Il post del parroco di Ribera: “Aboliamo le processioni, sono passeggiate”
"La gente che va dietro al fercolo chiacchiera, fuma e bestemmia”
“So di attirarmi tante critiche: sono dell’idea di abolire tutte le processioni.” A dichiararlo, in un post pubblicato su Facebook che negli ultimi giorni è stato al centro di un dibattito e di riflessioni, è don Antonio Nuara, il parroco della Chiesa Immacolata di Ribera.
Il prete ha espresso il suo “originale” punto di vista sulla celebrazione delle processioni a Ribera e nei paesi limitrofi. E spiega anche i motivi alla base del suo pensiero: “La maggior parte di coloro che fanno parte dei vari Comitati non frequentano i Sacramenti e la Messa in particolare: si vedono solo nei giorni della festa e poi ripiombano nel buio religioso” – ha scritto sui social il parroco – “Nelle processioni non si prega. Sono più passeggiate che atto di devozione. La gente che va dietro al fercolo chiacchiera, fuma e, se ci scappa, anche bestemmia. Scontati lo sfoggio e lu “sparlittiu”.
E ancora: “Non c’è proporzione tra le spese per luminarie e spari e le opere di carità. Se per 10 anni i soldi che si spendono per luminarie e spari, venissero impiegati per pensare a una struttura per i giovani, sicuramente avremmo qualche “sbandato” in meno.” Una volta per far parte di un Comitato di festa religiosa, occorreva avere dei requisiti di religiosità, moralità e fedina penale pulita. Gli incontri di formazione per mettere a fuoco gli obbiettivi da realizzare, imitando le virtù del santo che si onora sono sempre disertati.” Nella nostra provincia nelle processioni ci sono stati anche gli “inchini”. Oggi non si richiede più alcun requisito. Perciò, oltre a non essere credibili, si fa scadere di valore anche la festa religiosa. Chi non è credente o appartiene ad un altro credo religioso ed è alla ricerca di una fede vera, osservando le nostre feste, sicuramente non vi troverà una risposta positiva: si allontanerà di più. E tutti i cattolici, impegnati nelle feste, ne siamo responsabili e ne dobbiamo dare conto a Dio. La pandemia ha sconvolto tutto, compresa la vita della Chiesa. Ci viene chiesta una ripresa e un rinnovamento. Non si può riprendere, come se niente fosse accaduto e ritornare a far le stesse cose e avere gli stessi Comitati.
Infine conclude: “È questa l’occasione di rivedere coraggiosamente tante cose e, non ultime, le nostre feste religiose. Le feste in onore dei santi devono produrre “santi”. Altrimenti non servono.”