“Nessuno la visita per cinque ore e lei muore a 26 anni”, medico a processo per omicidio colposo
La vicenda è legata alla morte di Fatoumata, 26enne appena sbarcata a Lampedusa. Stremata dal viaggio - e descritta come “affaticata” - non le fu eseguito alcun accertamento per cinque ore. Poi la morte.
Il giudice per l’udienza preliminare del tribunale di Agrigento, Micaela Raimondo, ha disposto il rinvio a giudizio nei confronti di un medico trentaseienne in servizio al poliambulatorio di Lampedusa per il reato di omicidio colposo. Il dibattimento si aprirà il prossimo 14 gennaio davanti il giudice monocratico Antonella Ciraulo. La vicenda è legata alla morte di Fatoumata Bamba, ventiseienne della Costa d’Avorio spirata per una embolia polmonare il 18 febbraio di due anni fa nell’ambulatorio dell’hotspot di Lampedusa poche ore dopo essere arrivata sull’isola con un barchino insieme al marito. Una morte che, secondo i consulenti del pubblico ministero, poteva e doveva essere evitata.
Il calvario di Fatoumata Bamba, madre di due bimbi, comincia proprio nell’infermeria dell’hotspot dopo essere stata dimessa dall’ambulatorio di Lampedusa. La donna, stremata dal viaggio in mare, viene descritta dal medico di turno come “affaticata e con un lieve affanno”. Sono le 14 del pomeriggio del 18 febbraio 2023. Per cinque ore, si legge nella consulenza redatta dallo specialista in medicina legale Alberto Alongi, dallo specialista in anatomia patologica, Emiliano Maresti, e dallo specialista in cardiologia Pietro Di Pasquale, il medico “nonostante fosse in presenza di un’allarmante e perdurante sintomatologia respiratoria, dovuta all’embolia polmonare in corso, si limitò ad osservare la paziente senza eseguire alcun tipo di accertamento, neppure la più essenziale rilevazione dei parametri vitali o un esame obiettivo.” La donna morì alle 20.
Per i consulenti del pm “la paziente, dopo un’iniziale valutazione, andava tempestivamente inviata presso al poliambulatorio al fine di garantire l’esecuzione delle consulenze specialistiche disponibili e degli accertamenti strumentali necessari per evidenziare il problema embolico” – ma soprattutto – “si può ritenere che una condotta alternativa da parte del medico avrebbe, con elevata probabilità, scongiurato il decesso.”
I familiari della donna – marito e figli – si sono costituiti parte civile tramite gli avvocati Leonardo Marino e Angelo Farruggia. L’imputato è difeso dall’avvocato Salvatore Bonnì. L’accusa è rappresentata dal pm Gaspare Bentivegna. (foto di Repubblica)