Giudiziaria

Omicidio Castronovo: sangue chiama sangue

Oggi prima riunione operativa tra il procuratore Vella e gli investigatori. Disposta l'autopsia

Pubblicato 1 anno fa

Dopo il brutale assassinio di Angelo Castronovo, il bracciante agricolo sessantacinquenne di Palma di Montechiaro ucciso ieri in un agguato nelle campagne di contrada Cipolla” sono stati riesumati tutti gli impolverati fascicoli giudiziari riguardanti la vittima nel tentativo di ricavare elementi utili per le indagini svolte dai carabinieri della Compagnia di Licata, della stazione di Palma di Montechiaro e del reparto operativo di Agrigento, coordinati dal procuratore capo facente funzioni Salvatore Vella e dal sostituto procuratore Giulia Sbocchia.

Proprio stamani in procura, presieduto dal procuratore capo si è svolta una riunione operativa presenti il sostituto procuratore Sbocchia e i vertici dei carabinieri – reparto operativo – ten. col. Bulla e maggiore Balestra, per fare il punto della situazione e valutare gli elementi raccolti stanotte con le investigazioni del dopo delitto. E’ stata disposta anche la perizia necroscopica che verrà eseguita nelle prossime ore.

Con evidenza assolutamente lampante dal primo esame degli atti esistenti, viene fuori il primo elemento importante che oggi nessuno potrà sottovalutare. Gli investigatori già nel 2020 in occasione della retata che aveva decimato le famiglie Rallo ed Azzarello da sempre in rotta di collisione e determinato l’arresto di Castronovo erano stati molto chiari sottoscrivendo nelle loro informative che: “La guerra tra le famiglie Rallo e Azzarello si protrae sino ad oggi, e gli elementi acquisiti rendono tutt’altro che sedata, ma al contrario, concretamente temibile, e che, sino ad ora, ha mietuto già due vittime”.

Una cambiale messa sul banco dei magistrati che prevedeva con largo anticipo non una nuova faida ma la prosecuzione di quella esistente.

Ed ecco il terzo morto ammazzato, Angelo Castronovo, appunto, che – come vuole buonsenso e cultura giuridica – non va annoverato con certezza nell’elenco delle vittime della faida e che – secondo prudenza giornalistica – va scritta l’ormai trita e ritrita frase di circostanza secondo la quale: saranno le indagini a stabilire cosa realmente accaduto.

Ma sappiamo bene che le cose non stanno così.

Senza eccessiva prudenza e con i dati che emergono dalle precedenti investigazioni si può certamente ipotizzare che se Castronovo fosse rimasto in carcere oggi sarebbe ancora un uomo vivo. E, aiuta a propendere per questa ipotesi l’intero lavoro investigativo fino ad ora svolto e consacrato da più rapporti giudiziari.

Secondo quanto ricostruito nel corso delle indagini, infatti, l’origine della faida tra le famiglie è da ricondurre al furto di un mezzo agricolo nel 2013 commesso dai fratelli Ignazio ed Enrico Rallo ai danni di Salvatore Azzarello. Un messaggio che per alcuni in queste porzioni di terra suona come un affronto.

Inizia la faida, come sottoscritto dagli investigatori in più atti giudiziari: ”il 9 novembre 2015 Enrico Rallo, attirato in una trappola davanti ad un bar di Palma di Montechiaro, viene ferito da Salvatore Azzarello con tre colpi di arma da fuoco e morirà quasi un mese più tardi all’ospedale Civico di Palermo. Nessuno collaborerà alle indagini. Il 22 agosto 2017 la vendetta: un commando formato da Ignazio Rallo, Roberto Onolfo e Giuseppe Rallo – a bordo di un pick-up rubato al corpo Forestale di Licata – affianca il trattore su cui è seduto Salvatore Azzarello ed esplode colpi con due differenti armi uccidendo il bracciante agricolo.

In pochi sapevano dove si trovava la vittima in quel momento.

Queste le ricostruzioni di Polizia e Carabinieri che hanno avuto alterni esiti giudiziari ma che certificano che ci troviamo davanti ad una brutta storia di sangue e di violenze che, come affermò il procuratore della Repubblica di quel tempo, Luigi Patronaggio il giorno della retata: “E’maturata in un contesto altamente degradato. Abbiamo lavorato in un ambiente fortemente omertoso, dove viene negato l’evidenza e non si collabora, la tristezza che viene fuori da queste due vicende è che piangiamo morti ma non ci si rivolge alle istituzioni ancora nel 2020”.

Sullo sfondo due gruppi criminali strettamente legati dal vincolo di consanguineità, peraltro individuati qualche tempo prima grazie all’operazione “Switch on” con arresti che avevano decapitato bande di ladri seriali e rapinatori.

Gruppi che avevano scantonato, usciti fuori da un recinto, il territorio di Palma di Montechiaro, controllato centimetro dopo centimetro da mafia e stidda. I delitti avevano accresciuto le attenzioni delle forze dell’ordine e ciò aveva provocato molti fastidi ai boss locali. Che, come raccontano sempre le carte, sono intervenuti pesantemente sulle due famiglie in lotta per frenare la faida minacciando, nel caso di prosecuzione dei dissidi, gravi conseguenze.

Oggi, l’omicidio Castronovo rafforza un movente, una ipotesi investigativa, secondo cui sangue chiama sangue. E, secondo arcaiche usanze, i morti in famiglia vanno vendicati.

Questo lo scenario che disegna passato, presente e futuro dell’omicidio di Angelo Castronovo che viene movimentato dalle attività di routine –  come riferito stamani dall’Ansa – secondo cui nella notte sono state setacciate più magazzini, case rurali e abitazioni, numerose prove dello stub. Gli esiti dei tamponi, capaci di raccogliere tracce di esplosivo, arriveranno nei prossimi giorni. Sono state sentite anche diverse persone, oltre all’automobilista di passaggio che ha visto il cadavere di Castronovo e ha chiamato il 112.

Un’ultima annotazione: si ha la fondata impressione che la raccolta di tracce e indizi questa volta sia stata particolarmente copiosa e utile.

Siamo in attesa di sviluppi in tempi brevi.

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