Giudiziaria

Porto Turistico di Licata, A Testa Alta: “Procura Generale impugni sentenza assoluzione”

«La sentenza di assoluzione dal reato di abuso d’ufficio, contestato agli imputati Ortega e Geraci, presenta un tessuto motivazionale inconciliabile con il chiaro testo dell’art. 17, terzo comma, lett. c) del T.U. in materia edilizia, che disciplina le ipotesi di esenzione dall’obbligo di versamento del contributo di costruzione, e con i principi al riguardo affermati dalla […]

Pubblicato 4 anni fa

«La sentenza di assoluzione dal reato di abuso d’ufficio, contestato agli imputati Ortega e Geraci, presenta un tessuto motivazionale inconciliabile con il chiaro testo dell’art. 17, terzo comma, lett. c) del T.U. in materia edilizia, che disciplina le ipotesi di esenzione dall’obbligo di versamento del contributo di costruzione, e con i principi al riguardo affermati dalla consolidata giurisprudenza. Trascurati poi elementi di prova particolarmente significativi anche ai fini della valutazione della sussistenza dell’elemento psicologico del reato. Naturalmente, questo è il nostro parere che può essere condiviso come anche ignorato dal Pubblico Ministero, al quale spetta ogni valutazione in proposito».

Antonino
Catania
, presidente di A testa
alta
 – l’associazione che si è costituita parte
civile al processo contro il dirigente comunale Vincenzo Ortega e
l’imprenditore nisseno Luigi Francesco Geraci, imputati tra l’altro di abuso
d’ufficio in concorso per il rilascio, a titolo gratuito e in assenza dei
requisiti, del permesso di costruire il porto
turistico
 di Licata – spiega in estrema sintesi le
ragioni per cui la sentenza di primo grado dovrebbe essere impugnata nella
parte in cui si motiva l’assoluzione dei due imputati.

L’esonero dal pagamento del contributo
di costruzione
: «Nella sentenza,
partendo dall’erroneo presupposto che ci fosse una questione controversa in
seno alla giurisprudenza amministrativa, si afferma che “la possibilità
dell’esonero dal contributo di costruzione in casi del tipo di quello in esame
non è affatto una invenzione dell’imputato”. In realtà, la giurisprudenza
ha sempre e costantemente escluso tale possibilità, tanto che nella sentenza,
in modo contraddittorio, vengono richiamate decisioni del Consiglio di Stato
che chiaramente riguardano il diverso caso delle opere realizzate da soggetti
(come le società “Interporto Campano” e “Marina di Stabia”)
che agivano per conto dell’Amministrazione, perché titolari di specifiche
concessioni aventi ad oggetto tra l’altro la progettazione, la costruzione e la
gestione delle strutture portuali. Situazione all’evidenza diversa dal caso che
ci occupa, poiché Iniziative Immobiliari doveva progettare, costruire e gestire
il porto turistico di Licata quale soggetto commerciale esercente
 attività lucrativa di impresa e non per
conto del Comune di Licata o della Regione, dai quali infatti al riguardo non
aveva ricevuto in affidamento alcuna concessione di servizi pubblici né di
lavori pubblici».

Le opere di
urbanizzazione a scomputo
: Secondo l’associazione «del tutto infondata è pure la tesi,
condivisa dalla sentenza di primo grado, relativa a un preteso
“scomputo” della quota dovuta da Iniziative Immobiliari per
l’altrettanto pretesa realizzazione diretta di non meglio precisate opere di
urbanizzazione, perché nessuno scomputo era stato previsto in sede di rilascio
del permesso di costruire né tra le parti risulta stipulata alcuna
 convenzione urbanistica che disciplinasse l’esecuzione di tali
opere e la loro successiva acquisizione al patrimonio indisponibile del Comune
di Licata (come prevede la normativa urbanistica); convenzione, questa, che
peraltro avrebbe necessariamente richiesto la partecipazione della Regione
quale proprietaria delle aree interessate; la prestazione di fideiussione da
parte di Iniziative Immobiliari, a garanzia della quota di oneri “a scomputo”,
con le modalità stabilite dall’amministrazione comunale; l’assoggettamento
della realizzazione delle pretese opere di urbanizzazione alle normative
europee in tema di procedure di evidenza pubblica».

