Licata

Licata, Piano di Prevenzione della Corruzione e Trasparenza: interviene “A testa alta”

Le osservazioni dell'associazione "A Testa Alta"

Pubblicato 4 anni fa

«L’analisi del contesto esterno è del tutto carente e non consente di definire un’adeguata strategia di prevenzione del rischio corruttivo; strategia che, com’è noto, deve tenere conto non solo delle caratteristiche culturali, sociali ed economiche del territorio, ma anche delle relazioni esistenti con gli stakeholder e di come quest’ultime possano influire sull’attività dell’amministrazione, eventualmente favorendo il verificarsi di fenomeni corruttivi al suo interno.

In particolare — a parte alcuni riferimenti (agricoltura, pesca, strutture ricettive, ecc.) estremamente generici e non contestualizzati rispetto all’organizzazione, alle funzioni e all’ambito di intervento dell’amministrazione — manca una disamina delle principali dinamiche territoriali o settoriali, delle influenze o delle pressioni di interessi esterni cui può essere sottoposta l’amministrazione.

Non vi è alcun cenno al tasso di criminalità nel territorio (ad esempio, furti nelle abitazioni, atti incendiari a danno di autovetture o esercizi commerciali, ecc.), alla presenza della criminalità organizzata e/o ai fenomeni di infiltrazioni di stampo masso-mafioso, ai reati contro la Pubblica Amministrazione; così come manca ogni riferimento a fenomeni, quali l’abusivismo commerciale e il randagismo incontrollato, che non accennano affatto a regredire.

Dalla generica premessa riportata a pag. 8, secondo cui «Le Relazioni sull’attività svolta e sui risultati conseguiti dalla Direzione Investigativa Antimafia evidenziano chiaramente come il territorio siciliano e, in particolare, quello agrigentino siano teatro della criminalità organizzata di stampo mafioso», occorre prendere le mosse per sviluppare un’ampia riflessione sulle caratteristiche della mafia agrigentina che proprio della corruzione si avvale con sistematicità per trovare nuovi canali di trasferimento nel mercato legale di risorse provenienti dall’economia illegale.

Al riguardo, offrono preziose informazioni: le pubblicazioni, gli archivi storici dei quotidiani, le Relazioni della D.I.A., i decreti presidenziali di scioglimento dei consigli comunali per condizionamento mafioso intervenuti in provincia di Agrigento dal 1991 ad oggi, l’indice I.P.M. (Trascrime – Università Cattolica di Milano) di presenza mafiosa (sulla base dei dati relativi agli omicidi di stampo mafioso, alle persone denunciate per associazione mafiosa, allo scioglimento del Consiglio Comunale, ai beni confiscati alla mafia, ai gruppi attivi riportati nelle relazioni D.I.A. e D.N.A.), le sentenze definitive dei principali processi riguardanti il fenomeno mafioso in provincia di Agrigento (tra cui Ferro+44, Alletto+77, Akragas 1 e Akragas 2, ecc.) e i lavori della Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle mafie nonché quelli riguardanti i beni confiscati, il ciclo dei rifiuti e gli illeciti ambientali.

Inoltre, con particolare riferimento al territorio di Licata, l’analisi — partendo dall’esame del D.P.R. 31/07/1992 (in GU Serie Generale 03/08/1992, n. 181) di scioglimento del Consiglio Comunale per condizionamento mafioso, e dalla «diffusa pratica di favoritismo nel conferimento di incarichi professionali, nelle assunzioni e nell’esecuzione di opere pubbliche» ivi meglio descritta — non può prescindere dal prendere in considerazione l’operazione di polizia giudiziaria antimafia Halycon-Assedio — tra le più importanti che siano state condotte nel territorio — che ha messo a fuoco l’esistenza di elementi concreti, ritenuti dalla DDA univoci e pregnanti, circa una capillare infiltrazione delle cosche locali nei più alti livelli della vita cittadina: dalla mercificazione dei voti, a una fittissima rete di intrecci, legami e cointeressenze utili all’acquisizione del controllo di attività economiche, concessioni, autorizzazioni, appalti e servizi pubblici.

L’amministrazione, non costituitasi parte civile nel processo penale scaturito dalla citata operazione antimafia, dovrà acquisire, tramite l’avvocatura comunale, copia delle sentenze sin qui emesse e ogni altra utile documentazione al riguardo.

