Giudiziaria

Processo Saguto, pm Bonaccorso: “Chiederò pene severe”

La mostra a lunga durante i 40 minuti di dichiarazioni spontanee ma alle fine, nonostante la reiterata richiesta del pm Maurizio Bonaccorso, non la deposita agli atti. La protagonista è ancora l’agendina azzurra di Silvana Saguto, l’ex giudice delle misure di prevenzione che ha portato in aula il libretto contenente i nomi che le avrebbero […]

Pubblicato 4 anni fa

La mostra a
lunga durante i 40 minuti di dichiarazioni spontanee ma alle fine, nonostante
la reiterata richiesta del pm Maurizio Bonaccorso, non la deposita agli atti.

La protagonista
è ancora l’agendina azzurra di Silvana Saguto, l’ex giudice delle misure di
prevenzione che ha portato in aula il libretto contenente i nomi che le
avrebbero suggerito “magistrati e avvocati” per le nomine di
amministrazioni giudiziarie.

“Mi attengo
a quanto dice il mio difensore- dice- e se mi dice di non consegnarla non lo
faccio”.

“Io ho dato
tutto quello che ho potuto e ho gestito con il massimo della diligenza
possibile. Gli errori sono sempre possibili”. Silvana Saguto, ex
presidente della sezione Misure di Prevenzione del Tribunale di Palermo,
protagonista principale del processo sul cosiddetto Sistema Saguto, ha concluso
con queste parole le sue dichiarazioni spontanee rese stamane nel corso
dell’udienza all’aula bunker di Caltanissetta. “Mi è capitato una volta di
nominare un perito nuovo: un ragazzo – ha ricordato -, che stando a quanto mi
era stato detto quella perizia non la sapeva fare. E quindi informalmente ho
incaricato un’altra persona. Quello che noi guardavamo era il buon andamento generale
e comunque nel massimo della trasparenza. I miei provvedimenti sono tutti
motivati. Quella che non motivava mai era la dottoressa Claudia Rosini. Quelli
sì erano quasi monocratici. Anche se la Rosini si erge e dice di mostrarsi
dispiaciuta del lavoro che svolgevamo, il marito aveva tre incarichi. E’
rimasto fino a quando io me ne sono andata”. “Mi è stato contestato
di essere stata l’artefice di provvedimenti. I provvedimenti giudiziari si
fanno in tre. Non avevo degli sprovveduti accanto. Tutte le persone che
portavano un curriculum avevo interesse a nominarli considerato che li vagliavamo
in tre? Io motivavo i decreti, erano corposi”.

 “L’accusa sostiene che con questa agenda
blu io voglio sostenere che sono tutti colpevoli, io invece l’ho esibita per
provare che sono innocente”. Così ancora l’ex presidente della sezione
misure di prevenzione Silvana Saguto si è difesa in aula a Caltanissetta, nel
corso delle sue dichiarazioni spontanee pronunciate prima dell’inizio della
requisitoria, riferendosi all’agenda nella quale l’ex giudice, radiato dalla
magistratura, ha conservato i bigliettini da visita di colleghi che le avevano
segnalato i nomi di persone da nominare come amministratori giudiziari.
L’imputata non ha ritenuto di dovere consegnare l’agenda, come invece ha
sollecitato il Pm Maurizio Bonaccorso, protagonista di un acceso diverbio con
il difensore della Saguto.

 “Non è mai stata trovata alcuna traccia
dei soldi di cui parla la Guardia di Finanza”. Così Silvana Saguto
rendendo dichiarazioni spontanee al processo di Caltanissetta. E  della intercettazione delle Fiamme gialle
“del 30 giugno omissata. In quella occasione l’avvocato Cappellano
Seminara, anche lui imputato, “mi dice che mi avrebbe portato i documenti
che stranamente la Gdf ha omissato. In quella frase c’era scritto:
“documenti, e il riferimento era alla ristrutturazione Ponte che era Stata
discussa in assemblea”. “Di quali soldi parliamo io e Cappellano –
dice ancora – mentre la Finanza commenta dicendo: ‘potrebbe trattarsi di
soldi’”. “La giudice Rosini che si è dimostrata molto dispiaciuta del
lavoro che svolgevano alle misure di prevenzione non trovava disdicevole che il
marito avesse ben tre amministrazioni giudiziarie nella nostra sezione?”.

“Non lo ha
fatto dimettere neppure su nostra richiesta- dice ancora – è rimasto fino a
quando io sono rimasta in sezione”.

