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“Ianus”, 35 condanne e 8 assoluzioni: scagionato il vicepresidente del Consiglio comunale di Canicattì 

Tra le persone assolte c’è anche Giuseppe Alaimo, vicepresidente del consiglio comunale di Canicattì

Pubblicato 5 ore fa

Trentacinque condanne per oltre due secoli e mezzo di carcere e otto assoluzioni. Tra queste ultime vi è anche quella del vicepresidente del consiglio comunale di Canicattì, Giuseppe Alaimo. Si è concluso così il primo grado di giudizio del processo – rito abbreviato – scaturito dalla maxi inchiesta “Ianus”, l’operazione che fece luce sulla riorganizzazione di Cosa nostra e Stidda a Gela e su un traffico di stupefacenti anche nell’agrigentino. Lo ha disposto il giudice per l’udienza preliminare del tribunale di Gela, Lorena Santacroce. Il politico canicattinese, difeso dall’avvocato Giacinto Paci, era accusato di detenzione illecita di sostanze stupefacenti con l’aggravante di aver favorito l’associazione mafiosa e, in particolare, di aver acquistato cocaina, al fine di farne cessione a terzi, da Mirko Rapisarda (considerato il tramite del clan Rinzivillo con quello catanese dei Cappello) e Giuseppe Pasqualino, considerato il luogotenente del nuovo reggente del clan Rinzivillo, Giuseppe Tasca. Anche il pm Claudia Pasciuti, al termine della requisitoria, aveva chiesto l’assoluzione di Alaimo.

“Oggi la giustizia ha ristabilito la verita’: Giuseppe Alaimo, presidente provinciale della Democrazia Cristiana di Agrigento, e’ stato assolto con formula piena dalle gravi accuse che gli erano state mosse, perche’ il fatto non sussiste”. Lo dichiara Stefano Cirillo, segretario regionale della DC. “Una verita’ – prosegue – che dovrebbe far riflettere tutti coloro che, dentro e fuori il perimetro dell’informazione, hanno condannato mediaticamente un uomo colpevole, nella percezione pubblica, solo di rappresentare la Democrazia Cristiana.

LE CONDANNE 

Giuseppe Pasqualino (20 anni di reclusione); Salvatore Mirko Rapisarda (20 anni di reclusione); Giuseppe Domicoli (16 anni e 4 mesi di reclusione); Salvatore Nocera (15 anni di reclusione); Giuseppe Borgese (11 anni e 4 mesi di reclusione); Diego Milazzo (9 anni e 9 mesi di reclusione); Giuseppe Sicurella (9 anni e 4 mesi di reclusione); Angelo Lorefice (9 anni e 1 mese senza aggravante mafiosa); Fabio Palumbo (9 anni di reclusione); Salvatore Azzarelli (8 anni e 10 mesi di reclusione); Rocco Grillo (8 anni e 10 mesi di reclusione); Mohamed Omar (8 anni e 9 mesi di reclusione); Rocco Rinzivillo (8 anni di reclusione); Vincenzo Romano (8 anni e 2 mesi di reclusione esclusa l’aggravante mafiosa); Manuel Ieva (7 anni di reclusione); Antonio Rapicavoli (6 anni di reclusione); Carmelo Scilio (6 anni di reclusione); Giuseppe Sinatra (6 anni e 2 mesi di reclusione); Crocifisso Di Gennaio (6 anni di reclusione); Luca Marino (5 anni e 4 mesi di reclusione); Giuliano Scordino (5 anni e 2 mesi di reclusione);Emanuele Pantano (4 anni e 8 mesi di reclusione); Massimiliano Astuti (4 anni d 5 mesi di reclusione); Alberto Pasquale Di Dio (4 anni di reclusione); Calogero Peritore (4 anni in continuazione, collaboratore di giustizia); Antonio Sollazzo (4 anni di reclusione); Salvatore Taormina (4 anni di reclusione); Alessandro Peritore (3 anni e 7 mesi di reclusione); Nicola Palena (3 anni e 4 mesi di reclusione); Giuseppe Bonanno (3 anni di reclusione); Giacomo Di Noto ( 3 anni di reclusione); Graziana Domicili (3 anni di reclusione); Salvatore Castorina (2 anni e 6 mesi, collaboratore di giustizia); Luigi Scuderi (2 anni di reclusione); Giuseppe Verdelli (2 anni di reclusione). 

