Mafia

Mafia e appalti a Sciacca, al via le arringhe della difesa 

Nel processo sulla riorganizzazione di Cosa nostra a Sciacca e sui rapporti del clan con la politica e l’imprenditoria locale

Pubblicato 58 minuti fa

Dopo la richiesta di condanne la parola passa agli avvocati della difesa. È ripreso ieri mattina il processo a carico di quattro persone coinvolte – a vario titolo – nell’inchiesta della Direzione distrettuale antimafia che ha fatto luce sulla riorganizzazione di Cosa nostra a Sciacca e sui rapporti del clan con la politica e l’imprenditoria locale. Il procedimento è in corso con il rito abbreviato davanti il giudice per l’udienza preliminare Carmen Salustro. Al via, dunque, le arringhe difensive. Ieri è toccato all’avvocato Angelo Barone nell’interesse di Giuseppe Marciante, 37 anni, titolare della Gsp Costruzioni, ritenuto la mente imprenditoriale del clan. Il legale ha chiesto l’assoluzione.

Nei confronti di Marciante pende una richiesta di condanna, avanzata dal pm Francesca Dessì, a 13 anni di reclusione. Altre tre persone siedono sul banco degli imputati: si tratta di Domenico Friscia, 61 anni, ritenuto il nuovo boss della famiglia mafiosa, nei confronti del quale è stata chiesta la condanna a 20 anni di carcere; Vittorio Di Natale, 49 anni, ex consigliere comunale, e Rosario Catanzaro, 65 anni: per il primo sono stati chiesti 8 anni di reclusione mentre per il secondo 6 anni e 8 mesi. Questi ultimi due sono accusati di scambio elettorale politico-mafioso. Il giudice ha già fissato un calendario delle prossime udienze – 23 e 30 settembre – per le conclusioni delle difese.  

A Friscia e Marciante viene contestata l’associazione a delinquere di stampo mafioso: il primo per aver “ereditato” il trono dello storico boss Totò Di Gangi dopo aver avuto la meglio sul “rivale” Domenico Maniscalco, deceduto alcuni mesi fa in carcere. Friscia è uno storico uomo d’onore di Sciacca, già arrestato nel 2003 nell’operazione “Itaca” e nuovamente coinvolto in seguito alle dichiarazioni del collaboratore di giustizia Bucceri nell’inchiesta “Opuntia”. Per Di Natale e Catanzaro l’accusa è scambio elettorale politico-mafioso. La famiglia mafiosa di Sciacca avrebbe anche tentato di condizionare l’andamento delle elezioni nel 2022. Il boss Friscia avrebbe incontrato Di Natale, un tempo in Forza Italia con cui provò ad entrare all’Ars, per poi candidarsi con la lista Onda al consiglio comunale. Ottenne 305 voti ma non fu eletto. A siglare l’accordo, secondo l’accusa, fu Rosario Catanzaro.

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