Teatro Pirandello: Grosse bugie in clima di “guerra freddissima”
Paola Quattrini entra nel Guinness per avere interpretato per la terza volta il ruolo della moglie dell’onorevole
Poco prima di essere speronata dallo “Stokholm”, l’orchestra di bordo dell’”Andrea Doria” suonava “Arrivederci Roma”.
Si ripensava a questo evento di cronaca nell’assistere a “Se devi dire una bugia dilla grossa” andata in scena al Teatro Pirandello” affollato di un pubblico plaudente e divertito che addirittura ha dedicato una “ola” al portaborse (Gianluca Ramazzotti) dell’incauto onorevole (Antonio Catania) che ha già fissato un incontro “extra” con la funzionaria della Fao (Paola Barale) che appare (s)vestita sin troppo improbabile come addetta a sfamare i popoli.
Scritta nel 1983 dall’inglese Ray Cooney messa in scena in Italia da Garinei nel 1986 e ripetutamente con successo nei decenni che seguirono, la commedia, probabilmente per Cooney, fu un’ancora di salvezza (o di esorcismo, chissa?) per uscire dal cupo clima degli Osborne di “Ricorda con rabbia” e da quello dei Pinter di “Ritorno a casa” che avevano puntato il dito sull’establishment inglese.
Tentativo che non ebbe i risultati sperati e che non giovò certo ai rampolli della corona d’Inghilterra se Carlo e Alberto, figli di una regina intemerata, invaderanno poi le cronache simbolo di questi nostri anni.
E mentre il complice Cooney nell’83 aizzava a dire le grosse bugie, Pinter e il suo amico Arthur Miller andavano in Turchia a protestare contro genocidi e oppressioni.
Oggi la commedia ripete i fasti e il successo, riaggiornata dal regista Russo, sparito il cadavere che riandava troppo ad Agatha Christie, tutto viene puntato sul portaborse Gerini-Ramazzotti che affida all’esuberante mimica il suo punto di forza diventando protagonista riconosciuto da un pubblico che come dicevamo, nei saluti finali, gli dedica una clamorosa “ola”.
Antonio Catania, come spesso gli è accaduto nel cinema, diventa la mascotte dello spettacolo, Paola Quattrini entra nel Guinness per avere interpretato per la terza volta il ruolo della moglie dell’onorevole ed è sempre impagabile nel suo ruolo.
Basta dare un’occhiata alle sue gambe che ancora non sfigurerebbero in una prima fila del “Moulin Rouge”. E poi Paola Barale riferimento sognante dell’immaginario collettivo e tutti gli altri attori ben rubricati e caratterizzati.
Ma nonostante tutto questo ben di Dio e le risate del pubblico, francamente non siamo riusciti a ben sintonizzarci, a nostro parere la commedia ha perso strada facendo quei colpi di fendente che pur c’erano inizialmente, le battute critiche rimangono come sommerse nelle gag, le bordate al “Parlamento che dorme” e i riferimenti alle “spese coi soldi dei contribuenti” sono immolate sull’altare del “not disturb”.
Anche questa una operazione che difficilmente andrà a buon fine perché stanno provvedendo al “controcampo” l’inflazione, il Covid e l’Ucraina.
Mentre l’orchestra di bordo continua a suonare il motivetto che piace tanto.
Testo e foto di Diego Romeo