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La mafia dei pascoli nella Valle del Belice, giudizio abbreviato per cinque imputati 

L’inchiesta ipotizza il pervasivo controllo delle attivita’ agro-pastorali sul territorio di Santa Margherita del Belice, Montevago e Sambuca

Pubblicato 32 minuti fa

Sono stati ammessi tutti al giudizio abbreviato i cinque imputati coinvolti nell’operazione scattata nell’estate 2024 a margine dell’inchiesta sulla cosiddetta mafia dei pascoli nella Valle del Belice. Per due di loro – Pietro e Giovanni Campo, padre e figlio, 73 anni e 35 anni – si tratta di rito abbreviato condizionato dall’audizione di due testimoni. Altri tre imputati – Pietro Guzzardo, 46 anni, Domenico Bavetta, 44 anni, e Pasquale Ciaccio, 58 anni – sarà giudizio abbreviato secco. Lo ha disposto il giudice per l’udienza preliminare del tribunale di Palermo, Carmen Salustro.

Gli imputati, tutti vecchie conoscenze della mafia belicina, sono accusati di estorsione e illecita concorrenza aggravati dal metodo mafioso. Nell’estate 2024 il blitz della Squadra mobile ha portato all’arresto dei cinque indagati. Pietro Campo è certamente il personaggio di maggior spessore criminale. Il boss nel cuore dell’ex latitante Messina Denaro, per anni numero due della cupola agrigentina, sta scontando una condanna a 14 anni di reclusione. Il figlio Giovanni Campo è stato in passato coinvolto nell’operazione Icaro venendo tuttavia assolto. Anche Guzzardo, Bavetta erano stati coinvolti nell’operazione Icaro. Infine Pasquale Ciaccio, pastore di Santa Margherita Belice, tornato in libertà dopo aver scontato oltre 12 anni di reclusione nel processo scaturito dall’operazione “Scacco Matto”.

Le indagini, condotte dallo Sco, dalla Sisco di Palermo e dalle Squadre Mobili di Agrigento e Palermo hanno permesso di ipotizzare il pervasivo controllo e la gestione illecita delle attivita’ agro-pastorali sul territorio girgentano di Santa Margherita del Belice, Montevago e Sambuca di Sicilia fino al confine con Contessa Entellina. In particolare, sono stati registrati diversi episodi in cui gli indagati, avvalendosi del metodo mafioso, avrebbero costretto i proprietari ed i gestori dei terreni agricoli a cedere la disponibilita’ di ampie aree di terreno da adibire al pascolo abusivo del bestiame, imponendo il pagamento di canoni irrisori che, in taluni casi, non sarebbero stati nemmeno corrisposti. Il controllo dei terreni agricoli si sarebbe tradotto, in taluni casi, anche in un divieto di esercitare attivita’ agricole collaterali che alterassero il libero pascolo delle greggi, cosi’ imponendo di fatto uno stringente predominio su beni immobili altrui, anche funzionale alla massimizzazione dei profitti derivanti dalla produzione lattiero- casearia.

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