Politica

Musumeci, election day e problemi eterni

di Gaetano Cellura

Pubblicato 2 anni fa

Governare l’Isola come o addirittura peggio di Crocetta era francamente difficile. Musumeci c’è riuscito.

Ѐ stato – per usare le parole del poeta Soler – monarca del poco e signore di ciò che resta nel nulla. La sua stessa maggioranza, all’inizio apparentemente coesa, strada facendo non l’ha aiutato; e l’Ars gli si è spesso messa di traverso. Al punto da creare più d’una difficoltà anche a un politico navigato come lui.

Nel bilancio di questi suoi cinque anni di governo della Sicilia ci sono leggi finanziarie impugnate dallo Stato, tante promesse non mantenute, una gestione dei rifiuti e delle politiche ambientali tra le più disastrose. Per non parlare dello stato della viabilità e dei collegamenti in generale. Problema storico per i cittadini che si devono spostare dal sud dell’isola a Palermo. O da Catania a Trapani. E per non parlare  soprattutto della situazione che vive la sanità siciliana: i pronto soccorso degli ospedali segnatamente. Dai quali arrivano ogni giorno grida di dolore da parte dei cittadini (i più penalizzati) e dai medici – così pochi che non riescono a garantire né l’urgenza né la routine. Il prossimo assessore alla sanità dovrebbe visitare gli ospedali siciliani, in particolare quelli periferici, per constatare in quali condizioni vi soggiornano i degenti e i guasti prodotti, ogni giorno di più, dall’aziendalizzazione delle Asp e dalle politiche contro la sanità pubblica. Politiche che hanno accentuato (nel mondo), nei servizi pubblici essenziali e nei rapporti di lavoro, le distanze non tra la destra e la sinistra, quella non c’è più, ma tra il basso e l’alto, tra le nuove categorie dei dominati e dei dominanti.

Musumeci ha trovato questa situazione: nessuno lo nega. Ma poco o nulla ha fatto per migliorala. Le sue dimissioni, quaranta giorni prima della scadenza del mandato, vengono salutate con soddisfazione dall’opposizione di centrosinistra. Ma pure dai suoi alleati ed ex alleati. Da chi cioè (lui stesso compreso) propone ancora una sua ricandidatura in vista dell’election day del 25 settembre. E da chi già l’ha sostituito con la candidatura della Prestigiacomo. Quadro nuovo, ma poi non tanto, visti i continui scontri degli ultimi mesi nella maggioranza di centrodestra.

A parziale difesa di Musumeci c’è proprio la lunga conflittualità, interna allo schieramento, con la quale ha dovuto convivere. E che oggi, proprio per questo, pone sul banco degli imputati il centrodestra come affidabile classe dirigente dell’Isola.

Ma l’alternativa dov’è? In che cosa si differenziano oggi, xenofobia a parte, destra e sinistra?

Tanto rispetto per Caterina Chinnici, che proprio le divisioni della destra potrebbe sfruttare. Come fece Crocetta nel 2012. Ma anche il centrosinistra siciliano non brilla quanto a classe dirigente. E da molto tempo ormai, se vogliamo allargare il discorso anche alle politiche nazionali, non si occupa più del disagio sociale. Per dirla tutta, non si occupa più delle classi popolari, di quelli che non ce la fanno – una volta era questa la sua base elettorale.

L’ordine neoliberale che domina il discorso pubblico ha reso invisibili le differenze tra gli schieramenti. Per questo è più opportuno parlare di divisioni non tra destra e sinistra ma tra basso e alto, tra cittadini sottomessi e poteri che li dominano e che sono sempre pronti a commissariare le democrazie. Un discorso del genere ci allontana dalle dimissioni di Musumeci e dal sicuro ormai election day. Ma poi non tanto se stiamo più attenti alle nuove dinamiche e alle sempre più forti disuguaglianze del mondo globale. 

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