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Il pentito favarese Quaranta depone a Rebibbia: “Se penso a Cosa Nostra mi faccio ancora più schifo”. (ft)

Dall’aula bunker di Rebibbia, Roma Rogero Fiorentino Nell’aula bunker del carcere di massima sicurezza di Rebibbia, a Roma, è appena iniziato il processo “Montagna” dell’ormai pentito Giuseppe Quaranta. Sul banco degli imputati siedono sei persone: l’ex sindaco di San Biagio Platani Santo Sabella, accusato di concorso esterno in associazione mafiosa; Giuseppe Scavetto, 50 anni di […]

Pubblicato 5 anni fa

Dall’aula bunker di Rebibbia, Roma

Rogero Fiorentino

Nell’aula bunker del carcere di massima sicurezza di Rebibbia, a Roma, è appena iniziato il processo “Montagna” dell’ormai pentito Giuseppe Quaranta. Sul banco degli imputati siedono sei persone: l’ex sindaco di San Biagio Platani Santo Sabella, accusato di concorso esterno in associazione mafiosa; Giuseppe Scavetto, 50 anni di Casteltermini, e dei favaresi Antonio Scorsone, 54 anni, Domenico Lombardo, 27 anni, Calogero Principato, 28 anni, e Salvatore Montalbano, 27 anni.

Come si ricorderà Quaranta è stato capo mafia di Favara e braccio destro del boss di Santa Elisabetta Francesco Fragapane. L’imputato Santino Sabella, già sindaco di San Biagio Platani é in collegamento video.

Il pentito
Quaranta fa ingresso nell’aula A della 3ª Corte di Assise di Roma, e si pone
davanti i giudici della prima sezione del Tribunale di Agrigento presieduta da
Alfonso Malato con a latere Giuseppa Zampino e Alessandro Quattrocchi. All’apparenza
sembra nervoso, indossa jeans, una maglia bianca sportiva ed una giacchetta blu
a “V”, occhiali da sole ed un cappello che copre quasi interamente il viso.

É presente il suo difensore Teresa Gigliotti  del Foro di Roma e sono presenti i difensori degli imputati tra i quali Nino Gaziano, Giuseppe Barba, Maurizio Buggea, Mormino, Antonella Arceri, Daniela Posante, Anna Mongiovì, Carmelita Danile.

Quaranta, dopo i primi minuti dal suo ingresso prende confidenza con l’aula e con le mani sovrapposte e sguardo attento e puntato sul Pm, depone. “Il mio era un sistema sbagliato, mi sono reso conto dei miei sbagli. Ho deciso di chiedere scusa alla mia famiglia ed a tutti quelli che ho fatto male. Mi pento anche davanti la corte di Dio. Nel 2002 ho avuto il primo rapporto con cosa nostra tramite Alaimo Pasquale, mio vicino di casa e amico d’infanzia”.

Quaranta
continua il suo racconto sollecitato dalle domande del pubblico ministero,
Alessia Sinatra e aggiunge: “Talvolta faceva da tramite tra Alaimo e Di Gati tramite
la consegna dei “pizzini.  Pizzini che ho
consegnato accartocciati da scotch Ma lo scotch che accartoccia i messaggi è
posto con una certa modalità, un certo verso è chiaro che se chi fa il tramite
dei messaggi prova ad aprirlo viene scoperto. L’apertura e la chiusura dei
messaggi viene fatto in un certo modo, precostituito.  

Era il 2013. Il Quaranta descrive il giuramento in Cosa nostra. Ci si punge, c’è il rito del sangue. Si brucia la santina. “Se sbaglierai brucerai come la santina. La santina bruciata durante il mio giuramento era quello di San Antonio di Padova. Fino al 26.07.2014 ho appartenuto a Cosa Nostra Se penso a Cosa Nostra mi faccio ancora più schifo io”.

Quaranta
per essere siciliano cresciuto e vissuto in Sicilia, in quella Sicilia radicata
nelle sue radici più strette e profonde, in aula è poco avvezzo al
gesticolamento. Quel linguaggio da cui può trapelare rabbia o fermezza ed a cui
spesso siamo abituati ad assistere in processi di questo tipo. Sembra un
geometra della deposizione, quasi a conteggiare le parole col compasso della
ragione e della linearità.

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