«In definitiva»
– continua Catania – «si tratta di
due tesi, quella della gratuità del permesso di costruire e della quota a
scomputo, che si elidono a vicenda (lo scomputo presuppone il rilascio di una
concessione onerosa), contrastanti con il chiaro dettato normativo, con
principi giurisprudenziali più che consolidati già all’epoca dei fatti e che,
malgrado ciò, sono state sostenute dall’imputato con singolare fermezza e
addirittura in netta contrapposizione con gli stessi interessi del Comune di
Licata, anche quando l’Ente si è attivato per la modifica dell’originaria
concessione e per recuperare il proprio credito».

Le intercettazioni: «Dalle conversazioni telefoniche emergono
plurime condotte violative dell’art. 97 Cost. e del principio di buon andamento
e d’imparzialità della pubblica amministrazione, le quali – lungi dall’avere
rilievo solo sul piano disciplinare, come lascia intendere chiaramente il
Giudice di primo grado – rivestono una significativa importanza anche ai fini
della valutazione dell’elemento psicologico del reato di abuso d’ufficio». E
ancora: «Tali conversazioni andavano lette anche nella loro scansione
cronologica e alla luce dei vari atti via via adottati dal Sindaco e dalla sua
Amministrazione nel tentativo di ottenere il pagamento degli oneri concessori»
e sarebbero, sempre secondo il punto di vista della parte civile, «altamente
dimostrative dello
 sviamento di potere posto in essere dal Dirigente comunale attraverso una serie ripetuta di
interventi palesemente violativi degli
 obblighi
di imparzialità
 propri della qualifica perché volti
esclusivamente ad aggirare i limiti posti dalle norme a salvaguardia
dell’interesse generale e ad ostacolare il recupero degli oneri da parte del
Comune di Licata».

La rinnovazione
dell’istruttoria dibattimentale
: «Doverosa
la rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale per l’acquisizione della
 relazione tecnica di verificazione depositata
pochi giorni fa nel giudizio di appello dinanzi al Consiglio di Giustizia
Amministrativa che, peraltro già con sentenza del 25 settembre 2019, aveva
rigettato l’eccezione sollevata da Iniziative Immobiliari di inammissibilità
della impugnazione e aveva accoto il motivo di appello proposto dal
Comune di Licata
, rimettendo il giudizio in istruttoria per la
determinazione del
 quantum spettante al Comune stesso».

La parola passa ora alla Procura Generale,
che da diversi giorni ha preso in esame l’articolata istanza presentata dal
legale dell’associazione, avv. Lillo Fumo; nell’ipotesi in cui il Pm decida di
non proporre impugnazione, dovrà notificare all’associazione decreto motivato.

«Confidiamo
nel fatto che il Procuratore Generale accolga l’istanza e nella sensibilità e
attenzione del Procuratore della Repubblica di Agrigento che, certamente, sta
già compiendo un’ampia valutazione al riguardo.
 Noi
comunque non ci fermeremo qui. Del resto, neppure la sentenza risparmia
critiche a chi era deputato ai
 controlli, in primis al Comune di Licata, che tra l’altro
avrebbe dovuto vigilare, come statuito in sentenza, sull’effettivo
 rispetto delle destinazioni indicate
nei permessi. Ed è su quella direzione che torneremo ad insistere. Oltre agli
aspetti di natura
 disciplinare segnalati in sentenza, altri filoni di indagine rimangono aperti o almeno
avrebbero dovuto essere aperti dalla Procura di Agrigento e da quella di
Palermo. Attendiamo anche che il
 Ministero dell’Ambiente metta in campo le iniziative discusse all’incontro di Roma all’inizio
dell’anno con il Capo Segreteria Tecnica del Ministro». Si tratta

conclude Antonino Catania. – di
implicazioni ambientali, di importanza cruciale, che vanno chiariti una volta
per tutte nell’interesse primario della comunità locale».

0 commenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *