Agrigento

Il lutto e la luce si addicono alla Sicilia

Non era mai accaduto che sulle nostre tv private l’inquadratura del Tempio della Concordia rimanesse per così lungo tempo muta e abbacinata di  sole. Faceva supporre qualcosa di strano a fronte di una mattinata di sole, di annuncio di primavera, nell’esplosione dei colori e dell’allegria solidale che la sfilata dei gruppi folcloristici aveva impresso nell’immaginario […]

Pubblicato 5 anni fa

Non era mai
accaduto che sulle nostre tv private l’inquadratura del Tempio della Concordia
rimanesse per così lungo tempo muta e abbacinata di  sole.

Faceva supporre
qualcosa di strano a fronte di una mattinata di sole, di annuncio di primavera,
nell’esplosione dei colori e dell’allegria solidale che la sfilata dei gruppi
folcloristici aveva impresso nell’immaginario collettivo. 

La notizia della
tragedia aerea nella quale aveva perso la vita l’assessore Sebastiano Tusa,
finalmente in Regione un uomo affidabile, colto e buono (come ha sottolineato
il sindaco Firetto) era trapelata a spizzichi fino alla definitiva conferma del
governatore Musumeci che così perde uno dei suoi uomini d’oro.

Un assessore – rileva
ancora Firetto- che credeva e stava costruendo un nuovo e più appropriato
rapporto tra Comune e Beni culturali e quindi col Parco Archeologico.

Adesso ci
ritroviamo un po’ tutti attoniti, sommersi dal “lutto e dalla luce destino
tragico della nostra Sicilia
”- ha 
scritto Gesualdo Bufalino nel suo impareggiabile “La luce e il lutto”
edito da Sellerio negli anni 90. Chissà, forse ci sarà stata la stessa luce
abbacinante e luttuosa della 74esima Sagra quando Antigone trasgredì il volere
di Creonte nel non dare sepoltura a suo fratello Eteocle. Un dilemma che si è
ripercosso ancora oggi tra le istituzioni nel dare significato ad una tragedia
che colpiva in vario modo i gruppi folcloristici ospiti.

Ben 33 le
nazioni coinvolte fra i 157 passeggeri dell’aereo etiope precipitato.

Già, come
sarebbe bello il mondo e soprattutto la Sicilia se non fosse solo il lutto a
unirci nella solidarietà e nella concordia. Forse non è un caso ma una
necessità che l’immagine simbolo del nostro Tempio della Concordia, così
universalmente celebrato ci consegni un monito e  un ulteriore suggerimento per noi siciliani
che spesso  avvertiamo fra la nostra
terra e il resto della Nazione come un sipario leggero, un sospetto, un astio
il cui veleno agisce sotto traccia.

Il suggerimento
di dover uscire da una insularità che è anche segregazione geografica, per la
cui uscita i nostri governanti continuano a fare poco.  

Un giorno o
l’altro Colapesce si stancherà di sorreggere questa Trinacria. E visto che
siamo in tema di Sagra e turismo, di 
questo non se ne è curato Vito Riggio (e i suoi sodali) che non ha
compreso la necessità di un aeroporto agrigentino.

Dovrebbe
preoccuparsene la Regione insieme a noi siciliani con la nostra Ragione sempre
in bilico tra Empedocle e Pirandello, tra mito e sofisma, tra calcolo e
demenza.

Questa Sagra
(noi continuiamo a chiamarla così) che si è svolta con straordinaria e attenta
partecipazione come non mai e con la presentazione eccellente di Gianfranco Iannuzzo
(solo lui poteva fronteggiare un finale così tragico) fa esplodere (come
decenni di dibattito parlamentare non hanno fatto) la dimensione ancora
inespressa di Agrigento e della Sicilia.

Non è superfluo
notare che nei giorni della Sagra si è registrata un’altra tragica contingenza
con la puntuale retata dei soliti ignobili che torturano la nostra terra e come
controcampo registriamo la presenza di un ambasciatore egiziano, Hashim Badr,
che ha dialogato con gli studenti 
parlando di Sacra Famiglia e di pace nel Mediterraneo. Contingenze non
casuali che dovrebbero corroborare la nostra posizione di cerniera fra
continenti e culture discordi; proprio noi, impastati di calcolo e istinto,
razionalismo europeo e magismo africano, condannati da sempre a subire sul
viso, come eroi pirandelliani, il sopruso di molte maschere, tutte attendibili
e tutte false.

Non si chiedono,
qui, indulgenze cosmetiche, la mafia esiste ma la sua esistenza non autorizza
una lettura mafiocentrica dei nostri comportamenti che spesso hanno la
diffidenza di “cani troppo a lungo bastonati” mentre invece più spesso è solo
pudore, solitudine, malinconia.

Sciascia ha
scritto che la “linea della palma va verso il Nord” (sicilianizzando il resto
d’Italia) oggi occorre dire che la Sicilia invade ed è invasa e non saranno
facili liste civiche ad avere la meglio, né gli insulti della chimica
inquinante (perenne scandalo peggio della “Diciotti”).

Bisogna
preparare un nuovo cartellone per quel teatro dei pupi che è la vita.

E di non abusare
della pazienza di Colapesce che se ne sta a sorreggerci  negli abissi dello Stretto.

0 commenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *