Colpo a clan Bevilacqua, il boss del “baciamano”; la figlia avvocato: “Dirò di te ai miei figli” (vd)
Una mafia di altri tempi, fatta di baciamano e pizzini, ma anche disposta ad affidare a una donna un ruolo chiave. Da un lato la figura del boss, Raffaele Bevilacqua, personaggio carismatico, arrivato al vertice di Cosa nostra a Enna per diretta investitura di Bernardo Provenzano, dall’altro i suoi fedelissimi, che pur non vedendolo da […]
Una
mafia di altri tempi, fatta di baciamano e pizzini,
ma anche disposta ad affidare a una donna un ruolo chiave.
Da un
lato la figura del boss, Raffaele Bevilacqua, personaggio carismatico, arrivato
al vertice di Cosa nostra a Enna per diretta investitura di Bernardo
Provenzano, dall’altro i suoi fedelissimi, che pur non vedendolo da anni, non
esitavano a obbedire senza discutere ai suoi ordini impartiti tramite la figlia.
E’
questo il quadro che emerge dall’operazione “Ultra”, condotta dai
carabinieri del Ros e coordinata dalla Dda di Caltanissetta, che oggi ha
portato all’arresto di 46 persone tra la Sicilia e Wolfsburg in Germania.
Ristretto al 41 bis “don Raffaele” continuava a mantenere i rapporti
con l’esterno tramite la figlia, Maria Concetta Bevilacqua, suo avvocato di fiducia
che, proprio in qualità di legale poteva far visita al suo assistito al riparo
dalle intercettazioni.
La festa
di laurea della figlia del boss pagata con il denaro di Cosa nostra. E’ uno dei
retroscena poù interessanti. “A conferma che il tempo e la detenzione
(di Raffaele Bevilacqua, l’anziano boss finito ai domiciliari per ragioni di
salute, ndr) non abbiano rescisso il legame con l’organizzazione è stato
documentato come Filippo Milano, anch’egli storico affiliato alla consorteria
barrese – spiegano gli investigatori dell’Arma -, nel tempo avesse consegnato
ai famigliari del suo capo cospicue somme di denaro con le quali, come la
moglie del boss Giuseppa ammetteva, aveva provveduto a soddisfare i ‘piaceri’
dei figli, tra cui la festa di laurea di Maria Concetta pagata proprio con il
denaro provento di attività illecite”.
Ed è proprio la figlia, Maria Concetta, finita ai
domiciliari, una delle figure cardine dell’operazione, non solo come portavoce
del padre ma anche nell’elaborazione delle strategie criminali.
Per
l’avvocatessa era motivo di orgoglio che un vecchio affiliato al clan avesse
fatto il baciamano a suo padre Raffaele, riconoscendo così il suo ruolo di capo
della famiglia mafiosa nonostante la lunga detenzione in carcere. Quella
“liturgia” mafiosa, ancora oggi rispettata dagli affiliati, suscitava
nell’avvocato Maria Concetta Bevilacqua “orgoglio e complicità col padre,
uomo d’onore di Cosa Nostra le cui azioni – scrive il Gip nella sua ordinanza –
vengono ritenute degne di essere raccontate ai figli quasi fossero gesta
eroiche”.
Scrivono gli inquirenti. “La donna chiedeva con insistenza al congiunto se egli avesse ricevuto l’ossequioso rito del ‘baciamano’. Ottenutane conferma ribatteva, con parole che ci riportano indietro nel tempo, ‘…. e io comunque quando tu muori fra 100 anni io mi auguro…io mi auguro… mi auguro di avere dei figli…che gli devo raccontare tutte queste cose…’.
Quando
era necessario però anche la figlia del boss faceva valere la sua posizione.
Bevilacqua
aveva deciso di organizzare un omicidio e lei reagì in malo modo ritenendo che la commissione di
un delitto a soli 5 mesi dalla scarcerazione avrebbe attirato su di loro
l’attenzione degli investigatori. Tanto che non esitò di dire al padre, senza
mezzi termini, ‘Io i tuoi ordini li cambio perchè se tu sei ai domiciliari ti
ci ho fatto arrivare io'”.
In
carcere sono finiti anche gli altri due figli di Bevilacqua, Flavio e Alberto
che si occupavano di tenere i contatti con gli altri affiliati e di concordare
le azioni da intraprendere. Il ricorso ai pizzini è l’altro elemento che denota
una collaudato modus operandi. Decine quelli che sono stati trovati nelle case
di Catania e Barrafranca del boss. I pizzini venivano consegnati al
destinatario e conservati anche da chi li scriveva per conservare una sorta di
archivio delle loro attività. I reati contestati ai 46 indagati, a vario
titolo, sono associazione di tipo mafioso, associazione finalizzata al traffico
e allo smercio di stupefacenti, estorsioni, corruzione aggravata dall’avere
favorito l’associazione mafiosa, detenzioni di armi e assistenza agli
associati. L’indagine è stata avviata nel maggio 2018, in seguito alla
concessione del beneficio della detenzione domiciliare, per ragioni di salute,
al boss di Enna, già condannato per associazione mafiosa nel cosiddetto
processo “Leopardo”. Raffaele Bevilacqua, tra la fine degli anni ’80
e i primi anni del 2000, era stato anche un esponente di spicco della
Democrazia Cristiana, componente del direttivo della Dc e in strettissimi
rapporti con Salvo Lima. Un territorio difficile quello di Barrafranca, come è stato
sottolineato dagli inquirenti, al centro negli ultimi anni di fatti di sangue e
delitti e in cui continua ad essere presente uno stretto rapporto tra mafia e
pubblica amministrazione.
Nella
stessa operazione è stato arrestato anche un dirigente comunale e il sindaco,
Fabio Accardi, è stato raggiunto da un avviso di garanzia per tentata
corruzione.