Cultura

La recita “impossibile” dell’uomo dal fiore in bocca

Ancora un bel cammeo pirandelliano offerto da Sicilia Teatro e il Parco archeologico Valle dei templi

Pubblicato 1 anno fa

Ancora un bel cammeo pirandelliano ci offre Sicilia Teatro e il Parco archeologico Valle dei templi.  Al Palacongressi di Agrigento  è andato in scena un adattamento di Roberto Cavosi  tratto da L’uomo dal fiore in bocca per Sebastiano Lo Monaco, Claudio Mazzenga e Barbara Capucci.

L’azione si svolge non più in una stazioncina di provincia ma in una stanza d’ospedale dove consuma i suoi giorni il “capocomico” malato terminale e ospite amicale l’attore che doveva interpretare l’avventore della commedia pirandelliana.

Garbata e silenziosa presenza una infermiera (Barbara Capucci) che poi si scopre essere la “moglie-cagna” che nel testo originale voleva morire con “l’uomo”.

All’inizio un lontanissimo sferragliare di treno mentre prende quota un solenne pizzicato di pianoforte insieme ai bip-bip dei monitor di controllo che accompagneranno i dialoghi sospesi  a una stringente dialettica che nulla potrà consolare a fronte dell’ineluttabile fine che attende il protagonista.

Fino alla fine tutto rimane in bilico tra il mancato sogno di andare in scena e la reale attesa della morte. Una lunga attesa esistenziale che richiama atmosfere beckettiane dove il “malato terminale” si batte come una belva in gabbia per non rimanere incastrato nell’attesa di un Godot che non arriverà mai.

E qui l’attore Lo Monaco coglie in pieno la complicità che gli offre il testo di Roberto Cavosi, espandendo la sua recitazione omerica ed epicamente divertita nel rievocare gli slanci e le sonorità vocali dei numerosi personaggi pirandelliani da lui  interpretati (Ciampa, per esempio o Enrico IV) . Una piccola summa ragionata in bilico tra utopia che sfuma e il realismo tragico che incombe.

Lo annota lo stesso regista Alessio Pizzech che nelle sue note scrive come “il teatro resta l’unica realtà in grado di afferrare il mutante presente”.

E questo potrebbe essere la prova provata che “L’uomo dal fiore in bocca” rimarrà un testo di assoluta eternità sotto tutti i cieli.

Nel testo originale “L’uomo dal fiore in bocca” si eclissava cordialmente raccomandando all’avventore di scegliere copiosi i fili d’erba “in su la proda” perché “quanti fili saranno tanti giorni mi resteranno”, in questa messa in scena Lo Monaco sottolinea quasi con estremo compiacimento il “potere di queste parole letterarie”  in una interminabile agonia cui mette fine la “moglie-infermiera-cagna che stende sul quel povero corpo un bianco sudario da obitorio. L’infermiera Barbara Capucci non dice mai una parola, i gesti e le movenze del  corpo e del viso la pongono direttamente come protagonista di una commedia a maggior gloria di Pirandello.

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