Quindici gli
imputati nel processo. Sotto accusa, oltre a Silvana Saguto, ex presidente
della sezione Misure di Prevenzione del Tribunale di Palermo che il Csm ha
radiato dalla magistratura, ci sono il padre, Vittorio Saguto, il marito
Lorenzo Caramma e il figlio Emanuele, gli amministratori giudiziari Gaetano
Cappellano Seminara, Walter Virga, Aulo Gigante e Nicola Santangelo, il
colonnello della Dia Rosolino Nasca, i docenti universitari Roberto Di Maria e
Carmelo Provenzano, la moglie e la collaboratrice di Provenzano, Maria Ingrao e
Calogera Manta, l’ex prefetto di Palermo Francesca Cannizzo, l’ex giudice della
sezione misure di prevenzione Lorenzo Chiaramonte.

Gli imputati
sono accusati di aver gestito in maniera disinvolta i beni confiscati alla
mafia. A
distanza di due anni dalla prima udienza è stato dichiarato chiuso il
dibattimento del processo a Silvana Saguto, l’ex Presidente della sezione
Misure di prevenzione del Tribunale di Palermo accusata di corruzione. Dopo un
botta e risposta tra i legali di parte civile che rappresentano la famiglia
Rappa, i costruttori a cui era stato sequestrato il patrimonio poi restituito,
e il legale di Walter Virga, adesso è il Pm Maurizio Bonaccorso che con Claudia
Pasciuti rappresenta l’accusa, a prendere la parola per l’inizio della
requisitoria. Che proseguirà fino al 28 gennaio quando saranno presentate le
richieste per gli imputati.

“Questo è
stato definito erroneamente il processo all’antimafia ma è solo il processo a
carico di alcuni pubblici ufficiali che hanno tradito la loro funzione pubblica
per interessi privati”. Comincia così la requisitoria del Pm Maurizio
Bonaccorso che aggiunge:  “Dobbiamo
riconoscere che gli imputati hanno svolto un ruolo di contrasto nella lotta
alla mafia ma aver fatto l’antimafia non dava una sorta di ‘licenza di uccidere’,
una ‘licenza a delinquere’. Non si può consentire di mortificare la funzione di
magistrato con attività predatorie”. Bonaccorso ha poi osservato:
“Non credano gli indiziati di mafia che hanno avuto i beni confiscati, di
rifarsi una verginità con questo processo, non ci sarà alcuna riabilitazione
per loro”. “Sentivo commento di servizi giornalistici su revisione di
processi che si sono conclusi con confische. Dico subito  – sottolinea – che è fantascienza. Quindi chi
era condannato per avere fatto parte di Cosa nostra resterà tale”.

“Questo è
solo un processo a carico di alcuni pubblici ufficiali che hanno tradito la
loro funzione pubblica per interessi privati anche se è stato definito
erroneamente il processo all’antimafia”. “L’espressione ‘processo
all’antimafia’ come è stato definito da più parti questo processo non mi è
proprio andato giù – dice Bonaccorso- ho una particolare allergia a queste
espressioni ma c’è il rischio di mettere sullo stesso piano situazioni
eterogenee cioè processi di chi arbitrariamente si è attribuito un attestato di
‘paladino della legalità’ rispetto a chi come gli imputati del processo
l’antimafia l’hanno fatta. Perché non possiamo negare che, al di là di certi
errori fatti, dobbiamo riconoscere che gli imputati di questo processo come
Saguto o come chi ha scelto l’abbreviato come Fabio Licata o ancora Chiaramonte
o Nasca o Cappellano Seminara, nel momento in cui hanno svolto il loro ruolo di
contributo per il contrasto a Cosa nostra. Il contributo lo hanno dato”.

“Il
problema è quello di ipotizzare: ‘siccome ho fatto antimafia ho una sorta di
licenza di uccidere, licenza di delinquere per quello che viene dopo. E il
nostro processo riguarda proprio le condotte successive che si sono
concretizzate in gravi reati perché non si può consentire di mortificare
l’azione di un magistrato e svolgere un’attività predatoria”.

“Trasmetteremo
gli atti alla procura perche’ si proceda nei confronti di una serie di
magistrati, avvocati, amministratori giudiziari, coadiutori e alcuni di coloro
che hanno fatto da testimoni in questo processo. Si ipotizza la falsa testimonianza”,
preannuncia Bonaccorso anticipando anche che chiederà  “pene molto severe, non esemplari perchè
le pene esemplari non fanno parte della nostra cultura giuridica, ma adeguate
alla gravità dei reati contestati”.

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