Alla scoperta di Monte Adranone con una mostra al Museo Griffo di Agrigento
Una mostra a Palazzo Panitteri a Sambuca organizzata dal Parco Valle dei Templi e dal Comune racconta l'importante sepoltura a Monte Adranone tramite i reperti conservati al Museo Griffo di Agrigento
Chissà se la coppia sepolta nella tomba 3 di Monte Adranone, è morta nello stesso momento o se i due sposi (se di sposi si tratta) hanno soltanto deciso di essere sepolti insieme. Ed erano due coniugi o forse innamorati e amanti? Fatto sta che sull’hydria (vaso per l’acqua) scelta come urna cineraria, sono raffigurati un uomo e una donna che si tengono per mano e giungono di fronte alla dea degli Inferi. Il vaso greco è soltanto uno dei tesori che fanno parte della mostra “Doni oltre la morte. Corredi funerari da Monte Adranone” che è rimasta sospesa al museo archeologico di Palazzo Panitteri, a Sambuca; si sarebbe dovuta inaugurare il 20 ottobre scorso, ma il borgo siciliano è diventato zona rossa e tutto si è arrestato. Ora gli arredi funerari sono congelati nelle teche: circa 25 pezzi straordinari che dal museo “Pietro Griffo” di Agrigento, dove erano conservati, sono giunti al palazzo sambucese dove resteranno circa un anno, a partire ovviamente dalla data di apertura al pubblico della mostra. Un lavoro attento di catalogazione, restauro e racconto che ha coinvolto gli archeologi del Parco della Valle dei Templi – che si occupa della valorizzazione e promozione di Palazzo Panitteri e che ha organizzato la mostra con il Comune – e ha permesso di riportare a Sambuca reperti che raccontano l’antica Adranon nell’area che sovrasta la cittadina. Al piano scientifico della mostra hanno lavorato le archeologhe Valentina Caminneci, Donatella Mangione e Caterina Trombi, con il responsabile dell’Unità operativa 4 del Parco, Giuseppe Avenia, mentre Marilanda Rizzo Pinna si è occupata del restauro dei pezzi.
“La storia archeologica della Sicilia è occasione di continue emozioni e invita all’immaginazione e alla scoperta. La mostra dei corredi funerari rinvenuti a Monte Adranone, con i tanti interrogativi che pone, apre scenari coinvolgenti e attuali. Immagino i musei come fucine attive di idee e stimoli, luoghi carichi di emozione, capaci di una nuova narrazione che riesca ad appassionare soprattutto i giovani alla scoperta del proprio passato. È con questa intenzione e attenzione che, sin dal mio insediamento da assessore dei Beni Culturali e dell’Identità Siciliana – precisa Alberto Samonà– ho puntato sull’ammodernamento dei musei e dei parchi archeologici per renderli moderni e funzionali e perché possano parlare una lingua attuale e comprensibile. Abbiamo bisogno di riappropriarci della Storia per ritrovare le nostre radici e restituire dignità ai luoghi e memoria alle persone”. “Il ritorno a Sambuca del corredo funerario tra cui la singolare “Padella” – interviene il vicesindaco e assessore comunale alla Cultura, Giuseppe Cacioppo – è occasione di riappropriazione dell’identità e omaggio alla bellezza del territorio sambucese di cui il reperto è perfetto paradigma”. “Confidiamo che la riapertura dei musei e l’inaugurazione della mostra “Doni oltre la morte” – aggiunge il sindaco Leo Ciaccio – siano da sprone e stimolo alla ripresa del progetto di rinascita di Sambuca”. “Sia il museo “Pietro Griffo” di Agrigento che Palazzo Panitteri a Sambuca, fanno parte del Parco archeologico della Valle dei Templi che ormai abbraccia oltre quaranta siti – interviene il direttore del Parco, Roberto Sciarratta –; il nostro obiettivo è quello di lavorare in completa sinergia, valorizzando le collezioni. In questo piano rientra anche la libera circolazione dei reperti tra i siti di diretta pertinenza del Parco: si fa strada l’idea di comporre un enorme museo diffuso sul territorio che possa aprire la strada ad esperienze analoghe”.
La mostra “Doni oltre la morte” riguarda il corredo della Tomba 3: era il 1967 quando il soprintendente di Agrigento, l’archeologo Ernesto De Miro scoprì la sepoltura, riuscendo ad arrivare prima dei tombaroli: gli scavi individuarono su Monte Adranone, a quasi mille metri d’altezza, una tomba a doppia camera; furono proseguiti da Graziella Fiorentini, anche lei sovrintendente. All’interno delle tombe, due grandi vasi contenevano le ceneri, ognuno connota il defunto: l’hydria a figure rosse (un vaso per l’acqua, la cui raccolta toccava alle donne), evoca la felicità perduta e una promessa d’amore che va oltre la morte. Rappresenta una coppia che si tiene per mano e viene accolta dalla dea greca Hekate (Ecate) con due fiaccole spente. Il cratere a vernice nera connota invece l’uomo: era usato durante i simposi, riservati ai nobili aristocratici, a cui non erano ammesse le donne sposate. Gli oggetti del corredo funerario suggeriscono una committenza agiata e colta e rispecchiano le abituali pratiche sociali greche (il simposio, le faccende domestiche). Oltre alle due urne, la tomba ha restituito coppe, brocche, vasi per oli profumati e unguenti, una splendida patera in bronzo con un manico che raffigura un kouros, il simbolo più caro all’immaginario sambucese. Tutti pezzi esposti a Palazzo Panitteri in una grande vetrina che fa da introduzione e, nello stesso tempo, completa l’allestimento dedicato all’area archeologica, dove la necropoli lambiva le mura della greca Adranon. A corredo delle teche, pannelli didattici e monitor, integrano il racconto con le fasi del restauro dei pezzi.
Le prime ricerche a Monte Adranone risalgono all’Ottocento e portarono alla luce la famosa Tomba della Regina: il grande archeologo Antonino Salinas riuscì anche a riottenere alcuni preziosi reperti dai contadini che vivevano sul posto; pezzi che oggi fanno parte della collezione del Museo archeologico palermitano, ma che andarono per anni dispersi nei magazzini, erroneamente attribuiti e dimenticati. Quando vennero ritrovati, composero la grande mostra di cinque anni fa a Sambuca, nelle stesse teche che oggi ospitano queste nuove testimonianze di uno dei più misteriosi e importanti insediamenti del Mediterraneo. Che proprio per la sua difficile accessibilità è rimasto un unicum: dal fascino indiscutibile, arrampicato sul monte, con attorno un paesaggio pressoché intatto. E un panorama straordinario visto che da quassù lo sguardo arriva fino al mare.