Politica

La gestione fallimentare dei centri per l’impiego in Sicilia: il rapporto della Corte dei Conti

La fallimentare politica per il lavoro in Sicilia e' certificata da in un'impietosa analisi della Corte dei conti

Pubblicato 2 anni fa

La fallimentare politica per il lavoro in Sicilia e’ certificata da in un’impietosa analisi della Corte dei conti: nell’Isola ci sono piu’ strutture che in Lombardia e con una dotazione organica ricca di persone senza specifiche competenze e strumenti informatici. Di contro la Regione paga per questi uffici poco meno di un milione e mezzo di euro l’anno, contro gli oltre 61 milioni del Lazio. Va peggio con il Reddito di cittadinanza, in pochi trovano occupazione. “Se nell’analisi si considerano le sole strutture principali – spiega il vicepresidente del Centro Pio La Torre, Franco Garufi – la diffusione dei Cpi e’ maggiore in Sicilia (con 68 organismi operativi), seguono la Lombardia ( 63), l’Emilia Romagna e la Toscana ( 47)”.

La Sicilia ha articolato il suo sistema in nove Servizi provinciali Cpi e in diversi Centri territoriali afferenti ai rispettivi Servizi provinciali. La nostra e’ anche la regione con la maggiore dotazione di organico: con i suoi 2.364 operatori- compresi 429 navigator- raccoglie piu’ del 20 per cento del totale del personale impiegato sull’intero territorio nazionale (10.895 addetti), seguita dalla Lombardia con 1.063 operatori (9,77 per cento) dislocati su 82 sedi e dal Lazio con 996 addetti (9,15 per cento) effettivi presso 47 Centri. La dotazione informatica delle strutture appare del tutto insufficiente. Meno di meta’ degli operatori siciliani utilizza una dotazione informatica; di essi solo 1074 hanno un PC; le stampanti sono in numero esiguo, appena 277.

Va peggio con il Reddito di cittadinanza: “La Sicilia – sottolinea Garufi – e’ stata insieme alla Campania tra le principali beneficiarie della misura”. Al 28 febbraio 2021 nell’isola i soggetti beneficiari del Rdc potenzialmente tenuti alla stipula del Patto personale di lavoro ammontavano a 316.893. A questo numero vanno sottratti 4504 soggetti esclusi, 6210 esonerati, 4.147 rinviati al patto di inclusione. Restavano “Work Ready”, cioe’ in condizione di entrare utilmente nel mercato del lavoro 302.032 beneficiari, donne ed uomini. “I piani personali di accompagnamento al lavoro sono stati pero’ solo 3131 – conclude Garufi – a dimostrazione del fatto che una misura utile e necessaria per combattere la poverta’ e l’esclusione sociale e che va difesa dagli attacchi pesantissimi che sta subendo da parte del Centro destra e di Matteo Renzi – va tuttavia meglio definita, innanzitutto intervenendo con una modifica legislativa che separi nettamente le misure di presa in carico e di sostegno al reddito di ultima istanza, dalle politiche attive del lavoro che devono invece trovare una strumentazione piu’ adeguata nel coordinamento tra Governo centrale e regioni e con un ruolo nuovo dell’Anpal (commissariata e riportata all’interno della struttura ministeriale), come anche la delibera della Corte dei Conti evidenzia aldila’ di ogni dubbio”.

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