Sciascia, parla la figlia: “Mio padre, la fede e le domande che non gli fecero”
- Anna Maria Sciascia, 74 anni, parla del rapporto del padre Leonardo con la fede in un'intervista esclusiva con Famiglia Cristiana
“A un giornalista della televisione svizzera che gli chiese quale fosse la domanda che non gli era mai stata posta e alla quale avrebbe voluto rispondere, disse: ‘Se credo in Dio’. Avrebbe avuto tanta voglia di rivelare che era un credente”.
Anna Maria Sciascia, 74 anni, parla del rapporto del padre Leonardo con la fede in un’intervista esclusiva con Famiglia Cristiana, pubblicata nel numero in edicola, in occasione del centenario della nascita del grande scrittore di Racalmuto. “Era profondamente cristiano nell’anima”, confida ancora Anna Maria Sciascia: “Se in pubblico appariva taciturno e riservato, in famiglia si dimostrava allegro, ironico e grande affabulatore”. Leonardo Sciascia nacque l’8 gennaio del 1921, pochi mesi dopo un altro grande scrittore come Gesualdo Bufalino (nato a Comiso il 15 novembre del 1920). I due si frequentarono a lungo, conferma la figlia al settimanale cattolico (che, accanto agli inediti tratti privati del grande scrittore, pubblica anche varie foto tratte dall’album di famiglia). “Anche se si erano conosciuti tardi – aggiunge – il rapporto tra mio padre e Bufalino era quello tra due vecchi amici con una forte affinita’ culturale e ricordi d’infanzia e giovinezza molto simili”.
Amicizia profonda “ma non intima”, come era quella con Stefano Vilardo, compagno di scuola e “conoscitore di piccoli segreti cosi’ naturali e spontanei nell’adolescenza”. Molti scrittori, artisti e fotografi frequentavano casa Sciascia: Vincenzo Consolo, Renato Guttuso, Tono Zancanaro, Piero Guccione, Matteo Collura, Ferdinando Scianna, Domenico Faro e altri ancora… “Penso che ad alcuni di loro mio padre abbia totalmente cambiato la vita”, prosegue Anna Maria Sciascia. “Mio padre era profondamente cristiano nell’anima, come dimostrarono le parole che volle incise sulla sua tomba (‘Ce ne ricorderemo, di questo pianeta’)”, conclude, “due suoi libri furono particolarmente impregnati della sua visione cristiana: Recitazione della controversia liparitana dedicata ad A.D. e L’affaire Moro”. Il successo di questo così come dei libri successivi (“Il consiglio d’Egitto” del 1963, “Morte dell’Inquisitore” del 1964, “A ciascuno il suo” del 1966, “Il contesto” del 1971 e “Todo Modo” del 1974, “La scomparsa di Majorana” del 1975 e “I pugnalatori” del 1976), resero Sciascia un personaggio famoso e un intellettuale di riferimento: proprio per questo la sua attività si diversificò così come la sua vita, divisa tra Palermo, Roma e Parigi, città che nel suo percorso culturale assumono altrettanti valori metaforici.
Nel capoluogo siciliano nel 1975 venne eletto al Consiglio comunale come indipendente nella lista del Pci, riuscendo a conciliare l’adesione alla politica dei comunisti siciliani con una strenua e dichiarata avversione per la strategia del compromesso storico; e contribuì alla fondazione della casa editrice Sellerio. E a Palermo morì il 20 novembre 1989. Roma fu la sede della sua intensa attività politica (fu eletto alla Camera dei deputati nel 1979 tra le file del Partito radicale) che lo vide anche membro della commissione parlamentare d’inchiesta sul rapimento e l’assassinio di Aldo Moro. Il dramma dello statista democristiano lo coinvolse profondamente come testimoniò con il pamphlet “L’affaire Moro” (1978). E infine, Parigi, capitale di quel pensiero illuminista da lui tanto amato e in cui sentiva di respirare un’aria più libera e meno opprimente di quella italiana.