Ulteriori elementi utili alla rilevazione di aree di rischio devono trarsi dalle sentenze del Consiglio di Giustizia Amministrativa nn. 1218/2020 e 948/2019, relative alla illegittimità della concessione edilizia a suo tempo rilasciata per la realizzazione del porto turistico di Licata, nella parte in cui prevedeva l’esenzione dal pagamento degli oneri e il carattere di “preminente interesse pubblico” dell’intero progetto del porto turistico e delle opere realizzate, tra cui il centro commerciale, locali ristorazione e palazzine plurifamiliari nonché dalle sentenze del T.A.R. Sicilia nn. 107/2022, 721/2020 e 553/2020 concernenti l’illegittimità delle varianti allo stesso progetto approvate all’esito della conferenza di servizi indetta dal Comune di Licata. 

Nel PTPCT infine dovrà essere fornita evidenza specifica di come l’analisi di contesto esterno abbia portato elementi utili alla identificazione di nuovi eventi rischiosi e alla elaborazione di misure di prevenzione specifiche.

Con riferimento all’analisi di contesto interno, va osservato che i riferimenti sono poco esaustivi rispetto all’organizzazione effettiva e alla suddivisione delle funzioni tra le dieci “Aree”.

La segnalata «carenza di personale dirigenziale» non può in alcun modo condizionare l’adozione e l’attuazione delle misure di prevenzione della corruzione e della trasparenza, tanto più che le dieci unità organizzative sono «rette», come si legge nel PTPCT, da altrettante «posizioni organizzative». 

Con riferimento alla consistenza del personale in servizio, vengono indicati dati numerici aggiornati al 31/12/2019 e comunque scarsamente utili ad evidenziare aspetti qualitativi circa le risorse umane dell’amministrazione.

Nella sezione in esame viene inoltre affermato che il Comune si è dotato del software gestionale per il protocollo informatico e per la gestione documentale, ma la gestione dei procedimenti «è tuttora prevalentemente cartacea», poiché il «sistema non è a regime». La stessa identica affermazione si ritrova nel PTPCT 2017 (pag. 10). Occorre quindi definire tempi certi e responsabilità chiare per garantire l’applicazione delle norme — finora violate — di cui al D.P.R. 28/12/2000, n. 445, D.Lgs. 30/03/2001, n. 165, Decreto 14/10/2003, Circolare AIPA 07/05/2001, n. 28, D.P.R. 03/12/2013 (Regole tecniche per il protocollo informatico ai sensi degli articoli 40-bis, 41, 47, 57-bis e 71 del Codice dell’amministrazione digitale).

Le criticità sopra evidenziate si ripercuotono sulla valutazione del rischio, che peraltro è stata condotta seguendo le «Linee Guida ANCI Lombardia del 10/09/2016», datate e superate dagli “Orientamenti” presentati dall’ANAC che fanno integralmente riferimento a quanto contenuto nell’allegato 1 al PNA 2019-2021, di cui alla deliberazione n. 1064/2019 (sul punto, v. Orientamenti ANAC per la pianificazione anticorruzione e trasparenza 2022: novità, schemi e modulistica per gli enti locali, I Quaderni ANCI n. 33/2022).

Nella sezione «Misure generali» (pag. 13), è stata riportata una mera elencazione delle norme dedicate al procedimento di accesso civico, senza alcun riferimento al Regolamento approvato con Deliberazione del Commissario Straordinario in sostituzione del Consiglio Comunale del 28/03/2018, n. 23.

Per il resto, il contenuto del PTPCT riproduce quello degli anni precedenti ed è del tutto privo, quindi, di specifiche misure di prevenzione e contrasto del rischio corruttivo.

In ordine al detto PTPCT valgono quindi gli stessi rilievi svolti negli anni precedenti; e ciò dicasi anche in relazione alla mancata rotazione dei dirigenti e del personale addetto alle aree a rischio e alla mancata previsione di percorsi di formazione e aggiornamento finalizzati a creare competenze e professionalità nuove.

Inoltre, il sito web continua a manifestare gravi lacune e insufficienze rispetto allo schema normativo (D.Lgs. 14/03/2013, n. 33 e succ. mod.), con le inevitabili ripercussioni negative sulla qualità e completezza delle informazioni pubblicate.

Le determinazioni, inoltre, vengono pubblicate ancora in formati non conformi e neppure negli atti pubblicati nell’Albo Pretorio risulta apposta una firma digitale da parte del Responsabile del procedimento che ha generato l’atto o da parte del Responsabile del procedimento di pubblicazione». 

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