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La tragedia di Ravanusa, il bilancio è di 9 morti: una strage

Nove morti, un bimbo che tra poche ore sarebbe dovuto nascere - Samuele, questo il nome che era stato scelto per lui - e soltanto due sopravvissuti

Pubblicato 2 anni fa

Nove morti, un bimbo che tra poche ore sarebbe dovuto nascere – Samuele, questo il nome che era stato scelto per lui – e soltanto due sopravvissuti. E’ il bilancio pesantissimo della tragedia di Ravanusa che, col passare delle ore, si è trasformata in una strage. Tre giorni dopo quella terribile esplosione, avvenuta poco dopo le 20.30 di sabato sera nei pressi di via Galilei, tutti le persone coinvolte sono state recuperate. La maggior parte di loro, purtroppo, senza vita. Le ultime salme rinvenute in ordine di tempo sono state quelle di Calogero Carmina, 59 anni, e del figlio Giuseppe, 33 anni, sposato con due figli. Entrambi erano a pochi metri di distanza l’uno dall’altro nella zona del garage. Si erano visti proprio sabato con il figlio che aveva appena consegnato la macchina al genitore. Poi l’esplosione. I due Carmina si aggiungono ad una lista di altre sette persone i cui cadaveri sono stati recuperati in questi tre giorni dai Vigili del Fuoco che, anche a mani nude, hanno tentato fino all’ultimo momento di poter estrarre qualcuno ancora in vita. 

Il primo corpo ritrovato è stato quello di Pietro Carmina, professore di filosofia al Liceo Foscolo di Canicattì. Da tre anni era in pensione e proprio in queste ore riecheggia il monumentale discorso che il prof. – così era chiamato da tutti – aveva tenuto davanti la classe prima dell’ultima campanella: “Vorrei che sapeste che una delle mie felicità consiste nel sentirmi ricordato; una delle mie gioie è sapervi affermati nella vita – diceva Carmina nel suo discorso -. Una delle mie soddisfazioni la coscienza e la consapevolezza di avere tentato di insegnarvi che la vita non è un gratta e vinci: la vita si abbranca, si azzanna, si conquista.”

Altre due le vittime rinvenute pochi minuti dopo il professore: Maria Crescenza “Enza” Zagarrio e Calogera Gioacchina Minacori, per tutti Liliana. Due, invece, le sopravvissute – le uniche – a questo inferno: le cognate Giuseppa Montana e Rosa Carmina. Entrambe, dopo essere state estratte dalle macerie, sono state ricoverate all’ospedale di Licata in buone condizioni ma con il terribile fardello di non conoscere i destini degli altri familiari coinvolti. 

Il 13 dicembre, quarantotto ore dopo l’esplosione, la speranza è ancora viva e i soccorritori – oltre 140 Vigili del Fuoco, un notevole dispiegamento di forze dell’ordine e un esercito tra protezione civile, volontari e croce rossa – scavano anche a mani nude per strappare alla morte i dispersi. E invece, poco dopo l’alba, il ritrovamento di altri quattro cadaveri. Tra loro Selene Pagliarello, trentenne infermiera in servizio all’ospedale San Giovanni di Dio di Agrigento, al nono mese di gravidanza, e Giuseppe Carmina, suo marito. Si erano sposati, dopo il rinvio a causa del lockdown, lo scorso aprile. Poi la decisione di allargare la famiglia . Per il pargolo in grembo era stato scelto il nome di Samuele e sarebbe dovuto nascere proprio domani (15 dicembre). Una tragedia nella tragedia. Insieme a quelli della giovane coppia sono stati ritrovati poi anche i cadaveri di Carmela Scibetta, moglie del professore Pietro Carmina, dirigente del comune di Ravanusa, e Angelo Carmina, padre di Giuseppe.  Nel tardo pomeriggio di oggi (14 dicembre) si chiudono drammaticamente le ricerche con il rinvenimento degli ultimi due corpi: quello di Calogero Carmina e del figlio Giuseppe

Dopo la macchina dei soccorsi – però – in queste ore si è attivata anche quella degli inquirenti che – dopo aver preso atto di una vera e propria strage con 9 morti – adesso spinge sull’acceleratore fare luce sulle cause dell’esplosione ed accertare soprattutto eventuali responsabilità. Si indaga per omicidio e disastro colposo. Sotto la lente di ingrandimento dei magistrati – il procuratore capo Luigi Patronaggio, l’aggiunto Salvatore Vella ed il sostituto Sara Varazi – la rete del metano del paese dell’agrigentino, eventuali lavori effettuati e segnalazioni giunte. Cosa si è fatto e cosa, forse, non si è fatto. Per questo motivo la Procura ha nominato un pool di investigatori formata dai carabinieri della Compagnia di Licata, dai militari del Nucleo Investigativo di Agrigento e dal Nucleo Investigativo dei Vigili del Fuoco. Al loro fianco ci saranno dei tecnici guidati dall’ingegnere Antonio Barcellona

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