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Storia di  “Tanu u curtu”: in rapporti con Fabrizio Corona e ucciso a Canicattì

Tra le carte dell’inchiesta emerge un caso di “lupara bianca”: l’omicidio di Gaetano Cantarella,

Pubblicato 2 ore fa

La “super mafia” a tre teste, ossia un’alleanza per gli affari in Lombardia tra affiliati a Cosa Nostra, ‘ndrangheta e camorra, esiste. A confermare il quadro tracciato negli ultimi anni dall’inchiesta Hydra della Dda di Milano e dei carabinieri del Nucleo investigativo, e a svelare ancora dettagli, arrivano le parole di un nuovo pentito, William Alfonso Cerbo, 43 anni detto “Scarface” e che è stato il “collettore economico a Milano del clan Mazzei di Catania”.

“Posso dire di essermi trovato in mezzo alla nascita di questo sistema”, ha spiegato Cerbo, che nell’associazione mafiosa avrebbe portato avanti soprattutto bancarotte e truffe, in sei verbali, tra settembre e ottobre, e in un lungo memoriale, collaborando coi pm della Dda Alessandra Cerreti e Rosario Ferracane. Lo chiama “nuovo sistema” o “sistema lombardo” e sarebbe stato attivo tra Milano e Varese, con legami anche col mandamento di Castelvetrano (Trapani), quello di Matteo Messina Denaro.

La novità è emersa nella maxi udienza del procedimento a carico di 146 persone, tra abbreviati e udienza preliminare, davanti al gup Emanuele Mancini (rinvio al 4 novembre), nel corso della quale il procuratore Marcello Viola e i pm hanno depositato gli atti di indagini integrative, tra cui appunto quei verbali e riscontri con intercettazioni. Tra i vari capitoli messi a verbale da Cerbo anche diversi riferimenti a personaggi più o meno noti. Cantarella, “storico affiliato al clan Mazzei”, avrebbe avuto “rapporti con Fabrizio Corona, che in più occasioni si rivolgeva” a lui “quando aveva problemi su Milano o, come in un caso, in cui Corona gli chiese un recupero credito di 70mila euro da fare a Palermo per una truffa patita da un amico”.

Nel 2011, ha detto ancora, “ricordo che fece venire Corona e Cecilia Rodriguez alla mia discoteca ‘Bho'” di Catania. Le indagini erano passate anche per una decisione del gip che bocciò, nel 2023, gran parte degli arresti, poi però confermati da Riesame e Cassazione. E a Viola e Cerreti nei mesi scorsi era anche stata rafforzata la scorta per le minacce ricevute.

L’alleanza è nata nel 2019, secondo le dichiarazioni di Cerbo, e c’erano “Cantarella e Vestiti, in primis”, ossia Gaetano Cantarella, detto Tano, scomparso nel 2020 per un caso di “lupara bianca”, e Giancarlo Vestiti, tra gli imputati e che farebbe parte della camorra dei Senese. Un sistema “che si è alimentato anche grazie a me – ha aggiunto Cerbo – in quanto io in quel preciso momento storico ero a Milano a fare illeciti”. Negli atti anche passaggi relativi ad affari di Cerbo nel 2019 all’Ortomercato di Milano. “Una domenica sera andammo a cenare – ha spiegato il collaboratore – a casa di Lele Mora (…) Lui Lele Mora voleva sapere esattamente che tipo di frutta avrei potuto fornire, le quantità e la scontistica. Mi disse Lele – si legge ancora – che era in strettissimo rapporto con il presidente della Sogemi”. Parla della unione delle tre “compagini”: quando “assistetti personalmente al nascere di una coalizione tra il gruppo di Cantarella” ed il “gruppo di Vestiti”, tra cui Filippo Crea, “gli albanesi e un campano di bassa statura amico del giocatore Ciro Ferrara”, quest’ultimo non coinvolto nell’indagine. “Un giorno mi riservò un privé a nome del giocatore”, ha proseguito. “Solo così credo di liberarmi definitivamente da questo cancro”, ha scritto ancora nel memoriale per spiegare la sua scelta, per dare “un futuro migliore ai miei figli”.

Questo il resoconto dell’Ansa sulla vicenda che non fa cenno alle vicende agrigentine legate all’inchiesta Hydra, alla scomparsa di Cantarella che, lo ricordiamo  è avvenuta a Canicattì il 3 febbraio  del  2020  e che tra le carte dell’’inchiesta Hydra si ipotizza una confederazione tra Cosa nostra, Ndrangheta a Camorra in Lombardia. Un’inchiesta picconata dal gip Tommaso Perna che annovera tra gli indagati,  con alterne fortune giudiziarie, ben sei canicattinesi ma soltanto per due si sono aperte le porte del carcere e non per mafia: Gioacchino Amico, 41 anni, e Giuseppe Sorce, 50 anni. Vennero indagati a piede libero ii canicattinesi Giovanni Gatto, 45 anni; Maurizio Li Calzi, 53 anni; Maria Marino, 46 anni; Raimondo Orlando, 52 anni. Personaggio chiave dell’area agrigentina, Gioacchino Amico, oggi folgorato da unna crisi mistica. Sulle 153 posizioni ipotizzate dalla Procura, il  Gip ne convalida solo 11. Tra queste, quella di Amico, ma soltanto per traffico di droga. Mafia? “Una costruzione teorica”, scrive il giudice.  Ma la Procura fa ricorso. Il Riesame ribalta la decisione: riconosce l’esistenza di una struttura mafiosa, e conferma i provvedimenti anche per Amico. La Cassazione chiude il cerchio: tutto legittimo, il processo può partire.

Tra le carte dell’inchiesta emerge, ad esempio (ma non ci sono incriminazioni, anche se il nuovo pentito potrebbe aprire squarci di verità) un caso di “lupara bianca”: l’omicidio di Gaetano Cantarella, scomparso misteriosamente il 3 febbraio 2020. Per gli inquirenti milanesi nell’omicidio ci sarebbe un “diretto e pregnante coinvolgimento di Gioacchino Amico e Raimondo Orlando.

Ma partiamo dall’inizio.

Chi è Gaetano Cantarella? Detto “Tano u curtu”, arrestato e poi assolto in una operazione antimafia sul clan dei “carcagnusi” di Catania, è il cugino della moglie del boss Santo Mazzei. Alla base del delitto, secondo la Procura, ci sarebbero stati dissidi di natura economica tra Cantarella e Amico. Quest’ultimo, insieme ad Orlando, è una delle ultime persone ad aver visto in vita “Tano u curtu”. Gli inquirenti avevano cominciato da poco a monitorare i suoi spostamenti. L’1 febbraio 2020 Cantarella tornava a Catania e, il giorno dopo, si accordava per incontrarsi con Amico a Canicattì. Così avviene il 3 febbraio. Il gps installato sulla Fiat Panda di “Tano u curtu” traccia il suo percorso da Catania a Canicattì dove arriva intorno alle 11 del mattino. Da quel momento in poi non si avranno mai più sue notizie. 

Una ricostruzione, quella del caso di lupara bianca, che è stata letteralmente smontata dal Gip del tribunale di Milano che definisce l’ipotesi della Procura “Una mera speculazione priva del sia pur minimo appiglio indiziario”.

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