Agrigento

Reddito di cittadinanza a mafiosi e detenuti: tutti i nomi degli indagati

Tre operazioni contro i ‘furbetti’ del reddito di cittadinanza tra Agrigento, Catania e Pescara, mentre continua il dibattito sulla misura approvata dal primo governo Conte. La Guardia di finanza agrigentina ha sequestrato 11 social card ad altrettante persone legate alla mafia, che sono state segnalate all’Inps. La maxi truffa scoperta ammonta ad almeno 300mila euro. […]

Pubblicato 3 anni fa

Tre
operazioni contro i ‘furbetti’ del reddito di cittadinanza tra Agrigento, Catania
e Pescara, mentre continua il dibattito sulla misura approvata dal primo
governo Conte.

La Guardia
di finanza agrigentina ha sequestrato 11 social card ad altrettante persone
legate alla mafia, che sono state segnalate all’Inps.

La maxi
truffa scoperta ammonta ad almeno 300mila euro. Gli indagati sono al momento
69, però sono in corso ulteriori accertamenti che, “ove dovessero
confermare le ipotesi investigative formulate, porterebbero ad un numero ben
maggiore di indagati”, fa sapere il procuratore capo Luigi Patronaggio, al
lavoro con il sostituto Gloria Andreoli. Tutti sono stati, segnalati all’Inps,
che ha fornito una preziosa collaborazione, per la revoca dell’erogazione del
contributo illecitamente riscosso.

Sono in
corso – secondo quanto rende noto Patronaggio – ulteriori indagini per
identificare altri illegittimi percettori del reddito di cittadinanza , sia per
l’esistenza di condizioni soggettive ostative alla erogazione che per
l’esistenza di concomitanti rapporti di lavoro “in nero”.

Questi i
nomi delle persone che hanno avuto sequestrata la social card perché  – secondo Procura e Guardia di finanza – non avevano
i titoli per richiederla ed ottenerla:

Ignazio
Sicilia, favarese di 45 anni (arrestato e condannato nell’ambito
dell’operazione San Calogero), cugino del capo della famiglia mafiosa di
Agrigento, Antonio  Massimino;
ripetutamente tirato in ballo dal pentito favarese Giuseppe Quaranta;

Enzo
Quaranta, 50 anni, arrestato e condannato nell’Operazione Face-off che
disarticolò la mafia della bassa Quisquina; emissario dell’allora boss, oggi
pentito, Maurizio Di Gati;

Luigi
Messana, canicattinese di 62 anni, arrestato e condannato nel’ambito
dell’operazione Agorà che mise in luce gli interessi diretti della mafia di
Giuseppe Falsone nella realizzazione del centro commerciale di Castrofilippo;

Giovanni
Calogero Scozzaro, campofranchese di 57 anni ma residente a Casteltermini,
indicato da Di Gati quale mafioso appartenente al mandamento della Montagna;
direttamente coinvolto e condannato nell’operazione operazione Kamarat;

Carmelina
Virone, moglie di Roberto Travali arrestato nell’ambito dell’operazione San
Calogero, genero di uno dei capi storici della mafia agrigentina, quella degli
anni 70-80: Giuseppe Virone;

Paola
Quaranta, favarese di 42 anni, moglie di Francesco Morreale, inteso “Maranna”,
coinvolto nell’operazione Camaleonte che mise in luce i contatti tra i boss
agrigentini guidati da Peppe Falsone e i boss palermitani attraverso un
complicato giro di pizzini;

Calogera
Sferlazza, favarese di 46 anni, moglie di Francesco Caramazza arrestato nel
corso dell’operazione Maginot che disarticolò il giro di fiancheggiatori che
permise la latitanza di Giuseppe Falsone poi scovato a Marsiglia, in Francia;

Rosalia
Calacione, favarese di 46 anni, moglie di Gerlando Morreale “Maranna”,
coinvolto nell’operazione Agorà che mise in luce gli interessi diretti della
mafia di Giuseppe Falsone nella realizzazione del centro commerciale di
Castrofilippo;

Lucia
Cacciatore, figlia di Carmelo, detto Ciruzza, arrestato nel corso
dell’operazione Maginot che disarticolò il giro di fiancheggiatori che permise
la latitanza di Giuseppe Falsone poi scovato a Marsiglia, in Francia;

Maria
Spoto, 60 anni di Casteltermini, sorella di Vincenzo, 62 anni, arrestato dalla
Dia di Agrigento il 10.12.1999, mentre si trovava in Romania. Nel 2007 è
destinatario di ordinanza di custodia cautelare in carcere per il reato di cui
all’articolo 416 bis;

Claudio
Cusumano, agrigentino di 57 anni, finito al centro di plurime inchieste su
mafia e droga.

Ma gli
accertamenti hanno riguardato anche Pescara e Catania. Nella città abruzzese
sono scattate 14 denunce ad altrettanti percettori di reddito di cittadinanza
senza requisiti, per 95mila euro in totale. Secondo la Gdf, il beneficio è
stato ottenuto mentre erano in stato di detenzione carceraria, oppure non hanno
comunicato la carcerazione loro o di familiari conviventi. Tra i detenuti
scoperti dalle fiamme gialle, le cui famiglie hanno percepito il sussidio,
figurano soprattutto arrestati per traffico di sostanze stupefacenti, ma anche
con le accuse di usura, estorsione e furto. Sono cinque, invece, i ‘furbetti’
del reddito scoperti ad Aci Bonaccorsi (Catania) e denunciati dai carabinieri di
Viagrande. Fra loro, anche un pluripregiudicato condannato per associazione
mafiosa con il clan Laudani. Il 58enne è sottoposto a sorveglianza speciale con
obbligo di soggiorno. Il secondo denunciato è un 76enne che percepiva anche la
pensione di invalidità senza alcuna riduzione. Quest’ultimo aveva dichiarato di
essere l’unico componente del nucleo familiare mentre in realtà viveva con
altre cinque persone. Denunciate anche tre donne, fra cui una 30enne,
componente di una famiglia di 12 persone, che nell’autocertificazione ne aveva
riportato solo cinque (lei e i figli minorenni).

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