Giudiziaria

Inchiesta “Appalti e mazzette”: tutto parte da Licata…

La denuncia di un imprenditore a rischio fallimento avrebbe svelato un sistema di politico – imprenditoriale ritenuto illecito e causa il coinvolgimento dell’on. Roberto Di Mauro

Pubblicato 2 mesi fa

La denuncia di un imprenditore che rischia il fallimento a causa dell’ostracismo di un gruppo di potere politico-imprenditoriale attivo a Licata è la molla scatenante dell’inchiesta, condotta dalla Squadra mobile di Agrigento e coordinata dalla Procura della Repubblica (procuratore capo Giovanni Di Leo e sostituto Rita Barbieri) che ha scoperchiato un pentolone ribollente che ha portato dritto all’ex assessore regionale all’energia Roberto Di Mauro, oggi indicato dagli inquirenti come il riferimento assoluto di rilevanti vicende imprenditoriali, legate alla realizzazione di opere pubbliche sul territorio della Provincia di Agrigento e non solo.

Fermo restando la presunzione di innocenza che riguarda tutte le persone coinvolte in questa delicatissima inchiesta giudiziaria, la vicenda, per come ricostruita dagli investigatori sarebbe andata così: l’imprenditore a rischio fallimento mette nero su bianco che a Licata esiste un gruppo politico – imprenditoriale che condiziona il libero mercato delle forniture penalizzandone alcune e favorendone altre. L’uomo, ormai stremato e sull’orlo del fallimento perché privo di commesse, indica nel sindaco di Licata Angelo Balsamo, consiglieri comunali e imprenditori, tutti indagati, gli autori di tale condotta e racconta tutto al capo della Squadra mobile di Agrigento, Vincenzo Perta, che immediatamente informa il procuratore Di Leo.

Scatta a quel punto l’indagine tesa a verificare la veridicità delle accuse mosse e cominciano le intercettazioni. In brevissimo tempo viene fuori il nome dell’architetto Sebastiano Alesci, super-burocrate licatese già arrestato e attualmente detenuto, perché ritenuto al centro di diversi episodi di corruzione finalizzate ad ottenere appalti.

Pochissimo tempo dopo emerge anche la figura dell’on. Roberto Di Mauro intercettato con Balsamo e poi con Alesci. E da questo momento inizia un’altra storia.

L’ex assessore all’Energia viene intercettato in ogni forma: trojan, telecamere, cimici. Di Mauro diventa il protagonista di un set cinematografico a cielo aperto attivo 24 ore su 24. E così viene registrato in tempo reale quando incontra persone in un albergo all’ingresso di Porto Empedocle o nella zona dello stadio Esseneto e piazzale Ugo La Malfa di Agrigento (che viene interamente controllata da decine di telecamere) ed ancora quando partecipa ad importanti riunioni come quella avvenuta ad inizio di quest’anno nella sede Aica.

Chi entra in contatto con il parlamentare regionale agrigentino finisce a sua volta sotto intercettazione. E vengono registrati colloqui interessanti: si parla, tra le altre cose, della volontà di costruire una condotta idrica di adduzione che dal bacino della diga San Giovanni di Naro, arrivasse sino a Licata, al fine di combattere la cronica carenza idrica. Si parla anche – e i poliziotti annotano –  dei 10 milioni di euro destinati come prima tranche di anticipazione per le opere di rifacimento della rete idrica del Comune di Agrigento, di altri lavori a Ravanusa.

Gli investigatori – scrivono nei loro rapporti – notano un particolare interesse dell’ex assessore regionale sulla rete idrica agrigentina e intercettano significativi colloqui con Giuseppe Capizzi,  sindaco di Maletto, titolare della ditta capofila dell’associazione di imprese che deve realizzare la rete idrica della Città dei templi. Emergono dalle conversazioni la premura di Di Mauro di far partire i lavori e l’impossibilità della ditta esecutrice di iniziarli per mancanza di operai e tecnici. I poliziotti della Squadra mobile annotano con sorpresa la circostanza che vede lo stesso Di Mauro alla ricerca di operai e personale specializzato (ma li vuole non agrigentini – perché scansafatiche – ma della provincia, favaresi soprattutto).

L’inchiesta inevitabilmente si allarga e decine e decine sono le persone intercettate e monitorate e si aprono altre inchieste. Non si è salvato nessuno. In tanti sono finiti nel taccuino degli investigatori e le indagini continuano pur con la difficoltà per la Procura di procedere avendo svelato parzialmente, suo malgrado, le carte giudiziarie ed avendo consapevolezza che chi doveva non sapere adesso sa.

La storia continua.

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