Truffa per ottenere contributi europei, in due risarciranno oltre 20mila euro
I soggetti, coinvolti nel blitz del 2020 che decapitò la Mafia dei pascoli tra i Nebrodi, avevano dichiarato falsamente anche di possedere terreni a Licata per ottenere fondi Feaga.
Hanno indicato fittiziamente di essere proprietari di appezzamenti di terreno in varie zone della Sicilia solo per intercettare finanziamenti e contributi: dovranno risarcire il danno erariale provocato allo stato. La Corte dei conti, sezione giurisdizionale per la Regione Siciliana, ha condannato due soggetti, C. S. e S. A. al pagamento di 29.986 euro a favore dell’Agea – Agenzia per le erogazioni in agricoltura, oltre rivalutazione e interessi legali per aver ottenuto in modo illegittimo contributi agricoli comunitari tra il 2010 e il 2012.
La vicenda contabile matura nel contesto di un intervento più ampio da parte della magistratura ordinaria: uno dei due soggetti all’attenzione dei giudici contabili, infatti, è stato coinvolto in un blitz che nel 2020 colpì la cosiddetta “mafia dei pascoli”, nel contesto del qual emerse una ramificata associazione specializzata nella commissione di truffe in danno dello Stato e dell’Unione europea.
L’illecito riguardava contributi a carico del Fondo europeo agricolo di garanzia destinati ad una società riconducibile ai due soggetti e che, ha accertato il collegio, era stata costituita e amministrata al solo scopo di captare illecitamente fondi comunitari, inquadrandosi in un più ampio sistema fraudolento.
L’attività investigativa, infatti ha svelato la piena riconducibilità della società percettrice del beneficio ad una organizzazione criminale dedita a rilevanti truffe a danno dell’Agea, realizzate attraverso l’illecita inclusione di particelle nelle domande uniche da parte di sedicenti agricoltori privi di titoli che comprovassero il possesso dei terreni. Le indagini hanno dimostrato che la frode si basava sulla falsa attestazione della disponibilità giuridica di vaste superfici agricole, titoli risultati inesistenti. Le particelle di terreno dichiarate, infatti, non solo non erano supportate da contratti registrati, ma in alcuni casi erano contestualmente utilizzate da altri soggetti e aziende collegate all’organizzazione criminale.
Le domande uniche di pagamento (Dup) presentate, relative alle campagne 2010, 2011 e 2012, riportavano la conduzione in affitto di numerose particelle di terreno distribuite tra Agrigento, Butera, Licata, Bompensiere, Castellammare del Golfo, Sutera, Longi, Alcara Li Fusi, Collesano, San Marco d’Alunzio, Termini Imerese e Villafrati.
La Corte ha riconosciuto il dolo come elemento soggettivo pienamente integrato, in quanto si è trattato di una complessa e prolungata attività fraudolenta, preordinata all’appropriazione di risorse pubbliche, che ha coinvolto oltre che il titolare dell’impresa anche la dipendente di un Caf che avrebbe avuto un ruolo diretto nella falsa attestazione dei requisiti per aver “consapevolmente trascurato di esercitare i controlli che le competevano circa l’esistenza, la completezza, la conformità e la corrispondenza alla normativa vigente”.
Nonostante i reati penali corrispondenti ai fatti siano stati dichiarati estinti per prescrizione dalla Corte d’Appello di Messina, il Collegio della Corte dei Conti ha ritenuto il compendio probatorio pienamente sufficiente a supportare l’azione erariale e condannato i convenuti a versare la somma in favore di Agea.


