Mafia

Colpo alla mafia di Niscemi, sventato omicidio di un imprenditore: 29 misure cautelari (NOMI)

Nel corso delle indagini è emerso anche il tentativo di omicidio di un imprenditore che anni prima aveva denunciato un tentativo di estorsione

Pubblicato 7 mesi fa

Da Caltanissetta – Irene Milisenda e Gabriele Terranova

Venticinque persone sono finite in carcere, 3 ai domiciliari, tra cui due donne, e per un altro indagato, un carabiniere, è stata disposta la sospensione dall’esercizio delle funzioni, nell’ambito dell’operazione “Mondo opposto” eseguita dai carabinieri a Niscemi e coordinata dalla Dda di Caltanissetta. “Non si tratta – ha detto il procuratore di Caltanissetta, Salvatore De Luca – della solita operazione antimafia, non che solita sia offensivo, ma questa attuale ha delle peculiarità assolutamente chiare. Dobbiamo riaffermare che Cosa Nostra, che è sul territorio da circa 160 anni, non è un comitato d’affari ma è mondo opposto. Il fatto più grave è quello ricondotto a colui che è stato ritenuto il capo mandamento di Gela, Alberto Musto”.

GLI INDAGATI. Andrea Abaco, 28 anni di Niscemi; Francesco Amato, 53 anni di Niscemi; Giuseppe Auteri, 42 anni di Palagonia; Emanuele Burgio, 51 anni di Gela; Luigi Cannizzaro, 59 anni di Gela; Francesco Cantaro, 48 anni di Niscemi; Francesco Cona, 27 anni di Niscemi; Davide Cusa, 30 anni di Niscemi; Salvatore Di Stefano, 33 anni di Catania; Alessandro Fausciana, 45 anni di Mazzarino; Gaetano Fausciana, 24 anni di Mazzarino; Gianni Ferranti, 65 anni di Niscemi; Giovanni Ferranti, 41 anni di Niscemi; Salvatore Giugno, 56 anni di Niscemi; Giuseppe Manduca, 58 anni di Niscemi; Alberto Musto, 38 anni di Niscemi; Sergio Musto, 36 anni di Niscemi; Francesco Piazza, 58 anni di Niscemi; Antonino Pittalà, 32 anni di Caltagirone; Salvatore Pittalà, 61 anni di Caltagirone; Carmelo Raniolo, 49 anni di Gela; Paolo Rizzo, 69 anni di Niscemi; Francesco Alessio Carmelo Maria Torre, 46 anni di Niscemi; Carlo Zanti, 70 anni di Niscemi. 

“Il progettato omicidio di un imprenditore – aggiunge – che aveva osato denunciarlo circa 10 anni prima. Non si tratta solo di chiacchiere o di un moto di rabbia. Perché il progetto dell’uccisione è stato fermato solo grazie alla tempestività delle forze di polizia che sono sempre state accanto alla Dda. Si tratta di un progetto di omicidio in relazione al quale c’era già l’autista pronto su un’auto rubata. Una delle pistole doveva essere fornita dai presunti killer che arrivavano da Catania. Si trattava di un omicidio che avrebbe dovuto avere una ‘funzione punitiva’. I fratelli Sergio e Alberto Musto provavano un odio profondo per questo soggetto che aveva contribuito a fare condannare Alberto”. “Ma non aveva – ha concluso De Luca – solo una funzione di vendetta. Vi è una frase in cui Musto afferma ‘punirne uno per educarne cento. Non è possibile che qualcuno denunci e rimanga impunito perché altri potrebbero seguirlo a ruota’”

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