Giudiziaria

La sparatoria con omicidio in concessionaria, fratello della vittima resta in carcere 

Il palmese è finito a processo con l’accusa di “omicidio per errore” del fratello, ucciso in una sparatoria in una concessionaria a Villaggio Mosè

Pubblicato 15 ore fa

No alla scarcerazione con conseguente applicazione dei domiciliari. La Corte di assise di Agrigento ha rigettato l’istanza avanzata dall’avvocato Santo Lucia che chiedeva una misura cautelare più lieve nei confronti di Angelo Di Falco, 40 anni, di Palma di Montechiaro, fratello di Roberto Di Falco, l’uomo ucciso a margine di una sparatoria avvenuta nel febbraio 2023 nel piazzale di una concessionaria a Villaggio Mosè. Angelo Di Falco, dunque, resta in carcere.

Il palmese è finito a processo con l’accusa di “omicidio per errore” del congiunto. Altri due imputati – Calogero Zarbo, 41 anni, e Domenico Avanzato, 36 anni – sono stati condannati nelle scorse settimane con il rito abbreviato rispettivamente a 14 anni e 4 mesi di reclusione e 13 anni e 3 mesi di reclusione. Una vicenda complicata così come il suo iter giudiziario. Agli imputati – tre le altre cose – viene contestata una particolare fattispecie di reato: l’omicidio per errore. Il 23 febbraio dello scorso anno quattro palmesi compiono quella che gli inquirenti ritengono una spedizione punitiva nei confronti di Lillo Zambuto, titolare della concessionaria “AutoXPassione” al Villaggio Mosè. Alla base della “punizione” impartita al rivenditore di auto, aggredito nel piazzale della concessionaria, il pagamento di un’auto con un assegno risultato poi scoperto.

Durante quei concitati momenti, ripresi in gran parte dalle telecamere, viene estratta una pistola da cui parte un colpo che ferisce mortalmente proprio Roberto Di Falco. Per la Procura di Agrigento a premere il grilletto è stata la stessa vittima dopo che Zambuto, come dichiarato dallo stesso, era riuscito con una mossa imparata durante il servizio militare a girare la canna dell’arma verso il suo aggressore. Intanto la pistola che sembrava svanita nel nulla, ritenuta l’arma del delitto, è stata ritrovata grazie alle parziali dichiarazioni agli inquirenti di uno degli imputati. Zarbo, infatti, ha indicato il luogo esatto in cui era stata occultata una semiautomatica calibro 9 con matricola abrasa. 

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