Morte Di Gangi, familiari: “Non è stato un incidente”
l boss, che era detenuto nel carcere di Asti
Per i familiari non si è trattato di un tragico incidente ma di ben altro.
Salvatore “Totò” Di Gangi, 79 anni, capomafia di Sciacca, non sarebbe stato travolto a Genova da un treno merci all’interno della galleria che collega la Stazione Principe con la Stazione Brignole come detto e scritto nei giorni scorsi.
Il figlio Alessandro ha idee chiare e afferma: «Mio padre non è stato investito da un treno come è stato detto, ma assai probabilmente è morto per un malore sopraggiunto per un deficit da insulina».
Per questo motivo Alessandro Di Gangi e i suoi familiari hanno nominato un perito che ha assistito, ieri, all’esame autoptico già disposto dalla Procura di Genova. Aggiunge: «Il macchinista del treno – come mi è stato detto dalla Polfer – si sarebbe accorto del corpo riverso sui binari, fermandosi in tempo e lanciando l’allarme».
«Ma della scarcerazione – dice ancora il figlio – noi familiari non siamo stati avvisati. Non lo avremmo certamente abbandonato, anche perché mio padre era molto malato. È dal 2017 che presento istanze (tutte respinte) affinché gli venissero concessi gli arresti domiciliari per ragioni di salute, è chiaro che se fossimo stati informati ci saremmo precipitati per andare a prenderlo».
Per Alessandro Di Gangi ed i suoi familiari, il boss di Sciacca sarebbe morto a causa del diabete, una forma molto grave che imponeva quattro volte al giorno la somministrazione di insulina.
E fanno un’ipotesi: per la scarcerazione non sarebbero state osservate le procedure corrette.
«Mio padre – afferma ancora Alessandro Di Gangi, aveva anche patologie di tipo cognitivo e spazio temporale, che non lo rendevano più autosufficiente in termini di capacità di discernimento, e dunque aveva bisogno di seguire delle apposite terapie farmacologiche. Eppure appena fuori dalla prigione è stato infilato dentro ad un taxi che lo ha accompagnato alla stazione ferroviaria di Asti».
Secondo la ricostruzione dei fatti sinora nota e al vaglio della magistratura, Totò Di Gangi ha raggiunto la stazione di Genova per prendere un altro treno diretto a Roma Ostiense per poi raggiungere la Sicilia. Ma, una volta in carrozza, è stato fatto scendere dal controllore perché sprovvisto del Green pass.
Da quel momento, sostengono i familiari di Di Gangi, l’anziano boss ha perso completamente il senso dell’orientamento, rimanendo per ben diciotto ore a girovagare per la stazione. La Polfer sta visionando i filmati della videosorveglianza per capire meglio.
Alessandro Di Gangi confida che l’indagine della magistratura di Genova possa chiarire eventuali precise responsabilità sulle modalità osservate nella scarcerazione del padre.
«È anche assurdo – conclude – che non avesse in tasca nemmeno il green pass malgrado però fosse stato regolarmente vaccinato con doppia dose».
Il boss, che era detenuto nel carcere di Asti, era stato rimesso in libertà su disposizione della Corte d’Appello di Palermo, che aveva sostituito la pena detentiva a 17 anni (ridotti dai giudici a 13 anni e 4 mesi) con gli arresti domiciliari, che avrebbe dovuto scontare a Sciacca.