Apertura

Rivenditore di auto ucciso a Favara, i giudici: “Il movente è la gestione di una stradella”

Per il tribunale "l'omicidio può essere interpretato come l'esito drammatico e deliberato di una controversia non più governabile”

Pubblicato 3 ore fa

“Il movente affonda le proprie radici in un prolungato e aspro conflitto tra le famiglie Nobile e Simone, sviluppatosi intorno alla titolarità e al possesso della stradella di accesso al fondo agricolo in contrada Poggio Muto, che collegava le rispettive proprietà.” Lo scrive il giudice per l’udienza preliminare del tribunale di Agrigento, Giuseppa Zampino, nella sentenza con la quale ha inflitto 16 anni e 8 mesi di reclusione nei confronti di Stefano Nobile (ed il risarcimento delle persone offese rappresentate dall’avvocato Angelo Piranio) per l’omicidio del rivenditore di auto Francesco Simone, ucciso il 7 dicembre 2023 con cinque colpi di arma da fuoco nel giardino della sua abitazione a Favara. Negli scorsi giorni sono state depositate le motivazioni, un punto fermo già scolpito nel processo di primo grado. La difesa dell’imputato (rappresentata dall’avvocato Giuseppe Barba) ha già annunciato ricorso in Appello e Nobile, tre settimane fa, ha lasciato il carcere per i domiciliari con obbligo di braccialetto elettronico. Ma facciamo un passo indietro.

Francesco Simone viene ucciso con cinque colpi di pistola la mattina del 7 dicembre 2023. Il killer è entrato in azione mentre Simone, ex rivenditore di auto, si trovava in giardino. Le modalità di esecuzione del delitto, ed un (apparente) vuoto di tracce lasciate dal killer, avevano aperto spazi alle ipotesi più disparate. Per questo ci sono voluti oltre cinque mesi – il tempo necessario di mettere in fila numerosi indizi ed evidenti contraddizioni – per arrivare ad una prima vera svolta nell’inchiesta quando i carabinieri arrestarono il vicino di casa. I successivi accertamenti – di natura biologica, l’analisi dei tabulati, la presenza di polvere da sparo, gli spostamenti dell’uomo e, infine, le conclusioni della perizia medica – hanno chiuso il cerchio. Ecco cosa scrive il giudice nella sentenza.

IL MOVENTE 

“Il Nobile ha dichiarato di aver avuto nel tempo rapporti “normali” con Francesco Simone, sebbene abbia ammesso alcune tensioni legate alla gestione del cancello e del passaggio. Tuttavia, numerosi elementi oggettivi smentiscono l’esistenza di rapporti pacifici o solo formalmente tolleranti. Dagli atti emerge, infatti, che la conflittualità tra le parti era radicata, intensa e tutt’altro che sopita, tanto da assumere contorni di vera e propria ostilità personale e rancore pregresso. Le contestazioni incrociate sul diritto di servitù delineano un quadro di esasperazione e animosità culminato, verosimilmente, nella decisione omicidiaria.  In tale contesto, l’omicidio può essere interpretato come l’esito drammatico e deliberato di una controversia non più governabile con mezzi legali, divenuta – agli occhi dell’imputato – insostenibile. L’ipotesi investigativa, sorretta da un quadro indiziario coerente e convergente, è che Stefano Nobile, maturando una determinazione progressiva e lucida, abbia ritenuto Francesco Simone un ostacolo personale e materiale, da eliminare per affermare il proprio controllo sul fondo e sul diritto di passaggio. La presenza, quel 7 dicembre 2023, dell’imputato proprio sul fondo luogo del delitto, in orario compatibile con l’azione omicidiaria, e la reticenza su diversi aspetti (viaggio a Messina, perdita del cellulare, presenza di una seconda arma) rafforzano la ricostruzione di un movente solido, maturato nel tempo e reso operativo nell’occasione in cui le condizioni – l’isolamento della vittima, l’assenza di testimoni, la disponibilità dell’arma – lo rendevano possibile.” 

