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Quella vita che ci manca di Valentina D’urbano

di Letizia Bilella

Pubblicato 3 anni fa

Non gli si era piantata nel cuore. I corpi estranei sono più facili da estrarre dai tessuti molli. Lei gli si era piantata nelle ossa. Il suo ricordo era rimasto lì, si era calcificato male e ora non riusciva più a tirarlo fuori. Lui la amava. E lei gli aveva avvelenato il sangue.”

Gennaio 1991. Valentino osserva le piccole nuvole di fiato che muoiono contro i finestrini appannati della vecchia Tipo. L’auto che ha ereditato dal padre, morto anni prima, non è l’unica cosa che gli rimane di lui: c’è anche quell’idea che una vita diversa sia possibile. Ma forse Valentino è troppo uguale al posto in cui vive, la Fortezza, un quartiere occupato in cui perfino la casa ti può essere tolta se ti distrai un attimo. Perciò, non resta che una cosa a cui aggrapparsi: la famiglia. Valentino è il minore dei quattro fratelli Smeraldo, figli di padri diversi. C’è Anna, che a soli trent’anni non ha ormai più niente da chiedere alla vita. C’è Vadim, con la mente di un dodicenne nel bellissimo corpo di un ventenne. E poi c’è Alan, il maggiore, l’uomo di casa, posseduto da una rabbia tanto feroce quanto lo è l’amore verso la sua famiglia, che deve rimanere unita a ogni costo. Ma il costo potrebbe essere troppo alto per Valentino, perché adesso c’è anche lei, Delia. È più grande di lui, è bellissima – ma te ne accorgi solo al secondo o al terzo sguardo – e, soprattutto, non è della Fortezza.

Ed è proprio questo il problema. Perché Valentino nasconde un segreto che non osa confessarle e soprattutto sente che scegliere lei significherebbe tradire la famiglia. Tradire Alan. E Alan non perdona. Questo è un romanzo sull’amore, spietato come solo quello tra fratelli può essere. Ma è anche un romanzo sull’unico altro amore che possa competere quello che irrompe come il buio in una stanza.  Un libro crudo,ma nello stesso tempo tenero e commovente;  dolce e duro allo stesso tempo. Una giovanissima Valentina D’Urbano,  alla sua terza prova,  si propone di andare al di là di ciò che definiamo degrado sociale, di porre l’attenzione sulle persone, dentro le case, tra quelle intimità domestiche difficili e disagiate. 

Uno spaccato  aspro, vivido ma senza superflue forzature.  L’autrice  racconta una storia a tuttotondo con la consapevolezza del male che si annida in tanti contesti sociali; un invito a non fermarsi alla superficie della problematica, perché dietro al termine “degrado” ;ci sono dei volti, dei nomi, delle storie, ci sono dei cuori marci e dei cuori da salvare, ci sono persone intenzionate a perseverare e ci sono persone che vorrebbero trovare il sentiero per evadere da quella gabbia. 

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