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Il fiorente traffico di droga con le Ndrine calabresi e gli stiddari di Palma e Canicattì

Il Gup del Tribunale di Palermo, Fabio Pilato, ha depositato le motivazioni della sentenza del processo “Kerkent” emessa lo scorso 21 febbraio, nei confronti di 28 imputati accusati a vario titolo di mafia, traffico di droga ed altri gravi reati tra i quali violenza sessuale e sequestro di persona (solamente a carico di Antonio Massimino, […]

Pubblicato 4 anni fa

Il Gup del Tribunale di Palermo, Fabio Pilato, ha depositato le motivazioni della sentenza del processo “Kerkent” emessa lo scorso 21 febbraio, nei confronti di 28 imputati accusati a vario titolo di mafia, traffico di droga ed altri gravi reati tra i quali violenza sessuale e sequestro di persona (solamente a carico di Antonio Massimino, poi assolto).

Venti condanne per oltre due secoli di carcere e otto assoluzioni: questo il verdetto che ha messo la parola fine al processo di primo grado (stralcio abbreviato) scaturito dalla maxi inchiesta Kerkent – eseguita dalla Dia di Agrigento guidata dal vicequestore Roberto Cilona – che ha fatto luce sulla scalata al vertice della famiglia mafiosa di Antonio Massimino e su un grosso traffico di droga gestito come una holding.

Le condanne più pesanti, come è noto, sono state inflitte ad Antonio Massimino (20 anni), al suo braccio destro Giuseppe Messina (20 anni) e Francesco Vetrano (20 anni). Tra le assoluzioni spiccano quelle dell’imprenditore Salvatore Ganci, che era stato arrestato dai carabinieri per una vicenda di recupero crediti con una violenza sessuale (non commessa da lui) sullo sfondo; Valentino Messina, fratello del boss Gerlandino;

Il verdetto: James Burgio (8 anni); Salvatore Capraro (9 anni); Davide Clemente (9 anni e 6 mesi); Fabio Contino (8 anni); Sergio Cusumano (12 anni e 8 mesi); Alessio Di Nolfo (12 anni); Fracesco Di Stefano (assolto); Salvatore Ganci (assolto); Daniele Giallanza (assolto); Eugenio Gibilaro (10 anni); Pietro La Cara (assolto); Domenico La Vardera (8 anni e 8 mesi); Domenico Mandaradoni (8 anni); Antonio Massimino (20 anni); Gerlando Massimino (12 anni); Antonio Messina (12 anni); Giuseppe Messina (20 anni); Valentino Messina (assolto); Liborio Militello (8 anni); Andrea Puntorno (8 anni); Calogero Rizzo (5 anni); Francesco Romano (assolto); Vincenzo Sanzo (assolto); Attilio Sciabica (assolto); Luca Siracusa (8 anni); Giuseppe Tornabene (8 anni e 8 mesi); Francesco Vetrano (20 anni).

Il Gup, Fabio Pilato nelle 613 pagine della sentenza appena depositata, spiega per filo e per segno le ragioni di condanne e assoluzioni.

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Il fiorente traffico di droga con le Ndrine calabresi e gli stiddari di Palma e Canicattì

L’inchiesta Kerkent fece luce sulla scalata al vertice della famiglia mafiosa di Agrigento di Antonio Massimino vecchio boss tornato libero dopo due condanne per mafia.

Così come avvenuto con l’operazione antimafia “Montagna”, dove gli inquirenti hanno deciso di iniziare le investigazioni all’indomani della scarcerazione di colui il quale era considerato il vertice del mandamento mafioso, anche nell’inchiesta Kerkent il metodo usato è uguale e rappresenta, almeno negli ultimi anni, un novità investigativa.

Non è un caso che l’indagine cominci proprio il giorno stesso della sua ultima scarcerazione di Antonio Massimino avvenuta nel gennaio 2015. E’ proprio in quel momento che si accendono microspie e vengono piazzate telecamere che puntano dritto al boss ed alla sua rete di affari.

I poliziotti della Dia nel corso delle attività investigative hanno fotografato registrano un quadro inquietante in cui è emersa la caratura criminale di Massimino che avrebbe colmato un vuoto di potere nella città dei Templi causato dalla morte di autorevoli boss (come, ad esempio, Calogero Cesare Lombardozzi, Giovanni Pollari, e Ciro Tornatore) dalle numerose operazioni di contrasto (catturati i rappresentanti provinciali susseguitisi nel tempo come Maurizio Di Gati, Gerlandino Messina e Giuseppe Falsone) e dalle pesanti condanne.  E sarebbe stato proprio Massimino ad approfittare, una volta scontata la condanna nell’ambito dell’inchiesta San Calogero, di questo vuoto prendendo tutto.

