Biagio Conte si fa eremita e parroco di Augusta viene rimosso
E questo accade durante il papato di Bergoglio
A Palermo fratel Biagio Conte fondatore di “Speranza e carità” ha scelto l’eremitaggio lasciando ai suoi collaboratori il compito di sostenere la missione che aveva creato in difesa dei più poveri ed emarginati.
Ad Augusta don Palmiro Prisutto, sacerdote antiveleni della zona Priolo-Gargallo è costretto a lasciare, rimosso dal suo vescovo di Siracusa, Francesco Lomanto.
Nella lettera indirizzata ali suoi collaboratori e alla stampa, Fratel Biagio scrive: «Siamo diventati responsabili e fautori nel produrre nuove povertà, nuove emarginazioni, disagi mentali, depressioni, suicidi e nuovi senza tetto e profughi lasciati alla deriva. È chiaro che chi parla con questi toni non sempre è gradito, per questo toglierò il disturbo, cercando di non essere più assillante e invadente, come pensa una parte di questa malata società; ma un giorno la verità verrà a galla. E così ho sentito di ritirarmi in montagna e nel silenzio (dal giorno 9 luglio, sono ad oggi 40 giorni), finendo e portando a termine gli ultimi giorni che il buon Dio mi ha concesso in questa travagliata vita terrena».
Aggiunge nella missiva: «Sarò immerso nella preghiera, nella penitenza e nel digiuno (solo a pane e acqua) contrastando così l’escalation del male, il proliferare della immoralità, delle ingiustizie e delle violenze in tutte le città e in tutti i Paesi del mondo. Ma c’è ancora una speranza: per rispondere e vincere tutto questo malessere, compreso il Covid di cui siamo pure noi responsabili, dobbiamo tutti insieme unirci, ricchi, meno ricchi e poveri in preghiera, in penitenza e digiuno: solo così il buon Dio potrà liberarci e salvarci da tutti i nostri peccati, dai nostri errori, dai nostri vizi, dal nostro orgoglio e dal nostro io. È doveroso ritornare al buon Dio e al nostro prossimo, per ricostruire tutti insieme un mondo di vera giustizia e di vera pace».
All’altro capo della Sicilia, nella zona est tra Augusta e Priolo Gargallo Melilli definito il “quadrilatero della morte”, il parroco don Palmiro Prisutto, dopo otto anni di battaglie contro l’inquinamento prodotto dal più grande polo petrolchimico d’Europa, viene rimosso dal suo vescovo Lomanto, dopo che erano state respinte le richieste di dimissioni.
Don Prisutto lo avevamo conosciuto qualche anno fa in un convegno della Caritas Diocesana, invitato dal direttore dell’Amico del Popolo, don Carmelo Petrone.
Già allora don Prisutto rilasciò a Grandangolo una intervista con parole preoccupate e allarmanti e oggi su facebook non usa mezzi termini nel dire: “…una Curia fatta di preti senz’anima, un gruppuscolo di persone che cerca la propria visibilità sfruttando la Chiesa, quattro laici diffamatori che tengono in ostaggio il clero di una città, una chiesa incapace di difendere la Verità. Quale futuro avrà una diocesi così? Da quanto sono parroco, ottocento sono le morti per tumore che io ricordo ogni 28 di mese e durante la funzione leggo i loro nomi. Nei miei confronti non c’è una contestazione precisa ma un elenco di possibili violazioni. Mi è stato detto di lasciare per il bene del popolo di Dio, ma quale popolo di Dio?”
E questo accade durante il papato di Bergoglio, nella Sicilia di Makari e Vigata, del risveglio degli dei nella mitica estate agrigentina.
In quella Sicilia, non solo di Ammaniti, dove le iene ridono.