LA VALUTAZIONE DEGLI INDIZI

“Le risultanze investigative suesposte hanno permesso di compendiare un quadro indiziario grave, preciso e concordante, il quale, valutato alla luce delle prospettate coordinate ermeneutiche, fornisce la prova dell’assunto accusatorio – quanto meno nel suo nucleo centrale – circa l’avvenuta esplosione del colpo letale, con la pistola calibro 32, da parte di Nobile contro Francesco Simone, che, dopo pochi minuti ne cagionava la morte per insufficienza cardio-respiratoria acuta secondaria a lacerazione del midollo spinale cervicale alto tratto C2 e simultanea anemizzazione acuta. Al riguardo, è così possibile riepilogare il panorama indiziario, grave preciso e concordante, a carico di Nobile Stefano: detenzione di pistola Smith & Wesson calibro 32 (compatibile con ogive rinvenute); proprietà della Ford Focus grigia tracciata con Gps; forbice da potatura simile a quella rinvenuta sul luogo, da lui riconosciuta; presenza sul posto prima, durante e dopo l’omicidio; fuga immediata dal luogo del delitto (immagini+Gps); successivo tentativo di lavaggio dell’auto (ore 13:40 a Messina); incongruenze sull’uso del telefono: affermando di averlo smarrito, ma risultando usato  dopo l’omicidio; h)  Dvr rimosso dalla casa rurale; poi ritrovato e sbloccato con l’intervento tecnico; Stub sull’auto eseguito a Messina; due ogive calibro 32: una nel corpo, l’altra sottoterra vicino al cadavere; immagini videosorveglianza che documentano movimenti dell’indagato m zona e cronologia compatibile con il tempo in cui il delitto si è consumato; l’analisi telefonica ha restituito contatti sospetti con persone legate alla famiglia, incluso Mendolia Calogero. Tali elementi restituiscono un quadro indiziario solido e articolato, che consente di ritenere l’imputato autore del fatto. In particolare, in primo luogo, è emersa in maniera incontrovertibile la sua presenza sul luogo del delitto. Al riguardo, il Nobile ha ammesso di essersi recato nella mattina del 7 dicembre presso il  proprio fondo agricolo in contrada Poggio Muto, accompagnato dal Mendolia, con la finalità di verificare i consumi del contatore. Dalla visione delle telecamere di videosorveglianza, la presenza dell’imputato è collocata temporalmente nella medesima fascia oraria (ore 9:30 – 10:00 circa) in cui si ritiene sia stato commesso l’omicidio. Le sue dichiarazioni al riguardo, lungi dal costituire un solido alibi, finiscono per confermare la sua effettiva permanenza in loco in un momento del tutto compatibile con l’azione delittuosa. Il delitto si colloca in un contesto di pregressa e insanabile conflittualità tra l’imputato e la vittima, legata alla titolare disponibilità della stradella interpoderale che collegava i rispettivi fondi. I rapporti tra le parti erano deteriorati da tempo, come dimostra anche la circostanza che Nobile custodisse nella propria auto un documento relativo alla proprietà della strada, segno di una perdurante tensione. La radicata ostilità nei confronti della famiglia Simone, in particolare del defunto Francesco, integra, pertanto, un movente di rilevante intensità emotiva e patrimoniale, idoneo a fungere da impulso omicidiario. In terzo luogo, ulteriori elementi di valutazione derivano dal comportamento dell’imputato dopo i fatti. Il Nobile ha, infatti, dichiarato di aver smarrito il proprio telefono cellulare proprio nella mattina del 7 dicembre, non fornendo riscontri convincenti sulla dinamica dell’accaduto. Ha, altresì, omesso di comunicare l’immediata disponibilità del contenuto della cassaforte presente nella propria abitazione, nella quale era custodita un’arma da fuoco regolarmente detenuta, successivamente rivelatasi non compatibile con i colpi che hanno attinto la vittima.  Di fatto, non ha fornito la password di accesso al sistema di videosorveglianza presente nella propria abitazione in contrada Poggio Muto. Quanto al viaggio a Messina, l’imputato lo ha descritto come una decisione programmata, ma plurimi riscontri documentali e testimoniali (quali, ad esempio, la prenotazione del B&B solo alle ore 18:00 del 7.12.2023 dopo il loro arrivo a Messina) smentiscono e depongono nel senso di una scelta improvvisa, compatibile con una fuga o allontanamento precauzionale. Tali condotte assumono rilevanza sintomatica, traducendosi in indicative manifestazioni di volontà dissimulatoria da parte dell’imputato. Infine, l’arma legalmente detenuta da Nobile – un revolver calibro 32 S&W Long – è stata esclusa dagli accertamenti balistici del RIS di Messina (23.02.2024) come arma del delitto; sicchè – come già chiarito – l’omicidio è stato verosimilmente commesso con un’altra arma dello stesso calibro, non rinvenuta, la cui provenienza non è stata in alcun modo chiarita dall’imputato. Ebbene, tale omissione – unitamente alla circostanza che nessuna ulteriore arma sia stata rinvenuta nelle disponibilità lecite dell’imputato – rafforza l’ipotesi di detenzione di un’arma clandestina o comunque di origine delittuosa, verosimilmente acquisita in modo illecito e utilizzata per l’azione omicidiaria. Alla luce dell’insieme degli elementi raccolti, questo Giudice ritiene che il quadro probatorio a carico di Nobile Stefano presenti i requisiti di gravità, precisione e concordanza richiesti dalla legge e sia tale da fondare un giudizio di responsabilità, in quanto la trama indiziaria complessiva non risulta scalfita da alternative ricostruttive logiche e plausibili, né dalle spiegazioni difensive, rivelatesi contraddittorie e non riscontrate. A tali fatti va aggiunta la totale assenza di elementi che oggettivamente possano ricondurre il delitto ad un soggetto terzo; la mancanza di dati contrari correlabili all’ora dell’aggressione; l’impossibilità logica e temporale di ritenere che un omicidio attuato con dette modalità fosse stato commesso da un estraneo.”

0 commenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

banner omnia congress