Secondo gli inquirenti, Massimino avrebbe rivestito un duplice ruolo: quello di capo della famiglia mafiosa di Agrigento, succedendo di fatto a Calogero Cesare Lombardozzi e arrivando a monopolizzare anche i territori di Favara e Porto Empedocle, ma anche di capo di una organizzazione dedita al traffico di stupefacente.

“Un franchising della droga” – disse il giorno degli arresti il vice questore Cilonain cui i pusher che un tempo lavoravano in proprio si trovano adesso “costretti” a piegarsi alla volontà del capo che, da un lato fornisce la droga, ma dall’altro chiede “una tassa” costante”.

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Operazione Xydi, annullato l’arresto dell’ispettore di polizia Pitruzzella

Annullato dalla Corte di Cassazione con rinvio al Tribunale della Libertà di Palermo il provvedimento di cattura a carico dell’ispettore di polizia Filippo Pitruzzella, 60 anni, in servizio al commissariato di Canicattì poche settimane prima dell’arresto e coinvolto nella maxi operazione antimafia “Xydi” che ha scompaginato le cosche mafiose predominanti dell’agrigentino, quali quelle di Canicattì e Favara e che ha portato all’emissione di un provvedimento di cattura anche nei confronti del superlatitante di Castelvetrano Matteo Messina Denaro.

La Suprema corte ha stabilito che l’ex poliziotto non doveva essere arrestato. Adesso, con le prescrizioni imposte dagli “ermellini” romani, una nuova sezione del Tribunale del Riesame di Palermo rivaluterà la posizione di Pitruzzelle (difeso dagli avvocati Salvatore Manganello e Nino Gaziano.

Sempre la Suprema Corte ha rigettato i ricorso del boss di Canicattì, Lillo Di Caro e quello di Favara, Giuseppe Sicilia nonché quello nell’interesse del favarese Gregorio Lombardo.

I pm della Dda Claudio Camilleri, Geri Ferrara e Gianluca De Leo avevano posto in stato di fermo 21 persone, catturate dai carabinieri del Ros il 2 febbraio scorso, nei confronti dei presunti componenti del mandamento mafioso di Canicattì. Tra i destinatari del provvedimento restrittivo anche il superlatitante Matteo Messina Denaro e l’ergastolano boss Giuseppe Falsone, l’avvocato Angela Porcello ed il compagno Giancarlo Buggea, già pregiudicato per mafia.

Erano finiti in carcere: Calogero Di Caro, 74 anni, boss di Canicattì; Diego Emanuele Cigna, 21 anni, di Canicattì; Pietro Fazio, 48 anni, di Canicattì; Gregorio Lombardo, 66 anni, di Favara; Gaetano Lombardo, 64 anni; Calogero Paceco, 56 anni, di Naro; Giuseppe Sicilia, 42 anni, di Favara; Luigi Boncori, 69 anni, di Ravanusa; Antonino Chiazza, 51 anni, di Canicattì, Simone Castello, 71 anni, di Villabate; Antonio Gallea, 64 anni, di Canicattì; Giuseppe Giuliana, 55 anni, nato in Francia; Santo Gioacchino Rinallo, 60 anni, di Canicattì.

Covid, contagi in calo e vaccini in aumento: oltre 270 mila agrigentini hanno ricevuto doppia dose

Dopo due mesi veramente difficili, tra crollo dei vaccinati e aumento esponenziali di contagi e ospedalizzazioni, la provincia di Agrigento comincia a guardare al futuro con (cauto) ottimismo.

Tutti gli indicatori, gli stessi che nelle scorse settimane hanno determinato il passaggio della Sicilia in zona gialla, sono in netto miglioramento. Diminuiscono gli attuali positivi, passati da circa duemila del mese di agosto a poco meno di ottocento di questa settimana, con il nostro territorio che finalmente non compare più tra i primi posti per incremento di casi giornalieri anche se, come sottolineato dal commissario straordinario dell’Asp Mario Zappia, bisognerà attendere due settimane per capire la reale portata dei numeri anche alla luce delle riaperture delle scuole. In calo anche la pressione sugli ospedali: al San Giovanni di Dio di Agrigento attualmente ci sono 19 persone ricoverate nel reparto di medicina (su 30 posti disponibili). A Ribera, invece, sono 6 i posti occupati in Medicina (su 30), 2 in terapia intensiva e 1 in sub-intensiva.

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I dieci giorni che “sconvolsero” Porto Empedocle

Intervista di Diego Romeo all’assessore dimissionario Sabrina Turano

I primati della politica non finiscono mai.

Abbiamo avuto sindaci per una notte e assessori per un giorno come accadde per l’amministrazione Zambuto.

