Giudiziaria

L’inchiesta su Cuffaro e le indagini “appalti e mazzette” ad Agrigento: diversi “punti di contatto”

Due procure diverse, due attività investigative distinte e separate che però trovano diversi “punti di contatto” in alcune figure

Pubblicato 11 ore fa

Due procure diverse, due attività investigative distinte e separate che però trovano diversi “punti di contatto” in alcune figure. L’inchiesta della procura di Palermo sul “comitato di affari” guidato dall’ex governatore Totò Cuffaro viaggia (apparentemente) su un binario parallelo a quella della procura di Agrigento nota a tutti come “appalti e mazzette”. Entrambe le procure – guidate da Maurizio de Lucia e Giovanni Di Leo – ipotizzano un vero e proprio “sistema” in grado di indirizzare appalti e nomine anche attraverso la corruzione. Nell’inchiesta palermitana il promotore sarebbe, appunto, il leader della Dc Totò Cuffaro mentre in quella agrigentina l’ex assessore regionale Roberto Di Mauro. Le due inchieste sembrano non toccarsi mai ma ci sono nomi e cognomi che emergono nella prima tanto quanto nella seconda. Il primo “punto di contatto” è rappresentato dai Capizzi, imponente gruppo imprenditoriale della Sicilia orientale. Il secondo, invece, dall’imprenditore favarese Alessandro Vetro. 

IL GRUPPO CAPIZZI

Nell’inchiesta di Palermo compare spesso il nome di Giuseppe Capizzi (classe 1991), evidentemente molto interessato al settore della Protezione civile regionale. Diverse le conversazioni intercettate e gli incontri con Cuffaro al quale avrebbe chiesto la sua intermediazione per ‘avvicinare’ il capo della Protezione civile regionale Salvo Cocina e “verosimilmente – dicono i pm – versargli somme di denaro in vista delle lucrose gare pubbliche indette dall’ente pubblico da lui gestite”. Capizzi (classe 1991) è il cugino omonimo di Giuseppe (classe 1987), sindaco di Maletto, uno dei protagonisti dell’inchiesta “appalti e mazzette” della procura di Agrigento. Una delle società del gruppo Capizzi – dove entrambi i Giuseppe ricoprono ruoli di vertice nella gestione – ha vinto l’appalto di 40 milioni di euro per il rifacimento della rete idrica della Città dei templi. Una gara che per gli inquirenti sarebbe stata in qualche modo “pilotata”. Il più giovane dei Capizzi appare adesso nell’indagine palermitana. L’8 gennaio del 2024 Cuffaro e l’imprenditore si trovano a casa dell’ex presidente e secondo l’accusa parlano di gare. L’imprenditore, dopo aver introdotto un argomento riguardante Cocina, domanda a Cuffaro come si dovesse comportare nei suoi confronti. “Ma ma noi altri… dobbiamo mettere sotto quella testa di m…di Cocina”, dice Capizzi. “Ma… te l’ha fatta quella cosa o no?”, chiede Cuffaro. “Ma quando mai! Totò!” spiega Capizzi. “Ma gli avete dato i soldi, picciotti!”, sbotta Cuffaro. Per i pm i due interlocutori, anche nel momento in cui si lamentano dell’operato di Cocina e delle sue inadempienze nonostante la dazione di denaro, si riferiscono a una procedura di gara. “D’altra parte, non troppo tempo addietro, – si legge nella richiesta della Procura – i due avevano per la prima volta evocato il nome di Cocina nell’ambito di una conversazione su offerte, controfferte, lotti di gara e interlocuzioni con un non meglio precisato direttore, a questo punto da identificarsi proprio con il vertice della protezione civile siciliana”. In un’altra intercettazione Cuffaro chiama Cocina dal cellulare. Dopo un breve scambio di battute, Cuffaro chiede un appuntamento al suo interlocutore che glielo fissa subito. Chiusa la telefonata con Cocina, Cuffaro rimprovera Capizzi per non aver seguito il suggerimento di aspettare prima di dare il denaro. “Ma scusa quando dicevo non glieli dare… minchia … io ti dicevo di non dare ah…io… perché conoscevo…perché a… i cioccolati quando sono buoni, uno se li deve mangiare non che li deve dare…”, dice l’ex governatore. 

L’IMPRENDITORE DI FAVARA

Il secondo nome che ricorre tanto nell’inchiesta palermitana quanto in quella agrigentina è quello di Alessandro Vetro, 45 anni, imprenditore edile di Favara. In entrambi i casi l’accusa è corruzione. Nell’indagine della procura di Agrigento – secondo quanto ipotizzato dai pm – è uno dei protagonisti dell’appalto relativo alla riqualificazione dello storico stadio “Dino Liotta” di Licata per un importo di 300 mila euro. Per gli inquirenti l’imprenditore avrebbe ricevuto dal burocrate Alesci i lavori in subappalto circa un anno prima della ratifica dell’autorizzazione permettendo così di presentare lo stato di avanzamento dei lavori e incassare la somma. Al riguardo emerge anche un episodio, così ricostruito da inquirenti e investigatori, che configurerebbe appunto il reato di corruzione per atti contrari ai doveri di ufficio: il dirigente comunale Alesci avrebbe suggerito all’imprenditore di Favara di portare parte del manto erboso dello stadio Dino Liotta – due rotoli di erba sintetica lunghi 60 metri – a casa di un’amica del burocrate. Vetro è indagato anche nell’inchiesta sul “comitato di affari” che coinvolge direttamente Totò Cuffaro. In questo caso – secondo quanto prospettato dalla procura di Palermo che ha chiesto nei confronti dell’imprenditore gli arresti domiciliari – Vetro avrebbe consegnato una mazzetta di 25mila euro all’ex governatore siciliano affinché la recapitasse al direttore del Consorzio di Bonifica Tomasino “per orientare, anche mediante collusioni e accordi occulti tra di loro aventi ad oggetto l’esercizio strumentale della discrezionalità amministrativa e delle facoltà spettanti al Direttore, l’esito degli appalti che sarebbero stati in futuro aggiudicati”.

(Nella foto il procuratore di Palermo, Maurizio de Lucia, con il procuratore di Agrigento, Giovanni Di Leo. Al centro il prefetto Salvatore Caccamo)

0 commenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Grandangolo Settimanale N. 40 - pagina 1

Continua a sfogliare

Le pagine successive sono oscurate: acquista il numero completo per leggere tutto il settimanale.

banner omnia congress