Giudiziaria

Bimbi morti sul barchino a Lampedusa, il racconto dei superstiti

Testimonianze fondamentali per la Squadra Mobile della Questura e la Procura di Agrigento che hanno fatto scattare i fermi dei due senegalesi

Pubblicato 1 anno fa

“Il viaggio è durato circa tre giorni. Dopo due giorni, intorno alle 3:30-4, mi sono svegliato, perché il motore si era fermato e la barca aveva preso fuoco, alimentato anche dalla benzina che era custodita in bidoni, che doveva esser utilizzata per il rifornimento. Per sfuggire alle fiamme, ci siamo buttati tutti in acqua, non so se qualcuno sia rimasto a bordo ed è stato investito dalle fiamme. Siamo rimasti in acqua fino al mattino, fino a quando si è avvicinato un peschereccio tunisino, che penso abbia dato l’allarme”. E’ un diciannovenne, originario della Guinea – uno dei cinque superstiti testimoni – a ricostruire il tragico incendio sul barchino dove hanno perso la vita, morendo carbonizzati, i piccoli Alina e Mael.

Testimonianze fondamentali per la Squadra Mobile della Questura e la Procura di Agrigento che hanno fatto scattare i fermi dei due senegalesi, ritenuti responsabili di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e morte come conseguenza di altro reato. “L’equipaggio del peschereccio racconta ancora il giovane – ha anche tratto in salvo alcuni di noi, che erano stati trascinati via dalla corrente, riportandoli poi sulla nostra barca dove nel frattempo, grazie all’intervento di alcuni ragazzi, le fiamme erano state spente con gettiti di acqua prelevata dal mare. Dopo un po’, è giunta un’imbarcazione penso della marina italiana a salvarci. Ricordo che quando sono risalito sulla barca due bambini, un maschietto e una femminuccia, erano morti bruciati e anche 4 adulti, due uomini e due donne, sono rimasti in acqua perché trascinati dalla corrente e sono annegati”.

Tutti i testimoni hanno riferito ai poliziotti che “il motore della barca durante il viaggio aveva avuto diversi problemi e più volte si era fermato e fatto ripartire. Ci siamo anche persi in mare e un senegalese – ha concluso il ragazzo – che si era alternato alla conduzione della barca durante la traversata, con un altro uomo anche lui senegalese, grazie all’uso del gps istallato sul suo telefono è riuscito a ritrovare la rotta”. (ANSA)

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