LE ASSOLUZIONI 

Alessandro Pellegrino, Dario Gagliano e Salvatore Mezzasalma, Rocco Rinzivillo (1978), Giuseppe Alaimo, Daniele Mangiagli, Vincenzo Scerra e Giuseppa Lauretta. 

L’OPERAZIONE IANUS

Le indagini, coordinate dalla Direzione Distrettuale Antimafia della Procura della Repubblica di Caltanissetta, iniziate alla fine del 2018, hanno consentito di tracciare le linee operative di cosa nostra in territorio gelese, acclarando ancora una volta la piena operatività dei due gruppi che animano la suddetta consorteria mafiosa nel territorio, ovvero il gruppo Rinzivillo e il gruppo Emmanuello (da qui il nome dell’operazione, “Ianus”: una delle divinità più antiche, solitamente raffigurata con due volti cosiddetto Giano Bifronte, proprio a sottolineare i due volti di cosa nostra). L’indagine dei poliziotti della Squadra Mobile, S.I.S.C.O. Caltanissetta e Commissariato di P.S. di Gela – ha consentito di far emergere gravi indizi anche in ordine agli ingenti investimenti dell’organizzazione mafiosa cosa nostra operante a Gela nella realizzazione di serre finalizzate alla coltivazione di marijuana; al contempo avrebbe utilizzato tale tipologia di droga come merce di scambio per ottenere sostanze stupefacenti di altro genere quale cocaina, dalle organizzazioni criminali reggine e catanesi. In dettaglio, tra cosa nostra gelese e soggetti legati alla ‘ndrangheta calabrese e, segnatamente, alla ‘ndrina Longo di Polistena, nonché con esponenti della criminalità organizzata catanese, il traffico di droga si sostanziava per i gelesi nell’importazione di cospicui quantitativi di cocaina e hashish e nell’esportazione di sostanza stupefacente del tipo marijuana.  Ciò è stato ricostruito in forza delle emergenze investigative tratte dal contenuto delle intercettazioni di conversazioni tra gli odierni indagati ed ha trovato riscontro in numerosi sequestri di marijuana il cui quantitativo complessivo si attesta su 1000 kg circa di stupefacente del tipo marijuana; inoltre, secondo una stima fatta proprio dagli stessi indagati nel corso delle conversazioni captate, il quantitativo settimanale di sostanza stupefacente immessa sul mercato si aggirava intorno a 1 o 2  kg di cocaina, con conseguenti cospicui guadagni per milioni di euro. L’indagine ha altresì fatto luce anche in ordine ai rapporti tra cosa nostra e l’altra organizzazione mafiosa operante a Gela e segnatamente la stidda, censendo taluni incontri tra i rispettivi vertici. Durante l’attività investigativa emergeva la disponibilità di armi ed esplosivi da parte dei sodali. Al fine di scongiurare il verificarsi di gravi fatti reato era tratto in arresto uno degli indagati, in quanto trovato in possesso di un ordigno rudimentale, che gli artificieri della Polizia di Stato, prontamente intervenuti, facevano brillare in piena sicurezza. La pericolosità presunta di alcuni degli indagati, oltre che dalla detenzione delle armi, emergeva anche dal tenore delle conversazioni captate. Oltre alle misure cautelari, la Polizia di Stato ha proceduto al sequestro preventivo di una villa con piscina sita a Gela ed un’auto di grossa cilindrata, beni riconducibili a taluno degli indagati.

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