Naufraga: “Seppellitemi vicino mia figlia e mio marito”
Richiesta della giovane somala che, nel doppio naufragio di mercoledì scorso, ha perso la figlia di 11 mesi e il marito
Silenzio, commozione, dolore e tristezza hanno scandito le quasi nove ore di navigazione del traghetto Las Palmas – da Lampedusa a Porto Empedocle – col suo carico di bare, alcune bianche. Difficile per operatori e volontari nascondere le lacrime durante lo sbarco delle 23 salme del doppio naufragio di Ferragosto, al largo della Libia, che ha distrutto famiglie e lasciato segni indelebili sui 60 sopravvissuti che vengono assistiti nell’hotspot delle Pelagie da psicologi e personale della Croce rossa. Dal traghetto sono scesi anche 259 migranti approdati a Lampedusa nei giorni scorsi, alcuni dei quali con gravi menomazioni, persino ai genitali, dovute alle violenze subite nei lager in Libia.
“Voglio che la mia bimba e mio marito possano essere seppelliti nello stesso posto in cui sarò tumulata io”, è stata la richiesta fatta ai rappresentanti di una associazione dalla giovane somala che, nel doppio naufragio di mercoledì scorso, ha perso la figlia di 11 mesi e il marito. La donna si trova ancora a Lampedusa e dovrebbe essere trasferita in serata o domattina. Le bare della figlia e del consorte si trovano a Canicattì.
“Per il momento non procederemo alla tumulazione che era prevista per lunedì mattina – dice il sindaco di Canicattì, Vincenzo Corbo – . Aspetteremo un po’ per capire dove andrà a vivere la signora che ha espresso la volontà di avere vicino a sé figlioletta e marito”.
La donna ha riconosciuto i cadaveri guardando le foto delle 23 vittime mostrate dalla Polizia, nella tarda serata di giovedì. Fino ad allora aveva sperato che fosse vivo almeno il marito. Fra i 259 migranti approdati a Porto Empedocle e trasferiti all’hub di Catania o nei centri per minori non accompagnati della Sicilia, ci sono tante donne in gravidanza, originarie di Guinea ed Egitto. Oltre a una ventina – tra uomini e donne – sopravvissuti a gravi forme di violenza; c’è un uomo sordo, una persona con un forte deficit visivo, altri che hanno delle paresi al volto e chi soffre di epilessia. Tanti i Comuni dell’Agrigentino che hanno dato la propria disponibilità per la tumulazione delle salme nei cimiteri: Palma di Montechiaro, Grotte, Castrofilippo, Joppolo Giancaxio. La drammatica suddivisione è stata gestita dalla Prefettura di Agrigento.
“Canicattì ha dato, fino ad ora, sepoltura ad almeno 130-140, migranti – spiega il sindaco – Dobbiamo essere solidali, perdono la vita per trovare un po’ di pace, per inseguire lavoro e futuro. Tocca il cuore tutto questo. Spesso non ci si pensa. Una mamma che si mette in mare, su una barchetta fatiscente, con la figlioletta di appena 11 mesi: è questa la disperazione”.
Il sindaco di Palma di Montechiaro, Stefano Castellino, aggiunge: “Non si tratta solo di un rito civile, ma di un gesto di umanità che parla al cuore dell’Italia e dell’Europa – sostiene – . Non possiamo restare in silenzio, né delegare solo agli organismi internazionali o alle ong il compito di custodire la memoria delle vite spezzate. Non possiamo consentire alle organizzazioni criminali di continuare con questa vergognosa tratta di essere umani”.
Castellino lancia un accorato appello: “Il Mediterraneo deve tornare ad essere mare di vita non di morte: basta vite spezzate che urlano dolore”.