Mafia

“La mafia dei pascoli nella valle del Belice”, 46enne torna in libertà 

L’uomo era stato coinvolto nell’operazione della Squadra mobile di Agrigento - eseguita la scorsa estate - su un giro di estorsioni mafiose nella valle del Belice

Pubblicato 10 minuti fa

Il tribunale del Riesame di Palermo, accogliendo l’istanza degli avvocati Giuseppe Oddo e Giuseppe Giambalvo, ha disposto la scarcerazione di Pietro Guzzardo, 46 anni di Santa Margherita Belice. L’uomo era stato coinvolto nell’operazione della Squadra mobile di Agrigento – eseguita la scorsa estate – su un giro di estorsioni mafiose nella valle del Belice. Guzzardo, che era detenuto nel carcere di Agrigento, è tornato dunque libero. Il prossimo 8 ottobre si aprirà l’udienza preliminare a carico di cinque imputati.

La Direzione distrettuale antimafia di Palermo ha chiesto il rinvio a giudizio non soltanto di Guzzardo ma anche di Pietro Campo, il boss nel cuore dell’ex superlatitante Matteo Messina Denaro che attualmente sta scontando una condanna a 14 anni; il figlio Giovanni Campo, tornato in libertà dopo la decisione del Riesame, coinvolto dieci anni fa insieme al padre nell’operazione Icaro ma poi assolto; Domenico Bavetta, 43 anni di Montevago, entrambi coinvolti in passato nell’operazione Icaro; Pasquale Ciaccio, 58 anni, pastore di Santa Margherita Belice, condannato a 12 anni e 8 mesi nell’inchiesta “Scacco Matto”. Le indagini ipotizzano il pervasivo controllo e la gestione illecita delle attivita’ agro-pastorali sul territorio girgentano di Santa Margherita del Belice, Montevago e Sambuca di Sicilia fino al confine con Contessa Entellina.

Gli indagati, secondo l’attività investigativa, avvalendosi della indiscussa forza intimidatoria derivante dall’essere riconosciuti quali esponenti di vertice del mandamento mafioso di Santa Margherita di Belice, avrebbero attuato un incisivo controllo sull’economica agro-pastorale dell’area nonche’ sul connesso utilizzo dei fondi agricoli dell’entroterra belicino. In particolare, sono stati registrati diversi episodi in cui gli indagati, avvalendosi del metodo mafioso, avrebbero costretto i proprietari ed i gestori dei terreni agricoli a cedere la disponibilita’ di ampie aree di terreno da adibire al pascolo abusivo del bestiame, imponendo il pagamento di canoni irrisori che, in taluni casi, non sarebbero stati nemmeno corrisposti.

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