Mafia, Dia: “nell’agrigentino sempre più l’influenza della stidda”
L'organizzazione è riuscita con gli anni a stabilire con le altre famiglie patti di reciproca convenienza
Nella giornata di ieri 30 settembre è stata pubblicata sul sito del Senato della Repubblica la relazione semestrale della DIA presentata dal Ministro dell’interno e relativa all’analisi sui fenomeni di criminalità organizzata di stampo mafioso del II semestre del 2021. L’analisi è realizzata sulla base delle evidenze investigative, giudiziarie e di prevenzione e conferma, ancora una volta, che il modello ispiratore delle diverse organizzazioni criminali di tipo mafioso appare sempre meno legato a eclatanti manifestazioni di violenza ed è, invece, rivolto verso l’infiltrazione economico-finanziaria. Ciò appare una conferma di quanto era stato già previsto nelle ultime Relazioni ed evidenzia la strategicità dell’aggressione ai sodalizi mafiosi anche sotto il profilo patrimoniale tesa ad arginare il riutilizzo dei capitali illecitamente accumulati per evitare l’inquinamento dei mercati e dell’Ordine pubblico economico.
Una direttrice d’azione importantissima che ha consentito sino ad ora di ridurre drasticamente la capacità criminale delle mafie evitando effetti che altrimenti sarebbero stati disastrosi per il “sistema Paese”.
La Relazione di questo semestre descrive i profili evolutivi delle organizzazioni di tipo mafioso e di matrice etnica soffermandosi sui rispettivi modus operandi e avendo riguardo alle differenti capacità in ordine alla infiltrazione nell’economia legale e al turbamento dell’ordine e della sicurezza pubblica.
L’elaborato sottolinea, inoltre, quanto lo specifico contrasto debba svolgersi anche e soprattutto avvalendosi della cooperazione internazionale attesa la perdurante tendenza delle mafie nazionali a rivestire ruoli di rilievo all’estero. In tale ambito si sottolinea l’efficacia della Rete Operativa Antimafia @On di cui la DIA è ideatrice, promotore e Project Leader.
Nella premessa della Relazione e nel capitolo dedicato al riciclaggio vengono rispettivamente trattate le più recenti evoluzioni della normativa nazionale e continentale attinente all’esecuzione all’estero di provvedimenti ablativi e alla prevenzione del money laundering realizzato attraverso i mercati elettronici.
La Relazione inoltre propone un focus di approfondimento sulla criminalità nigeriana strutturata nei c.d. secret cults i cui tratti tipici sono l’organizzazione gerarchica, la struttura paramilitare, i riti di affiliazione, i codici di comportamento e più in generale un modus agendi che la Corte di Cassazione ha più volte ricondotto alla tipica connotazione di “mafiosità”. Appare altresì particolarmente significativo evidenziare come siano state accertate riunioni periodiche dei cult in talune città con collegamenti tra omologhi sodalizi operativi in diverse aree del nostro Paese.
Tale quadro, pertanto, impone di continuare nella lotta contro la criminalità organizzata con particolare attenzione all’aggressione dei beni illecitamente accumulati dalle mafie mediante gli strumenti dei sequestri penali e di prevenzione.
Su questo fronte, la portata dei provvedimenti di prevenzione eseguiti nel semestre in esame testimonia l’attenzione verso il settore della Direzione Investigativa Antimafia che orienta le sue attività per proteggere il tessuto economico del Paese dalle ingerenze della criminalità organizzata.
In Sicilia Messina Denaro resta figura di riferimento
In Sicilia si conferma “minimale” il ricorso alla violenza, mentre si continua registrare la convivenza sullo stesso territorio delle organizzazioni mafiose per la spartizione degli “affari”. Nella Relazione al Parlamento la Dia segnala come in uno scenario di stagnazione economico-produttiva, “trovano terreno fertile le consorterie criminali che potrebbero infiltrare le risorse della Regione anche in considerazione dei fondi del Pnrr destinati all’Isola”. La criminalita’ organizzata siciliana si presenta con caratteristiche diverse nelle varie aree della regione e la Relazione ricostruisce la geografia mafiosa. In Sicilia occidentale ‘cosa nostra’ resta strutturata in mandamenti e famiglie: nella provincia di Agrigento si continua a registrare una “zona” permeabile anche all’influenza di un’altra organizzazione, la cosiddetta “stidda”, “che e’ riuscita con gli anni a elevare la propria statura criminale fino a stabilire con le altre famiglie patti di reciproca convenienza”; mentre a Trapani non puo’ prescindere dal ruolo di Matteo Messina Denaro, che nonostante la decennale latitanza resterebbe la “figura di riferimento per tutte le questioni di maggiore interesse”. Resta inoperativa la “commissione provinciale di Palermo“, e “la direzione e l’elaborazione delle linee d’azione operative risultano esercitate perlopiu’ da anziani uomini d’onore detenuti o da poco tornati in liberta’”, a questi personaggi mafiosi si affiancano poi giovani criminali “forti di un cognome o parentela ‘di spessore'”. In Sicilia occidentale, e i particolare nella citta’ di Catania, alle storiche famiglie si affiancano altri sodalizi, piu’ fluidi e non organici a ‘cosa nostra’.