Adesso con motivazioni serissime e inusitate il “guinness” tocca ad un assessore di Porto Empedocle, Sabrina Turano, ispettrice dei Vigili urbani di Agrigento prestata all’amministrazione empedoclina che si è dimessa dopo dieci giorni di mandato eseguito  scrupolosamente.

Dopo dieci giorni di incarico assessoriale lei si è dimessa. Quali le motivazioni e soprattutto cosa è riuscita a realizzare a Porto Empedocle.

Diciamo le cose come stanno. Mi sono dimessa non per motivi che si possono  ingigantire ma per motivi di coerenza politica rispetto a una ideologia e alla fine anche rispetto a  un concordato che non si è venuto a creare.  Come lei sa io mi occupo da anni del precariato, dei problemi sociali  e sono un soggetto politico  di area centro sinistra”.

Aveva preventivato questa possibilità di dimissioni  e cosa è accaduto per causare questa sospensione?

“Non era preventivato, diciamo che c’è stata una stima reciproca riguardo ai problemi che abbiamo dovuto affrontare e da li è nata l’idea di una collaborazione. Ho cominciato subito a lavorare, devo dire con grande fiducia della sindaca nei miei confronti anche perché vedevo una situazione un po’ collassata in questa cittadina che amo e che conoscevo bene”.

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CONVERSAZIONE NELLA “SICILIA AGRIGENTINA”

Non si sa come la casa natale di Pirandello rimane chiusa

Diego Romeo conversa con Paolo Cilona

Non molto chiara la motivazione  che ha portato alla chiusura della Casa natale di Pirandello. Sono stati decine di migliaia i visitatori del Parco archeologico e la casa natale dello scrittore è rimasta fuori da questo circuito turistico culturale. Insomma, una figuraccia.

“La chiusura della casa natale Luigi Pirandello durante l’estate ha creato un danno alla cultura ma anche alle casse dell’ente gestore. I lavori di restauro possono interessare principalmente la casa e non la zona riservata al viale che conduce alla rozza pietra dove sono custodite le ceneri del grande drammaturgo agrigentino. Con una maggiore razionalità dell’uso dei luoghi sarebbe stato consentito ai visitatori di vedere o la casa o la tomba. Così facendo viene preclusa ai numerosi turisti la possibilità di visitare almeno uno dei due luoghi. Poi non si è capita la strategia della Regione siciliana di avere sottratto la gestione dei luoghi pirandelliani all’ente parco archeologico per assegnarla alla Soprintendenza di Agrigento. Questa determinazione fa venir meno l’univocità di gestione dei luoghi di interesse turistico-culturale presenti nel territorio a valle della città. Bisogna accelerare nei lavori di recupero e di manutenzione per consentire a partire dai mesi autunnali le visite guidate da parte  delle scuole di ogni ordine e grado ed anche dei tantissimi visitatori”.

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L’attualità di Dante Alighieri

Antonio Liotta

Definire, discutere, analizzare l’attualità di Dante Alighieri porta a ragionare su ciò che si considera un classico.

E’ un tema scottante, in continua evoluzione che risente l’influenza di diverse componenti storiche, sociali e culturali. Per semplificare mi attengo al pensiero di Eliot che  riconosce il “classico  assoluto”  in Virgilio, il poeta che  – appunto secondo Eliot – ha costruito  un modello  punto di riferimento e  misura per  tutta la letteratura europea considerato anche “garanzia della stessa ‘libertà’ della cultura e della stessa ‘difesa della libertà contro il caos’”.

Lo stretto legame culturale che mi porta ad Italo Calvino, mi permette di  condividere alcuni dei 14 punti che lui elenca in definizione di un classico: a) Chiamasi classico un libro che si configura come equivalente dellʹuniverso, al pari degli antichi talismani;   b) I classici sono libri che esercitano  unʹinfluenza  particolare sia quando sʹimpongono come indimenticabili, sia quando si nascondono nelle pieghe della memoria mimetizzandosi  da inconscio collettivo o individuale;  c) Un classico è un libro che non ha mai finito di dire quel  che ha da dire.Un classico, in definitiva, è storia, memoria, etica, eterna attualità, ha sempre qualcosa di nuovo da dire.

Agrigento onora Dante Alighieri

La storia è insicura sulla data di nascita di Dante Alighieri mentre sul giorno della dipartita del sommo poeta viene indicata la notte tra il 13 e 14 settembre del 1321. 

E la serata del 14 settembre 2021 è stata scelta dalla Società Dante Alighieri di Agrigento per rendere il doveroso omaggio al padre della lingua italiana e della Comedìa, divenuta celebre come Divina commedia e universalmente considerata la più grande opera scritta in lingua italiana e uno dei maggiori capolavori della letteratura mondiale.

