Giudiziaria

Disabile morto in comunità, 8 prosciolti: il mistero resta

La strana storia di Salvatore Milana, del padre suicida e della lettera misteriosa

Pubblicato 1 anno fa

“Il povero Salvatore Milana è finito in un tritacarne, è stato picchiato e forse abbandonato ma non ci sono condotte penalmente rilevanti oltre a quelle già accertate di maltrattamenti”.

Con queste motivazioni il Gip di Agrigento, Francesco Provenzano, ha archiviato l’inchiesta per la morte del disabile psichico quarantottenne deceduto dopo una caduta all’interno della comunità “Pegaso” di Naro dove alloggiava.

Secondo i familiari, che si erano opposti alla chiusura del caso e adesso chiedono nuove indagini, la tragedia poteva essere evitata se i medici e gli operatori della stessa struttura avessero avuto un comportamento meno superficiale nella gestione del caso.

“Anzichè prestargli adeguata assistenza per curargli l’infezione bronco-polmonare è stato lasciato in balìa dell’operatore della comunità che lo ha picchiato al volto e alla testa con brutalità e orrore”, afferma l’atto di accusa dell’avvocato Antonino Catania, legale dei fratelli del disabile in seguito alla condanna definitiva di Ali Yusuf, 34 anni, originario di Mogadiscio, al quale sono stati inflitti due anni e sei mesi di reclusione per l’accusa di maltrattamenti.

Il difensore insisteva e chiedeva di non archiviare l’indagine a carico di due medici dell’ospedale Barone Lombardo di Canicattì, dello stesso Yusuf (per l’accusa di averne provocato la morte oltre a quella, già riconosciuta con sentenza definitiva, di averlo picchiato) e di altri cinque operatori della comunità, finiti sotto inchiesta per l’accusa di omicidio colposo.

Secondo il Gip, che ha esaminato un’ulteriore consulenza medica, non sono emersi elementi che provino la responsabilità degli indagati e non ci sarebbe un nesso fra la loro condotta e la morte del disabile, avvenuta il giorno di Capodanno del 2014.

Secondo la consulenza medico-legale, la morte sarebbe avvenuta per una patologia genetica del sangue che non si sarebbe potuta curare e risolvere adeguatamente.

I familiari di Salvatore Milana insistono: “Rispettiamo la decisione del Gip ma non la condividiamo; purtroppo ci sono elementi di questa vicenda non ancora chiariti. Concordiamo che l’unica strada da percorrere è quella di sollecitare un nuovo progetto investigativo, una rilettura del materiale probatorio già in possesso del Pubblico ministero e, dal nostro punto di vista, ci sono i presupposti per una riapertura delle indagini”.

Finisce così l’iter processuale, almeno per il momento, che ha contraddistinto la vicenda umana e giudiziaria di Salvatore Milana che comprende anche tre richieste di archiviazione dall’accusa di omicidio, tre atti di opposizione (due già accolti) tesa far luce definitivamente sulla morte del giovane disabile licatese avvenuta all’interno della comunità alloggio per disabili  sita a Naro.

Una vicenda tristissima che ha fatto già due vittime: Salvatore Milana, il paziente ricoverato ed il suo genitore, Filippo, che tra rinvii e nuove fissazioni di udienze e processi (tutto cominciò l’uno gennaio 2013), si è suicidato.

Non trova pace manco da morto Salvatore Milana, morto in circostanze ancora oggi non chiare così come il suo papà che è stato era il vero promotore di ogni iniziativa giudiziaria nel tentativo di rendere giustizia al figlio disabile morto, avanzando serissimi dubbi, molti dei quali confermati nei processi sinora svolti, sulle reali cause che hanno determinato il decesso.

L’avvocato Antonino Catania che assiste i familiari della vittima ha già preannunciato nuove iniziative giudiziarie. Per la parte civile, che continua a dare battaglia, il disabile andava ricoverato per una corretta diagnosi già dal 29 dicembre (primo accesso al Pronto soccorso) e, a maggior ragione, il 31 dicembre (giorno del decesso).

In questo contesto giudiziario, certamente non spedito, si inseriscono alcune vicende che sono oltremodo significative e danno luce diversa agli accadimenti. Come ad esempio la storia di un biglietto che, durante il funerale di Salvatore, fu consegnato al padre da un operatore della comunità. Bigliettino che è stato prodotto nel processo (con condanna) scaturito a carico di Alì Yusef Mohamed, 26 anni, residente a Canicattì, operatore ausiliario della comunità dove si trovava ricoverato Salvatore Milana, per il reato di maltrattamenti.

In buona sostanza con quel biglietto  sono date indicazioni al papà, pur nella sua genericità, secondo cui  il figlio non era morto per cause naturali.

A ciò si aggiunge un altro fatto certamente non consueto: un altro ospite della comunità che si rivolge ai carabinieri di Naro dicendo che non poteva portare questo peso dentro. E racconta dei suoi dubbi, dei suoi sospetti.

Centrale nel mettere Filippo Milana  sulla pista almeno alternativa se non giusta, insospettito dai lividi sul corpo del figlio, la lettera fattagli recapitare il giorno del funerale da un operatore della comunità. Poche righe, ma significative: “Adesso il Paradiso si arricchirà di un nuovo Angelo, nato innocente, vissuto per espiare le colpe dell’Umanità, morto per mano di pochi miserabili. Spero che la giustizia terrena e divina trionfi”.

Per Filippo Milana, genitore poi sopraffatto dal peso di questa incredibile vicenda quelle parole contenevano la chiave per la ricostruzione dei fatti.

Ma non è andata come sperava anche da lassù.

0 commenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *