Escludere l’acqua del Favara di Burgio dai debiti con Siciliacque? La Regione bacchetta Aica
La consortile e l'Ati avevano provato a ridimensionare il debito sostenendo che parte del liquido fornito non poteva essere pagato: dall'Assessorato però è arrivata una dura presa di posizione
Non è una “bacchettatura”, ma i toni somigliano davvero da vicino a qualcosa di simile, con tanto di dispiacere istituzionale per il fatto che c’è chi sembra non aver compreso – o quantomeno ascoltato – quanto gli era stato spiegato.
L’Assessorato all’Energia della Regione Siciliana, attraverso il proprio dirigente generale, ha riscontrato nella giornata di oggi ad una lettera a firma dei presidenti di Ati e Aica con una quale si tentava di ridurre la portata dell’ormai celebre debito verso Siciliacque, sostenendo che al sovrambito viene versato l’ordinario, “in misura proporzionale alle forniture effettive e legittime, tenuto conto che l’acqua proveniente dall’acquedotto Favara di Burgio è risorsa endogena del territorio agrigentino e non può essere fatturata da Siciliacque, poiché appartiene all’ambito AG9”. Secondo questa ricostruzione, AICA “trattiene mensilmente le somme relative al Favara di Burgio e ai pozzi annessi, atteso che si tratta di risorse idriche dei cittadini di Agrigento, di cui gli stessi sono stati ingiustamente ed illegittimamente espropriati, in attesa di un pronunciamento della Regione ed, eventualmente, dell’Autorità giudiziaria. Siciliacque – dicevano ancora – non può, pertanto, pretendere il pagamento di acqua proveniente da una risorsa locale sottratta al territorio e oggi illegittimamente gestita dalla stessa”.
Parole dure, nette, che difendevano la tesi della “risorsa endogena”, cioè il fatto che quest’acqua non può essere pagata da Aica a Siciliacque perché è già dei cittadini di Agrigento. Almeno, così si è fatto credere principalmente sui social.
Il tono della Regione è quasi paterno: “Spiace constatare, nonostante i chiarimenti forniti in sede di riunione tenutasi in data 10 novembre 2025, che in merito all’acquedotto Favara di Burgio, si torni ancora a richiamare una ricostruzione della fattispecie non in linea con l’ordinamento vigente in tema di acque pubbliche, nonché in palese contrasto con l’assetto del servizio idrico voluto dalla Regione”.
Segue una lunga e articolata spiegazione di come funziona il servizio idrico e quali norme lo regolano e una conclusione che non lascia spazio a interpretazioni: la tesi che l’acqua proveniente dalla condotta Favara di Burgio sia “risorsa endogena”, “si pone in aperto contrasto con il quadro normativo, concessorio e gestionale sopra richiamato”.
Ma non solo, la Regione chiarisce in modo perentorio ma estremamente comprensivo, che “l’utente non paga “l’acqua”, che rimane un bene pubblico, ma paga “i costi del servizio”, che sono sostenuti dal gestore e li paga nella misura stabilita da ARERA”. “Non trova conseguentemente né fondamento né condivisione – conclude la nota – la scelta univocamente operata da AICA di escludere dal riconoscimento del corrispettivo la risorsa fornita da Siciliacque, attraverso la legittima gestione dell’acquedotto Favara di Burgio”.
Una sconfessione sotto ogni profilo, insomma, che spazza via le ennesime rassicurazioni anche su questo tema rispetto ad una battaglia certamente giusta da un punto di vista concettuale ma che sicuramente non può generare effetti rispetto al passato che è già consolidato in un monte di debiti superiore ai 23 milioni di euro.
I fari sono adesso accesi verso l’avvicinarsi di metà mese, quando ad AICA arriverà la “bolletta” per la fornitura del mese di novembre da parte di Siciliacque: pagare il corrente – e senza sconti, come abbiamo letto – è infatti una condizione essenziale per beneficiare dell’ormai famoso fondo di rotazione della Regione.
Senza, salta il banco. E con esso, la gestione pubblica dell’acqua. Purtroppo.




