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L’avvocato post Coronavirus: cambiamenti, difficoltà e riflessioni

Giustizia e Coronavirus.  L’emergenza sanitaria negli ultimi tre mesi ha stravolto e sconvolto la quotidianità di tutti imponendo anche una riflessione sul sistema-giustizia in Italia. Il lockdown prima, e le misure di contenimento poi, hanno determinato un cambiamento epocale anche nel comparto giudiziario assistendo per la prima volta a sensibili variazioni: dalla celebrazione di un […]

Pubblicato 4 anni fa

Giustizia e Coronavirus. 

L’emergenza sanitaria negli ultimi tre mesi ha stravolto e sconvolto la quotidianità di tutti imponendo anche una riflessione sul sistema-giustizia in Italia. Il lockdown prima, e le misure di contenimento poi, hanno determinato un cambiamento epocale anche nel comparto giudiziario assistendo per la prima volta a sensibili variazioni: dalla celebrazione di un processo al continuo mutare di figure classiche come quelle dell’avvocato. A parlarci del mondo dell’avvocatura, dei cambiamenti in corso, e delle difficoltà incontrate è l’avvocato Giovanni Castronovo, noto penalista nonché presidente dell’Akragas calcio.

Il paese si è fermato per tre mesi così come gran parte delle attività, compresa quella giudiziaria. A distanza di oltre novanta giorni in che condizioni è l’avvocatura?

“Condizioni drammatiche: sul piano pratico, lavorativo ed economico. Il Tribunale di Agrigento è stato uno degli ultimi a riaprire in Italia e l’avvocatura agrigentina è in difficoltà. Molti colleghi non celebrano udienze da diversi mesi con irrimediabili ripercussioni. La pandemia ha inciso e modificato il modo di lavorare e di intendere la professione. Certamente un evento particolarmente delicato.”

Il lockdown ha ovviamente imposto il rinvio di un corposo numero di procedimenti ma anche una nuova prassi nel dialogo con l’apparato giudiziario. C’è il rischio di un ingolfamento della macchina? Quali conseguenze per gli avvocati?

“La tutela della salute viene prima di tutto. E’ evidente che il lockdown, le misure di contenimento, gli ingressi contingentati, la prenotazione online hanno rallentato tutta la macchina. Ci vorrebbe più flessibilità e buon senso per consentire anche agli avvocati di svolgere la professione. Faccio un esempio: non è necessario prendere diversi appuntamenti per accedere a più fascicoli quando magari sono messi nella stessa stanza, accanto l’uno all’altro.” 

Processi telematici, udienze da remoto, interrogatori via web. Una giustizia 2.0. Cosa ne pensa?

“Nel mondo civile il sistema informatizzato esiste già e credo incida molto meno rispetto ad altri settori. Nel processo penale tutto ciò è impossibile. Personalmente ho sempre negato il consenso ai procedimenti in cui era previsto l’esame del testimone, dell’imputato. La discussione finale, ad esempio, per l’avvocato è di fondamentale importanza anche nell’ottica del convincimento del giudicante. Poter fare ciò attraverso un computer sminuirebbe il tutto e per me è assolutamente impossibile. Se riduciamo il processo penale a questo togliendo momenti di rilievo, anche sul profilo dell’emozione, tanto vale mettere dei robot in aula oppure stare su internet ma bisognerebbe cambiare a quel punto la Carta Costituzionale e i pilastri del nostro ordinamento. Superato questo periodo bisogna tornare alla normalità perché il processo penale deve continuare ad essere dal vivo. C’è stata una presa di posizione abbastanza forte dell’Unione delle Camere Penali: l’oralità e la presenza in aula rappresenta il momento cardine del processo penale italiano. Poi si può pensare ad adottare queste pratiche in alcuni casi specifici: convalida di provvedimenti, interrogatori di garanzia ma l’eccezione non può diventare la regola.”

Gestione mondo giudiziario durante e post emergenza. Il bilancio?

“Assolutamente negativo. Nel momento di estrema emergenza sanitaria è stato giusto tutelare la salute che viene prima di ogni cosa. Ma, una volta entrati nella fase due o tre, come è possibile che si aprono teatri, discoteche, cinema e nei Tribunali ci sono ancora prescrizioni così rigorose? Il covid-19 si è annidato solamente in Tribunale? Misure di sicurezza, dispositivi di protezione, distanziamento sono giustissime ma vedo una grande contraddizione in tutto ciò.”

Si parla tanto di riforma della giustizia. Cosa servirebbe?

Separazione delle carriere prima di tutto. E’ impensabile che il pubblico ministero e l’organo giudicante facciano parte dello stesso sistema. Indipendentemente dall’onestà intellettuale e morale è normale che da parte dei cittadini vi siano delle riserve mentali. Pm e giudici hanno un percorso parallelo fatto di frequentazioni e rapporti così come ogni essere umano. Un altro provvedimento sarebbe quello di rendere meno facile l’applicazione della misura cautelare: mi rendo conto che la soglia di libertà di un cittadino è molto bassa ma occorrerebbe una più rigorosa valutazione dell’accusa soprattutto quando la difesa non ha incidenza fino all’interrogatorio di garanzia. Intanto, però. la persona è finita in carcere con tutte le ripercussioni morali e sociali. Poi ci vorrebbe una riforma sulle intercettazioni con maggiore rigore sulle conversazioni. Assistiamo a procedimenti basati solamente sulle intercettazioni e, molto spesso, la valutazione del dialogo è difforme da quello che in realtà si voleva dire. Le interpretazioni arbitrali dei dialoghi diventano fonte di prova indiziaria. Indulto e amnistia, infine, potrebbero snellire l’apparato.”

Tra difficoltà economiche, bonus di seicento euro e nuove frontiere. Come sarà l’avvocato del dopo Covid-19?

“L’avvocato post coronavirus dovrà essere indubbiamente più flessibile, informatizzato mantenendo però sempre quell’autonomia gestionale e decisionale che non può essere condizionata di certo da provvedimenti emergenziali. Gli avvocati sono visti come seccatori, gli “azzeccagarbugli”, i disturbatori. La figura dell’avvocato è al centro del processo italiano e prevista dal codice. E’ evidente che il ruolo dell’avvocato è sacro e non può essere delegittimato. Siamo un elemento indispensabile della macchina della giustizia, non una presenza eventuale ma obbligatoria che deve essere effettiva e non virtuale. I seicento euro rappresentano un buono ma piccolo contributo, una goccia nell’oceano. Ci vorrebbero contributi ben più incisivi perché il danno è stato notevole. Si parla di spostamento dei termini del pagamento dei contributi. Io li annullerei per l’anno corrente e dare la possibilità di tornare a lavorare senza pressioni.”

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