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Pensionato ucciso a Raffadali, poliziotto in aula racconta origine delle indagini 

In aula è comparso uno dei poliziotti, all’epoca dei fatti in servizio alla Squadra Mobile di Agrigento, che ha ripercorso l’attività investigativa fin dalla sua origine

Pubblicato 2 anni fa

È ripreso ieri mattina il processo a carico di Roberto Lampasona, 46 anni di Santa Elisabetta, accusato di essere uno degli esecutori materiali dell’omicidio di Pasquale Mangione, 69enne ex dipendente del comune ucciso il 2 dicembre 2011 nelle campagne di contrada Modaccamo, a Raffadali. Gli altri due imputati – Angelo D’Antona, 37 anni di Raffadali e Antonino Mangione, 42 anni di Raffadali – sono già stati condannati col rito abbreviato rispettivamente a 30 anni di reclusione e 16 anni di reclusione. A Mangione sono stati riconosciuti i benefici della collaborazione, avendo raccontato i particolari dell’omicidio agli inquirenti che hanno poi dato una svolta alle indagini dopo quasi dieci anni.

In aula è comparso uno dei poliziotti, all’epoca dei fatti in servizio alla Squadra Mobile di Agrigento, che ha ripercorso l’attività investigativa fin dalla sua origine: “Inizialmente ci concentrammo su alcuni dissidi familiari e sulle abitudini della vittima che sapevamo esser stato buttato fuori di casa per determinati comportamenti. Ritrovammo il corpo in campagna colpito da un solo proiettile vicino alla spalla sinistra mentre altri quattro colpi inesplosi furono rinvenuti nelle adiacenze”.

L’ipotesi dei dissidi familiari è stata esclusa con il passare del tempo. La Procura, inizialmente,contestava al figlio della vittima il ruolo di mandante dell’omicidio. La circostanza è stata poi accantonata e ratificata dall’ordinanza di archiviazione da parte del gip.

Conclusa l’audizione, il tribunale ha conferito l’incarico al perito Giovanni Fontana di trascrivere alcune intercettazioni. Si torna in aula il 2 dicembre. 

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