Veicolo allegorico della salvezza umana, che si concreta nel toccare i drammi dei dannati, le pene purgatoriali e  le glorie celesti,  la Divina commedia di Dante  ha offerto sempre a lettori e studiosi uno spaccato di morale ed etica. Uno spaccato che si è ripetuto l’altra sera sul piazzale Caos nel corso della manifestazione  “Dante e la più bella città dei mortali” con un sottotitolo che dovrebbe essere un ammonimento: ”Là dove arriva la sua  cultura ecco i veri confini di un paese”.

A comporre i momenti principali dell’evento sono stati chiamati illustri esponenti del mondo culturale e dello spettacolo agrigentino: Gaetano Aronica con il suo testo tratto dall’opera teatrale “Vizi capitali”, furente e purgatoriale come una invettiva: Marcella Lattuca  nelle sembianze della Francesca lettrice del “libro galeotto”.

Il ricordo più letterario e sociale l’hanno svolto due apprezzatissime “lectio magistralis” di Nenè Mangiacavallo presidente del  nostro Consorzio universitario e dell’editore di Medinova Antonio Liotta che sono entrati nel vivo di quello spaccato  di morale e etica cui si accennava poc’anzi.

Un ulteriore omaggio significativo lo dobbiamo alla prof. Rosanna Graceffa che nell’ambito della programmazione  (che ha coinvolto scuole e associazioni varie)  dalla Società Dante Alighieri ha scritto un libro di citazioni dantesche mentre Rossana Florio direttore dell’Archivio di Stato  si è soffermata sulla “Storia del Comitato di Agrigento”.

Numerosi e sovrabbondanti i riconoscimenti che sono stati attribuiti alle istituzioni, ai vari ordini professionali, alle testate giornalistiche ed ai numerosi artisti che hanno inframezzato la manifestazione con esecuzioni musicali (dei “Ventunovu”)  che il Comune di Agrigento ha voluto offrire ai convenuti.

Oltre alla presidente  dell’”Alighieri” Enza Ierna, erano presenti il sindaco Franco Miccichè, don Giuseppe Pontillo direttore Ufficio Beni culturali della diocesi, Bernardo Barone presidente del Parco Letterario Pirandello e i rappresentanti delle maggiori istituzioni civili e militari della provincia.

La conduzione della manifestazione è stata affidata a Angelo Agrò.

Lello Rubino, i cattolici in politica e il vento del Concilio

Enzo Di Natali

Agli inizi degli anni ’60, nella provincia di Agrigento, un gruppo di giovani, formati nelle file dell’Azione cattolica, desiderava portare una nuova linfa vitale alla Democrazia cristiana: Carmelo Nobile, Vincenzo Foti, Antonino Di Giovanna, Gaetano Trincanato, Lillo Mannino, Totò Saetta, Pino Lanza…

Il partito aveva bisogno di un rinnovamento che fosse capace di accogliere davvero le esigenze della popolazione, soprattutto agrigentina, dove ancora persistevano aree fortemente depresse. Tra questi giovani pieni di entusiasmo, capaci di rompere vecchie alleanze e guardare con ottimismo il futuro, dobbiamo menzionare Lello Rubino, recentemente scomparso, il quale, insieme ai giovani appena citati, si fece promotore del cosiddetto “Assalto alla povertà”, da cui verrà fuori un convegno studi di alto profilo politico a Palma di Montechiaro, città additata come icona di una arretratezza sociale che la rendeva più vicina alle aree del Terzo mondo che ad una Italia a dimensione europea, soprattutto dopo le denunzie del sociologo trentino Danilo Dolci, non ben visto dalle Autorità ecclesiastiche, in special modo l’arcivescovo di Palermo, card. Ernesto Ruffini. La povertà in Sicilia era atavica. La politica risorgimentale non aveva per nulla suscitato alcun beneficio, anzi aveva contribuito ad affossare l’Isola e i Comuni dell’agrigentino. Questo nuovo fermento politico, in seno alla Democrazia cristiana, comprese che, nell’Isola, bisognava spezzare la struttura sociale ed economica del sottosviluppo che s’era acutizzata con le leggi delle soppressioni dei benefici ecclesiastici di cui s’era impossessata la nuova classe padronale davvero sorda ai problemi dei contadini.

Questa nuova borghesia, liberale e massonica, tradì ogni speranza risorgimentale, imponendo nuovi canoni enfiteutici, impossibili da sostenere dalle famiglie che dovettero prendere la strada dell’emigrazione transatlantica. Questi giovani compresero, soprattutto dopo l’incontro al Monastero di Santo Spirito, che occorreva una Riforma agraria che spezzettasse il latifondo e ponesse fine al sistema feudale, il quale, nonostante fosse stato abolito, nel 1812, in Sicilia rimaneva nella sostanza.

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