza fiume durata oltre quattro ore questa mattina in Corte d’Assise nell’ambito del processo scaturito dal brutale omicidio del marmista di Cattolica Eraclea Giuseppe Miceli, ucciso all’interno del suo laboratorio il 6 dicembre 2015. Sul banco degli imputati siede Gaetano Sciortino, operaio del paese, finito in manette mesi dopo il massacro grazie ad una svolta investigativa dovuta al rinvenimento di alcune punte di trapano e una scarpa riconducibile alla vittima. In aula vengono proiettate le immagini dell’efferato delitto e della scena del crimine che è stata analizzata dai testi presenti oggi, tutti appartenenti all’Arma dei Carabinieri, che hanno svolto le indagini.

Un brigadiere e un maresciallo hanno riferito, rispondendo alle domande del sostituto procuratore Gloria Andreoli, in ordine ai rilievi effettuati all’interno del laboratorio: dall’isolamento della scena del crimine al rilevamento di impronte (alcune parziali e una completa di scarpe) e tracce biologiche. Analizzate le possibili armi del delitto, tra queste un bilanciere, due batterie, un booster. 

Un sostanziale contributo è stato successivamente dato dal maggiore Romano, a capo della sezione biologia dei Ris di Messina: “Ci siamo recati sul posto il 14 gennaio con una squadra di esperti in biologia e fotografia alla ricerca di eventuali tracce lasciate dal killer. L’unica traccia di sangue diversa da quella lasciata dalla vittima è compatibile con quella di un parente maschio, trovata nel lavandino del bagno, verosimilmente appartenente al fratello.” L’esame è continuato con una precisa e minuziosa descrizione delle tecniche che i Ris usano per il rilevamento di tracce biologiche ed ematiche.

Il contro-esame effettuato dalla difesa, rappresentata dagli avvocati Santo Lucia e Giovanna Morello, si è concentrato invece su una delle possibili armi del delitto. Si tratta di una batteria di trapano ricoperta in parte dal sangue della vittima e  rinvenuta sotto il cadavere: “Non abbiamo mai analizzato questo reperto per una scelta del pubblico ministero che non lo ha ritenuto di interesse investigativo – ha dichiarato il maggiore –  il reperto dovrebbe essere ancora sigillato e conservato nell’ufficio dei corpi di reato.” Secondo la difesa, che ha chiesto l’analisi della batteria rinvenuta, sull’oggetto potrebbe esserci la firma del killer. 

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