Favara

Favara, consulente del lavoro accusato di truffa e falso chiede di patteggiare

Ha chiesto di patteggiare la pena con un accordo che però dovrà essere sottoposto al vaglio del giudice monocratico Micaela Raimondo. Tenta di definire la sua posizione con il patteggiamento il consulente di Favara – Pietro Patti, 46 anni – che era stato citato direttamente a giudizio per le ipotesi di reato di truffa e […]

Pubblicato 4 anni fa

Ha chiesto di patteggiare la pena con un accordo che però dovrà essere sottoposto al vaglio del giudice monocratico Micaela Raimondo. Tenta di definire la sua posizione con il patteggiamento il consulente di Favara – Pietro Patti, 46 anni – che era stato citato direttamente a giudizio per le ipotesi di reato di truffa e falso. La vicenda risale al 2015 ma approda in Tribunale soltanto adesso. Una pratica consegnata nelle mani di un consulente, al fine di ottenere degli sgravi fiscali, si sarebbe trasformata in una truffa di oltre 30 mila euro.

Oltre il danno anche la beffa. Il cliente, una volta scoperto il presunto inganno e dopo aver maturato per questo motivo un debito con l’Inps pari a 24.441,22€, avrebbe anche ricevuto a titolo di risarcimento (tramite scrittura privata) tre assegni per un importo complessivo di 34 mila euro ma, quando si è presentato per incassare l’importo, gli stessi si sono rilevati privi di copertura.Il cliente, che oggi riveste il ruolo di persona offesa difesa dall’avvocato Sergio Baldacchino, si era recato presso un noto studio di consulenza fiscale e del lavoro a Favara. Il collaboratore Patti,difeso dall’avvocato Giuseppe Barba, secondo la Procura di Agrigento, avrebbe tentato di dissimulare le proprie negligenze mediante raggiri consistenti nel fornire al cliente falsi documenti quali l’attestazione di due cancellazioni ipotecarie nonché la concessione dello sgravio delle cartelle esattoriali da parte di Riscossione Sicilia spa e dell’Agenzia delle Entrate. Vi è di più. Non appena il cliente si accorge di alcune anomalie il consulente avrebbe tentato, mediante scrittura privata, di porre rimedio a quanto sopra fornendo al cliente tre assegni bancari dal valore complessivo di 34 mila euro a titolo di risarcimento. Gli assegni, in seguito, si sono rivelati scoperti. 

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