Giudiziaria

“Maltrattamenti in comunità a Licata”, carabiniere in aula: “Trovammo disabile incatenato”

L'inchiesta che ipotizza maltrattamenti a disabili psichici in una comunità di Licata gestita dalla cooperativa Suami

Pubblicato 2 anni fa

È ripreso stamattina il processo scaturito dall’inchiesta “Catene Spezzate”, una indagine che ipotizza maltrattamenti a disabili psichici in una comunità di Licata gestita dalla cooperativa Suami e che nel 2015 fece scattare alcune misure cautelari. Sette le persone che siedono sul banco degli imputati, tra amministratori e operatori del centro. Si tratta dei licatesi Caterina Federico, 37 anni; Angelo Federico, 33 anni; Domenico Savio Federico, 29 anni; Giovanni Cammilleri, 30 anni; Salvatore Gibaldi, 43 anni; Maria Cappello, 50 anni e Angela Ferranti, 53 anni. Un ottavo imputato, l’imprenditore Salvatore Lupo, è stato ucciso a colpi di pistola il giorno di ferragosto del 2021 in un bar a Favara. 

In aula questa mattina è comparso sul banco dei testimoni un carabiniere che all’epoca dei fatti aveva svolto le indagini: “Insieme ai militari del Nas abbiamo eseguito un controllo in comunità e trovammo un disabile incatenato ad un letto. Uno degli operatori, appena ci ha visti, ha subito provato a liberarlo ma noi lo abbiamo immediatamente bloccato”. Secondo l’accusa, i disabili psichici venivano tenuti in stanze sporche, isolati dal resto del mondo, senza alcuna possibilita’ di contattare i familiari e costretti al digiuno. La difesa, sostenuta tra gli altri dall’avvocato Salvatore Manganello, sostiene che si e’ trattato di una tecnica di contenimento per evitare che potesse compiere dei gesti di autolesionismo. 

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