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“E’ finito il tempo dei cash.. io sono attrezzato”: il ruolo del faccendiere di Canicattì

Tra le posizioni delle persone coinvolte nella maxi inchiesta “Sorella Sanità”,  che ha fatto luce su una rete di tangenti volte a pilotare appalti nel mondo della sanità siciliana, la più delicata è sicuramente quella di Salvatore Manganaro, 44 anni di Canicattì, finito agli arresti domiciliari questa mattina. Manganaro è accusato di aver dato vita […]

Pubblicato 4 anni fa

Tra le posizioni delle persone coinvolte nella maxi inchiesta “Sorella Sanità”,  che ha fatto luce su una rete di tangenti volte a pilotare appalti nel mondo della sanità siciliana, la più delicata è sicuramente quella di Salvatore Manganaro, 44 anni di Canicattì, finito agli arresti domiciliari questa mattina. Manganaro è accusato di aver dato vita ad un duo indissolubile con il dirigente generale dell’Asp di Trapani Fabio Damiani risultando – secondo le indagini – terminale e collettore delle tangenti, nonché interlocutore privilegiato degli operatori economici che si rivolgono alla struttura criminale. 

Sono in tanti a rivolgersi a Manganaro per aggiudicarsi importanti appalti e per ottenere lo sblocco di pagamenti. Scrivono gli inquirenti: “Mente criminale raffinatissima e come tale riconosciuto anche dal Damiani, il quale si rivolge a lui finanche per chiedergli consigli in merito alle questioni che attengono alla sua funzione di dirigente pubblico. Il Manganaro, nel corso delle indagini, si è dimostrato essere un profondo conoscitore della materia degli appalti pubblici, anche capace di suggerire al Damiani, dirigente di lungo corso, le modalità attraverso le quali manipolare, senza lasciarne “tracce” evidenti, l’iter decisionale delle commissioni di gara, piegandolo ai loro fini illeciti. La caratura criminale del Manganaro e la sua non comune capacità di infiltrarsi all’interno della pubblica amministrazione”. 

E ancora: “In questa diffusa e inquietante situazione di inquinamento degli appalti pubblici della sanità della Regione Sicilia, Manganaro era l’insider interno cui le ditte si rivolgevano per avere tutte le informazioni di cui necessitavano e manipolare la volontà decisoria dell’ente tramite il pubblico ufficiale di cui il primo era emanazione, quali ottenere il pagamento dei compensi frattanto maturati alle condizioni contrattuali ritenute più vantaggiose, o ottenere il pagamento di SAL privi di documentazione o irregolari, o ricevere le indicazioni su come spartirsi le gare e dividersi i lotti. Deve infatti sottolinearsi che le gare in oggetto avevano una durata di 5 anni e ponevano infinite e davvero complesse problematiche nella loro evoluzione, sì da richiedere la continua concertazione dei vertici delle aziende corruttrici con il pubblico ufficiale ed il Manganaro, con i quali difatti si riunivano spessissimo dando luogo alle stenuanti conversazioni di ore rimaste captate.I rappresentanti aziendali non si facevano alcuno scrupolo, dunque, a condizionare le gare di appalto, orientarne le decisioni a loro favore, ricercare, ai fini dell’aggiudicazione, la concertazione anche con i concorrenti, per ottimizzare i loro profitti, a tal fine approfittando dei rapporti privilegiati del Manganaro (o del Taibbi) con i soggetti qualificati preposti all’interno alle aziende pubbliche, ai quali promettevano laute ricompense, spartite tra il p.u. ed il faccendiere, in denaro contante e/o remunerazioni per prestazioni da affidare in subbappalto.”

“Ciò posto – si legge nell’ordinanza – appare comprovato che Manganaro abbia architettato una complessa organizzazione di società strettamente funzionale alla realizzazione di un programma criminoso indeterminato e tendenzialmente stabile, finalizzato ad una serie di turbative d’asta e di reati di corruzione, condiviso con Damiani, abusando delle sue qualifiche e delle sue funzioni di pubblico ufficiale, ai fini di ritrarne utilità sia in denaro contante “cash” come ebbe a dire il medesimo in uno dei dialoghi, sia a mezzo di contratti di subappalto da affidare da parte delle ditte corrotte alle società a lui riconducibili, per realizzare un flusso di denaro a fronte di prestazioni in parte inesistenti, per quantità o qualità, o sovrafatturate. Manganaro si è servito di una galassia di società, appositamente create, che, congegnate come matrioske, non erano a lui riconducibli.”

Emblematica una conversazione captata il 24 gennaio 2019 tra Manganaro e Damiani in cui il primo, manifestando la volontà di abbandonare la modalità cash per l’incasso delle dazioni illecite anche in considerazione del fatto che ormai è attrezzato e strutturato con società attraverso le quali può veicolare le tangenti mascherandole con subappalti: “a soldi non mi metto più con nessuno, sta finendo u tempo… il cash, io sono attrezzato, ormai, chiaro, piano piano e poi..”. 

Secondo gli inquirenti, dunque, Manganaro avrebbe costituito una serie di società a lui non riconducibili ai fini di ritrarne utilità sia in denaro contante “cash” come ebbe a dire il medesimo in uno dei dialoghi, sia a mezzo di contratti di subappalto. Ed è qui che entra in gioco anche Vincenzo Li Calzi, avvocato del foro di Agrigento e imprenditore nonché uomo di fiducia di Manganaro. Li Calzi è il legale rappresentante della Healthcare Innovation Srl ed è altresì amministratore di numerosi altri soggetti economici utilizzati per drenare tangenti attraverso fenomeni di sovrafatturazione, nonché trustee di due trust, uno dei quali costituiti mediante la destinazione di società del Manganaro.

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